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Recensione: Atena – La dea invincibile

Recensione: Atena – La dea invincibile

“Comincio a cantare Pallade Atena, la gloriosa dea dagli occhi splendenti, ingegnosa, dal cuore inflessibile, vergine casta, signora dell’Acropoli, intrepida Tritogenia; il saggio Zeus la generò da sola, dal suo capo venerabile, rivestita già delle armi di guerra dorate e lucenti.” (Inni Omerici)

Dal risvolto di copertina: “Divinità guerriera dall’incredibile origine: Zeus infatti temendo la nascita di un figlio che avrebbe potuto divenire più potente di lui, ingoiò la prima moglie Metis, figlia dell’Oceano e personificazione della ragione e dell’intelligenza, incinta di Atena che così nacque dalla testa del padre, aperta all’uopo da Efesto con un’accetta. Atena, figlia prediletta del padre degli dèi, nacque già adulta, armata di lancia e scudo, e i simboli sacri che le vennero riferiti sono la civetta e l’ulivo. La dea, infatti, ha sempre con sé la sua civetta, o nottola, e indossa una corazza, realizzata con la pelle della capra Amaltea, chiamata egida e donatale dal padre Zeus. Platone rifersice, nel dialogo Cratilo, un’etimologia del nome che significherebbe “la mente di dio”. Atena, inoltre, è legata indissolubilmente alla città di Atene, che, non solo ha preso il suo nome dalla dea, ma i suoi valori religiosi, civici e politici sono come rappresentati in maniera simbolica nelle vicende mitiche che la riguardano.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “L’epiteto più noto con cui è descritta Atena, quanto meno in Omero, è “Glaucopide”, cioè “dagli occhi verdeazzurro”, come le civette (ed è possibile che in epoche molto remote fosse identificata con una dea-civetta): una civetta simboleggiante Atena era appunto stampata sulle dracme ateniesi. Atena è una divinità civilizzatrice, colei che accompagna gli esseri umani verso forme superiori di cultura: fu lei a favorire la costruzione della prima nave che abbia solcato i mari, Argo, su cui si imbarcò Giasone con i suoi compagni; è sempre lei che ispira e protegge artisti, orefici e vasai, che la invocano come patrona della loro arte.’”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura (con una ricca antologia di testi classici sul mito), pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Atena è curato da Adele Teresa Cozzoli, professoressa di Letteratura greca presso l’Università di Roma Tre.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Atena
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Il mito di Achille – L’ira funesta

Il mito di Achille – L’ira funesta

Il racconto del mito di Achille è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 19: Achille – Il guerriero vulnerabile.

Scoccò il secondo anno della guerra di Troia: giunse la primavera e i combattimenti ripresero. Nel primo scontro Achille invitò Ettore a farsi avanti ma il vigile Eleno gli trafisse il palmo della mano con una freccia scoccata da un arco d’avorio, dono d’amore di Apollo, e lo costrinse ad arretrare. Zeus stesso guidò al bersaglio la punta della freccia, e subito decise di dare un po’ di requie ai Troiani scoraggiati dalle incursioni dei Greci lungo le coste e dalla conseguente diserzione di certi alleati asiatici. Zeus colpì i Greci con una pestilenza e mise in urto Achille con gli altri suoi compagni. Quando Crise venne al campo per riscattare Criseide, Zeus indusse Agamennone a scacciarlo con ingiuriose parole; Apollo, invocato da Crise, si piazzò presso le navi e per giorni e giorni, incessantemente, scagliò le sue frecce tra i Greci. Gli uomini perirono a centinaia benché, come spesso accade, né re né principi fossero colpiti; al decimo giorno Calcante rivelò la presenza del dio. Per invito di Calcante, Agamennone, sia pure a malincuore, rimandò Criseide al padre con doni propiziatori, ma trovò presto un compenso a quella perdita togliendo Briseide ad Achille, che l’aveva avuta in sorte come schiava nella spartizione del bottino. Al che Achille, furibondo, dichiarò che non avrebbe più preso parte alla guerra; e sua madre Teti, indignata, interpellò Zeus, che le promise soddisfazione per Achille. Quando i Troiani si resero conto che Achille e i suoi Mirmidoni si erano ritirati dalla battaglia, ripresero animo e fecero un’audace sortita. Agamennone, allarmato, propose una tregua durante la quale Paride e Menelao si sarebbero battuti in duello per decidere la sorte di Elena e del tesoro rubato. Il duello tuttavia ebbe esito incerto perché Afrodite, quando vide che Paride stava avendo la peggio, lo avvolse in una magica nube e lo trasportò a Troia. Era allora incaricò Atena di rompere la tregua inducendo Pandaro, figlio di Licaone, a scoccare una freccia contro Menelao; al tempo stesso la dea diede a Diomede l’ispirazione di uccidere Pandaro e di ferire Enea e la madre sua Afrodite.

Agamennone, disperato, mandò Fenice, Odisseo, Aiace e due araldi alla tenda di Achille, con l’incarico di offrirgli, per placarlo, innumerevoli doni e la restituzione di Briseide (ancora vergine, come Agamennone era pronto a giurare), se avesse acconsentito a combattere ancora. Occorre qui spiegare che Crise, frattanto, aveva riportato all’accampamento greco sua figlia, che sosteneva di essere stata trattata con molta cortesia da Agamennone e desiderava rimanere con lui: essa era infatti incinta e più tardi diede alla luce Crise secondo, un bimbo la cui paternità era dubbia. Achille accolse i messaggeri con un gentile sorriso, ma rifiutò le loro offerte e dichiarò che l’indomani mattina sarebbe salpato per ritornare in patria. Il giorno seguente, tuttavia, dopo un’aspra battaglia durante la quale Agamennone, Odisseo, Euripilo e Macaone il chirurgo furono feriti, i Greci ripiegarono ed Ettore aprì una breccia nel loro muro. Incoraggiato da Apollo, Ettore si spinse poi verso le navi e nonostante l’aiuto dato da Poseidone ai due Aiaci e a Idomeneo, irruppe nelle linee greche. A questo punto Era, che odiava i Troiani, prese in prestito la cintura di Afrodite e indusse Zeus ad andare a letto con lei; questa astuzia permise a Poseidone di capovolgere le sorti della battaglia in favore dei Greci. Ma Zeus, accortosi di essere stato gabbato, rianimò Ettore che era stato intontito da Aiace con una grossa pietra, ordinò a Poseidone di allontanarsi dal campo di battaglia e rinfocolò il valore dei Troiani. Essi avanzarono di nuovo; Medone uccise Perifete, figlio di Copreo, e molti altri campioni. Perfino il Grande Aiace fu costretto a indietreggiare, e Achille, quando vide alzarsi le fiamme dalla nave di Protesilao incendiata dai Troiani, si scordò del suo rancore e incitò i Mirmidoni ad accorrere in aiuto di Patroclo. Questi aveva scagliato la lancia nel folto dei Troiani riuniti attorno alla nave di Protesilao e aveva trafitto Pirecmo, re dei Peoni. Allora i Troiani, scambiando Patroclo per Achille, fuggirono. Patroclo spense l’incendio, salvò la nave e abbattè Sarpedone. Benché Glauco cercasse di radunare i Lici per impedire che il corpo di Sarpedone fosse spogliato. Zeus permise che Patroclo inseguisse l’esercito nemico fino alle mura di Troia. Ettore fu il primo a ritirarsi, perché gravemente ferito da Aiace.

Patroclo frattanto incalzava da presso i nemici, e avrebbe conquistato Troia da solo se Apollo in gran fretta non fosse salito sulle mura respingendo per tre volte Patroclo con lo scudo, mentre questi tentava di dare la scalata. La battaglia si protrasse fino al calar della notte allorché Apollo, avvolto in una fitta nebbia, assalì Patroclo alle spalle e lo colpì con forza tra le scapole. Patroclo strabuzzò gli occhi, l’elmo gli cadde dal capo, la sua lancia andò in mille pezzi e lo scudo rotolò a terra; e Apollo con un sorriso maligno gli slacciò la corazza. Euforbo figlio di Pantoo vedendo Patroclo ridotto in quello stato, lo ferì senza timore che egli reagisse, e mentre Patroclo si allontanava barcollando, Ettore, ritornato sul campo di battaglia, lo finì con un solo colpo di lancia. Accorse Menelao e uccise Euforbo (che si dice, fra l’altro, si sia reincarnato in seguito nel filosofo Pitagora); poi ritornò alla sua tenda con le spoglie del nemico morto, lasciando che Ettore levasse a Patroclo l’armatura. Menelao e il Grande Aiace ritornarono sul posto e insieme difesero il cadavere di Patroclo fino al crepuscolo, quando riuscirono a portarlo in salvo presso le navi. Achille, avuta la triste notizia, si rotolò tra la polvere abbandonandosi a una crisi di disperazione. Teti entrò nella tenda del figlio recandogli una nuova armatura che comprendeva anche un paio di preziosi schinieri forgiati da Efesio. Achille diede subito di piglio alle armi, si riconciliò con Agamennone (che gli restituì Briseide intatta dicendo di averla voluta per puntiglio e non per desiderio) e uscì dalla tenda per vendicare Patroclo. Nessuno poté resistere alla sua furia. I Troiani ruppero le file e corsero verso lo Scamandro, dove Achille li divise in due gruppi, respingendone uno verso le mura della città e l’altro nelle acque del fiume. Il dio del fiume si precipitò su Achille con violenza, ma Efesio prese le difese dell’eroe e prosciugò le acque col calore di una fiammata improvvisa. I Troiani superstiti si rifugiarono in città come un branco di cerbiatti terrorizzati.

Quando infine Achille si trovò a faccia a faccia con Ettore e lo sfidò a duello, le due schiere nemiche arretrarono e rimasero a guardare attonite. Ettore voltò le spalle all’avversario e cominciò a correre attorno alle mura della città: con tale manovra sperava di stancare Achille che per molto tempo era rimasto inattivo e doveva dunque avere il fiato corto. Ma si sbagliava. Achille lo inseguì per tre volte attorno alle mura, sempre pronto a precederlo e a sbarrargli il passo se Ettore cercava rifugio presso una porta per ricorrere all’aiuto dei suoi fratelli. Infine Ettore si fermò, deciso a sostenere l’attacco, e subito Achille gli trapassò il petto e rifiutò di concedere il favore che Ettore morente implorava: che il suo corpo potesse essere riscattato per le esequie. Impossessatosi dell’armatura del morto. Achille gli tagliò la carne dietro i tendini dei talloni, passò strisce di cuoio nei fori e le legò al suo cocchio, poi incitati con la frusta Balio, Xanto e Pedaso, trascinò il cadavere verso le navi al piccolo trotto. La testa di Ettore, coi neri riccioli spioventi, sollevò una nube di polvere. Achille si occupò poi delle esequie di Patroclo. Quasi a placare il dolore per la morte di Patroclo, Achille si alzava ogni mattina e trascinava tre volte il corpo di Ettore attorno alla tomba dell’amico perduto. Tuttavia Apollo protesse il cadavere impedendo che si corrompesse o lacerasse e infine, per ordine di Zeus, Ermete guidò Priamo al campo greco col favore delle tenebre e indusse Achille ad accettare il prezzo del riscatto. In quella occasione Priamo si dimostrò molto magnanimo nei confronti di Achille, poiché lo trovò addormentato nella sua tenda e avrebbe potuto facilmente ucciderlo. Il prezzo del riscatto fu fissato in tanto oro quanto pesava il corpo di Ettore. I Greci portarono una bilancia dinanzi alle mura della città, posero il cadavere su un piatto e invitarono i Troiani a gettare oro sull’altro piatto. Quando già si era dato fondo al tesoro di Priamo e il greve corpo di Ettore ancora premeva il piatto della bilancia verso il basso, Polissena, che stava a guardare dalle mura, gettò giù i suoi braccialetti per completare il peso. Pieno di ammirazione, Achille disse a Priamo: «Tieniti il tuo oro; preferisco barattare il corpo di Ettore con Polissena. Dammela in sposa, e se restituirai Elena a Menelao, mi incaricherò di ristabilire la pace tra il mio popolo e il tuo». Ma a Priamo, per il momento, bastava riscattare il corpo di Ettore con l’oro. Promise tuttavia di dare Polissena in sposa ad Achille se egli avesse indotto i Greci ad andarsene senza Elena. Achille replicò che avrebbe fatto il possibile, e Priamo si portò via il cadavere del figlio.

ll mito di Achille, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Recensione: Achille – Il guerriero vulnerabile

Recensione: Achille – Il guerriero vulnerabile

“In qualche modo bisognerà pur morire, e allora facciamolo qui, almeno daremo a qualcuno la sua gloria, o qualcuno la darà a noi.” (Alessandro Baricco, Omero, Iliade)

Dal risvolto di copertina: “Oltre l’immagine classica di forza e bellezza, di invincibilità – se non fosse per il noto tallone – e di fascino, leggiamo in queste pagine di un Achille dalla storia complessa. Nato da un matrimonio combinato dagli dèi, quello di Peleo e Teti, venne cresciuto dal centauro Chirone, ma fu da sempre predestinato alla guerra e alla morte sotto le mura di Troia. Fu amato da tanti: dalla principessa Deidamia che gli diede il figlio Neottolemo, da Patroclo, l’amico più intimo, da Briseide, fatta schiava… anche d’amore. Senza dimenticare l’immortale madre, Teti, una divinità marina che da vicino seguì, per tutta la sua vita, le vicende del figlio, intervenendo, dove poteva, a suo favore. Dalle donne al campo di battaglia, l’indimenticabile e feroce sfida con Ettore e la condanna finale. Il tutto sotto il vigile controllo divino: un eroe che non sfuggì a ciò che gli dèi avevano scritto per lui.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “Generoso, efferato, istintivo, invincibile: Achille è un nodo di contraddizioni ma appunto per questo nessun altro personaggio di Omero è più grande ed esemplare di lui. ‘Io – dice in un passo dell’Iliade – odio chi ha una parola sulla bocca e un’altra nel cuore.’ il contrario di Ulisse (infatti i due non si amano) che è tutto astuzia e prudenza. In generale, Achille fu per i Greci il perfetto modello di vita eroica.”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura (con una ricca antologia di testi classici sul mito), pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Elena è curato da Tommaso Braccini, docente di filologia classica presso l’università di Torino. Qui gli ultimi volumi pubblicati.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Achille – L’ira funesta.
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Eneide: un riassunto dei contenuti pubblicati

Eneide: un riassunto dei contenuti pubblicati

Nel corso degli anni abbiamo pubblicato diversi post inerenti l’Eneide di Virgilio. Per vostra comodità vi rimettiamo tutti i link qua sotto. Buona lettura!

L’Eneide – Introduzione
L’Eneide – Il pio Enea
L’Eneide – Quale versione leggere?
L’Eneide – Turno, il re guerriero
L’Eneide – Venere vs. Giunone
L’Eneide – Son pensieri in libertà
L’Eneide – Le vittime guerriere
Enea – L’eroe di una nuova dinastia
Il mito di Enea – Origini e Guerra di Troia – Parte 1 (di 3)
Il mito di Enea – Fuga da Troia, lungo viaggio per mare, il Lazio – Parte 2 (di 3)
Il mito di Enea – Riassunto scolastico dell’Eneide – Parte 3 (di 3)

 

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Il mito di Enea – Riassunto scolastico dell’Eneide – Parte 3 (di 3)

Il mito di Enea – Riassunto scolastico dell’Eneide – Parte 3 (di 3)

Il racconto del mito di Enea è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 13: Enea – L’eroe di una nuova dinastia.

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Il mito di Enea – Fuga da Troia, lungo viaggio per mare, il Lazio – Parte 2 (di 3).

L’Eneide è un poema scritto dall’autore latino Publio Virgilio Marone, meglio noto come Virgilio, negli anni che vanno dal 31 a.C. al 19 a.C. La storia raccontata dall’autore ha come protagonista Enea, figlio di Anchise, che abbandona la città di Troia dal momento in cui viene conquistata dagli Achei in seguito alla guerra con i troiani. Virgilio descrive tutto il viaggio che fa Enea nell’area mediterranea fino al Lazio, divenendo così celebre progenitore degli antichi romani. L’opera si compone di dodici libri in tutto e Virgilio fece espressa richiesta di bruciare tutto qualora non fosse riuscito a dare compimento al lavoro. L’amico di Virgilio a cui lasciò detta questa cosa, Vario Rufo, non rispettò questa sua volontà e conservò lo scritto, che venne poi pubblicato dall’imperatore romano Cesare Ottaviano Augusto. L’Eneide è e rimane una delle più antiche opere letterarie conosciute al mondo, capolavoro di epoca latina. Vediamo ora insieme la trama dell’Eneide, i personaggi più importanti e tutto ciò che serve sapere sul poema.

Eneide: la trama

Nel Libro I dell’Eneide Enea, dopo aver assistito alla caduta di Troia, salpa con la sua flotta per spostarsi dal Mediterraneo orientale verso il Lazio, dove deve portare gli dèi Penati e fondare una nuova stirpe per guidare i popoli. Oppositrice di questa missione di tipo fondativo è Giunone, dea adirata con Enea per aver perduto una gara di bellezza con sua madre Venere. Passati sette anni di navigazione i Troiani sono nel mar Tirreno ma la dea, ostile, scatena una tempesta con la complicità di Eolo allo scopo di spazzare via la flotta. Il dio Nettuno, infastidito da questa intromissione nella sua giurisdizione, decide allora di calmare le acque così che i Troiani possano approdare sulle coste dell’Africa sani e salvi, precisamente a Cartagine. Venere, travestita da cacciatrice, arriva fino ad Enea e lo redarguisce rispetto alla storia della città, raccontandogli della regina Didone. Nel mentre Mercurio si reca dai cartaginesi per informarli dell’arrivo. Enea viene accolto con onore dalla regina e Venere, a quel punto, architetta un piano affinché la donna si innamori di lui.

Nel Libro II e nel Libro III dell’Eneide Virgilio racconta il banchetto di accoglienza in cui Enea narra tutte le sue avventure partendo proprio da ciò che è stata la caduta di Troia. Egli racconta di Ulisse e dell’inganno del cavallo di legno, delle profezie inascoltate di Laocoonte e di Cassandra, della lotta e dei morti, delle fiamme e della precipitosa fuga col padre Anchise; la morte di Priamo, il fortuito incontro con Elena e la voglia di ucciderla. Insomma, attraverso la voce di Enea tutto viene narrato, compreso il fatto che sua moglie Creusa risulta dispera e che gli è comparsa in sogno.

Nel terzo libro Enea continua con il racconto del lungo viaggio parlando degli altri luoghi che ha visitato con la sua flotta, a partire dal Chersoneso Tracico e dall’Isola di Delo. Nel primo luogo incontra l’anima di Polidoro trasformata in pianta e a Delo riceve l’oracolo di Apollo, scoprendo i luoghi dove avrebbe dovuto fondare una nuova città e una nuova stirpe. La profezia dell’oracolo gli intimava di cercare l’antica madre, che corrispondeva per Anchise all’isola di Creta.

Nel Libro IV dell’Eneide, arrivati a Creta, i Penati di Troia si erano fatti vedere in sogno ad Enea correggendo l’interpretazione dell’oracolo: non Creta, bensì la città italiana di Corythus era la destinazione giusta. Enea parla anche delle tappe sulle isole Strofadi e a Butroto. Terminato il racconto si arriva all’approdo a Cartagine, dopo la morte di Anchise a Drepano. La regina Didone, terminato il racconto dell’eroe, sente la passione ardere per lui e lo confessa alla sorella Anna, ricordando anche che sulla tomba del marito Sicheo ha pronunciato voto di fedeltà. Venere e Giunone, intanto, continuano a complottare per l’unione dei due, anche se consapevoli che al Fato non ci si può opporre. Il giorno dopo Enea e Didone partono per andare a caccia ma vengono sorpresi da una tempesta. Rifugiatisi in una grotta, i due si uniscono presi dalla passione. Interviene la Fama, mostro alato, che va ad avvertire Iarba, pretendente che la regina ha respinto, dell’amore tra i due. L’uomo, adirato, invoca Giove e il Dio comanda a Mercurio di ricordare a Enea quale sia la sua missione. L’eroe Enea, a malincuore, è costretto ad armare la sua flotta per ripartire. La regina, che scopre la notizia non da lui, lo raggiunge furiosa per ricordargli il loro amore. Enea, dal canto suo, non cede. Didone torna, disperata, dalla sorella per far preparare un rogo dove bruciare tutti i ricordi e le armi del troiano. Nel rogo, alla fine, si getta anche lei una volta trafittasi con la spada di Enea. Sorta l’alba, la flotta salpa ed Enea si volge per guardare Cartagine; vedendo un filo di fumo mesto alzarsi verso il cielo capisce cosa è successo.

Nel Libro V dell’Eneide leggiamo del viaggio alla volta dell’Italia che prosegue. La flotta giunge in Sicilia, a Erice, dove i Troiani vengono accolti da re Ageste. Poiché non lontano dalla tomba del padre Anchise, Enea indice in suo onore giochi funebri, banchetti e sacrifici. Giunone, intanto, approfitta del momento e, ingannandole, spinge le donne troiane a bruciare le navi e ad erigere mura. Arrivati i Troiani, che domano l’incendio a fatica, Enea è preso dalla voglia di fermarsi e fondare la città di Acesta, dove una parte della comunità si ferma. Il fantasma del padre rivela poi al figlio che dovrà scendere nell’Averno tramite l’aiuto di una sibilla.

Nel Libro VI dell’Eneide si narra della discesa negli Inferi di Enea. Salpato anche dalla Sicilia, con speranza e malinconia, la sua flotta arriva a Cuma, dove si trova la sibilla Deifobe. La creatura preannuncia ad Enea che ci saranno nuove guerre e che un nuovo Achille dovrà essere sconfitto. Dopo di questo lo conduce nell’oltretomba all’Acheronte, il fiume infernale che accoglie le anime in pena dei morti non sepolti. Superato Cerbero, incontrano i Troiani morti in guerra; alcuni sono anime di eroi, altri anime dei suicidi per amore e, tra loro, Enea trova la regina Didone. La sua anima, sdegnosamente, ignora Enea. Arrivati da Anchise, l’uomo spiega al figlio che le anime dovrebbero trovare nuovi corpi in un ciclo perenne di nascite e rinascite.

Nel Libro VII e dopo aver elencato tutti coloro che renderanno Roma grande, Enea e Deifobe tornano nel mondo dei vivi attraverso la Porta dei Sogni. Con questo libro si apre la seconda parte dell’Eneide, quella che narra la guerra latina. Enea si trova a seppellire la sua nutrice, Caieta, nella città che poi porterà il suo nome. L’uomo arriva a sbarcare alla foce del Tevere e manda subito un messaggero al re del luogo, Latino, che lo accoglie con benevolenza. Il re sa, attraverso il dio italico Fauno, che la figlia Lavinia dovrà sposare uno straniero con il quale genererà una stirpe eroica. Questa è la ragione per cui l’uomo ha rifiutato di concedere Lavinia in sposa a Turno, re dei Rutuli, che però viene reso geloso da Giunone.

Il Libro VIII dell’Eneide vede scatenarsi una guerra al primo futile pretesto. Turno ha molto alleati, tra cui Mezenzio, re etrusco di Cere, Clauso, principe dei Sabini, Ufente, capo degli Equi, la vergine Camilla, regina dei Volsci, Virbio, re di Aricia, Umbrone, condottiero dei Marsi e altri ancora. A Enea serve un esercito, vista la quantità di nemici che deve affrontare, e in sogno gli compare il dio Tiberino: il suo ordine è quello di allearsi con il principe di una cittadina del Palatino di nome Evandro. Recatosi da lui, lo invia poi da Tarconte, capo di tutti gli Etruschi. Enea ha così il suo esercito e Venere gli concede armi divine.

Nel IX Libro Iride informa Turno dell’assenza di Enea e lui decide di attaccare i Troiani, che però resistono. Turno mette sotto assedio l’accampamento e, quella stessa notte, i compagni di Enea Niso e Eurialo riescono ad entrare di nascosto tra le linee nemiche compiendo una strage dei guerrieri addormentati. Allontanandosi, però, vengono intercettati e uccisi. Saputo cosa è successo Turno si infuria e attacca nuovamente, ma viene messo in fuga.

A cominciare il Libro X sono Giunone, Giove e Venere con il loro concilio degli dei. Enea torna e, insieme alla lega etrusca, compie una strage di nemici grazie alle armi divine. Tra i tanti, però, perisce anche Pallante, suo alleato, e la colpa è di Turno, riuscito ad allontanarsi dalla mischia grazie all’aiuto di Giunone.

Nel Libro XI assistiamo alla morte di Mezenzio e Lauso e, a quel punto, Enea e re Latino sono concordi nello stabilire una tregua per dare degna sepoltura ai caduti. Enea ha un’idea: domanda di chiudere la guerra con un duello tra lui e Turno, che però non accetta. La battaglia ricomincia, alla fine, e le cose volgono a favore dei troiani.

Nel Libro XII, temendo per il suo esercito, Turno decide di accettare la proposta di duello con Enea. Interviene però Giunone, facendo si che Giuturna, ninfa sorella di Turno, convinca l’esercito italico ad attaccare. Enea rimane ferito nello scontro e deve allontanarsi dal campo, lasciando i suoi luogotenenti a gestire la situazione. Resosi conto che è sua sorella ad aizzare l’esercito, Turno interrompe l’assalto e accetta il duello con Enea, che intanto è rientrato in campo. Lo scontro è talmente fatale che persino gli dei non mettono mano per cambiare la situazione, facendosi da parte. Lo scontro viene vinto da Enea, che riesce a ferire l’avversario con una lancia e a finirlo. La guerra termina e i Troiani possono stabilirsi nel Lazio.

Eneide: personaggi principali

Chi sono i personaggi principali dell’Eneide, considerando quante storie si intrecciano e quanto è lungo il poema di Virgilio? Per quanto riguarda gli dei abbiamo:

  • Venere, dea madre di Enea. Nel racconto lo protegge e fa nascere il suo amore con la regina Didone;
  • Giunone, protettrice di Cartagine. Odia i troiani ed Enea e fa di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote;
  • Giove, che garantisce il Volere e il Fato. In questa storia egli, più che un dio, lavora come entità astratta garante dell’equilibrio;
  • Altre divinità latine e greche con ruoli minori.

Il protagonista della storia è Enea, un eroe che rimane molto caro alla maggior parte degli dèi. Caratterialmente parlando, Enea è un capo responsabile e maturo che si sottomette al volere degli dei e al suo fato. Attento verso suo figlio, ha anche cura del padre ed è leale con i suoi uomini. Ha momenti di incertezza e dubbio, certo, ma mantiene e incarna comunque le più grandi virtù dei personaggi romani, ovvero: onestà, coraggio, lealtà, giustizia, clemenza, pazienza, pietas (devozione verso gli dei e rispetto verso gli uomini) e un alto senso civico che da peso ai valori di cittadino romano (quelli che Augusto stava cercando di ripristinare). Enea risulta diverso, in parte, dai modelli omerici di Achille e Ulisse poiché non è curioso, ma cerca solo di farsi guidare dal fato; egli è inoltre valoroso, certo, ma non va cercando guerre. Considerate le divinità dell’Eneide e il suo protagonista, vediamo una lista degli altri personaggi:

  • Anchise, padre di Enea;
  • Ascanio o Iulo, figlio di Enea e Creusa;
  • Latino, re del Lazio;
  • Turno, antagonista massimo di Enea e promesso sposo di Lavinia;
  • Polidoro, figlio di Priamo;
  • Cerusa, prima moglie di Enea, madre di suo figlio;
  • Laocoònte, sacerdote di Apollo e figlio di Priamo;
  • Lavinia, figlia di re Latino, promessa a Turno ma data in sposa ad Enea;
  • Didone, regina fondatrice di Cartagine;
  • Anna, sorella di Didone;
  • Pallante, Euralio e Niso, giovani e valorosi alleati di Enea;
  • Cerbero, il cane a tre teste che fa da guardiano al mondo dei morti;
  • Sibilla cumana, la sacerdotessa di Apollo;
  • Caronte, il traghettatore infernale;
  • Minosse: mitico re di Creta che, nell’ade, è giudice dei morti.

ll mito di Enea in versione scolastica, adattato principalmente da questa pagina

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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