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I viaggi di Odisseo – Partenza e Polifemo – Parte 1 (di 4)

I viaggi di Odisseo – Partenza e Polifemo – Parte 1 (di 4)

Il racconto del mito di Odisseo è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 7: Ulisse – Il viaggio della ragione.

Odisseo salpò da Troia ben sapendo che avrebbe dovuto vagare per altri dieci anni prima di raggiungere Itaca; sbarcò a Ismaro Ciconia e la prese d’assalto. Nel saccheggio che seguì fu risparmiato soltanto Marone, sacerdote di Apollo, che in segno di gratitudine donò a Odisseo alcune giare di vino dolce. Ma i Ciconi che abitavano nell’interno videro densi globi di fumo innalzarsi sopra la città e, assaliti i Greci che bevevano il vino sulla riva del mare, li misero in fuga disordinata. Quando Odisseo riuscì infine a radunare e imbarcare i suoi uomini che avevano subito gravi perdite, un vento furioso di nordest spinse le navi al di là del mare Egeo, verso Citera. Il quarto giorno, approfittando di una temporanea pausa della tempesta, Odisseo tentò di doppiare il capo Malea e di spingersi a nord, fino a Itaca; ma il vento contrario si alzò più forte che mai. Dopo nove giorni di pene e di tormenti si profilò all’orizzonte il promontorio libico dove vivono i mangiatori di loto. Ora il loto è un frutto senza nocciolo, color zafferano e grande pressappoco come una fava, che cresce in grappoli assai belli a vedersi: ma chi ne assaggia perde il ricordo della terra natale; alcuni viaggiatori, tuttavia, lo descrivono come una sorta di mela dalla quale si estrae un sidro molto forte. Odisseo sbarcò per far provvista d’acqua e mandò avanti in esplorazione tre uomini che mangiarono il loto offerto loro dagli indigeni e si scordarono completamente del compito a essi affidato. Impensierito per quel ritardo. Odisseo andò in cerca dei tre marinai e benché si vedesse offrire i magici frutti li rifiutò. Poi, riportati sulla nave i disertori, li mise ai ferri e alzò le vele in gran fretta.

Giunse così a un’isola fertile e boscosa che pareva abitata soltanto da innumerevoli capre selvatiche e ne uccise parecchie per banchettare con le loro carni. Gli equipaggi sbarcarono al completo e a una sola nave fu affidato il compito di compiere in esplorazione il periplo dell’isola. Quella terra apparteneva, ahimè, ai barbari Ciclopi, così chiamati per via dell’unico grande occhio rotondo che baluginava nel mezzo della loro fronte. Ormai scordata l’arte degli avi loro che lavoravano come fabbri per Zeus, erano pastori senza legge né navi né moneta o mercati. Vivevano corrucciati, l’uno lontano dall’altro, in caverne che si allungavano nei fianchi di montagne rocciose. Scorto da lontano l’ingresso di una di tali caverne, che si apriva alto e ombreggiato da piante di lauro al di là di uno steccato, Odisseo e i suoi compagni avanzarono, ignari di trovarsi nella proprietà di Polifemo, gigantesco figlio di Poseidone e della Ninfa Toosa, che era abituato a nutrirsi di carne umana. I Greci sedettero allegramente attorno al focolare, sgozzarono e arrostirono alcuni capretti trovati nella grotta, si servirono dei formaggi allineati nei canestri lungo le pareti e banchettarono in letizia. Verso sera apparve Polifemo. Egli spinse il suo gregge nella caverna e ne chiuse l’ingresso con una pietra così pesante che venti paia di buoi sarebbero riusciti a stento a smuoverla; poi, senza rendersi conto che aveva ospiti, sedette per mungere pecore e capre. Infine, alzò l’occhio dal mastello e vide Odisseo e i suoi compagni riuniti attorno al focolare. Chiese irosamente che cosa mai facessero nella caverna. Odisseo rispose: «Mostro gentile, noi siamo Greci e torniamo alle nostre case dopo il saccheggio di Troia; rammenta, ti prego, ciò che devi agli dei e accoglici ospitalmente». Per tutta risposta Polifemo sbuffò, agguantò due marinai per i piedi, fracassò il loro cranio al suolo e ne divorò le carni crude, spolpando le ossa come un leone montano.

Odisseo avrebbe voluto vendicare i suoi compagni prima dell’alba, ma non si arrischiò, perché soltanto Polifemo aveva la forza necessaria per smuovere il masso di roccia dall’ingresso della caverna. Trascorse dunque la notte col capo stretto tra le mani, elaborando un piano di fuga, mentre Polifemo russava in modo spaventoso. Come prima colazione il mostro uccise e divorò altri due marinai, poi spinse dinanzi a sé il gregge e richiuse l’ingresso della caverna con il masso; ma Odisseo si impadronì di una trave di olivo ancor verde, ne appunti una estremità indurendola al calore del fuoco e poi la nascose sotto un mucchio di sterco. Quella sera il Ciclope ritornò e mangiò altri due dei dodici marinai; ma tosto Odisseo gli offrì cortesemente una tazza del forte vino donategli da Marone di Ismaro Ciconia; per fortuna Odisseo ne aveva portato con sé un otre pieno. Polifemo bevve avidamente e ne chiese una seconda coppa, poiché in vita sua non aveva mai assaggiato niente di più inebriante del siero di latte, e accondiscese a chiedere il nome di Odisseo. «Mi chiamo Oudeis», rispose Odisseo, «o almeno questo è il soprannome che tutti mi danno». Ora, Oudeis significa nessuno. «Ti mangerò per ultimo, caro Nessuno», disse Polifemo.

Non appena il Ciclope cadde nel profondo sonno degli ubriachi, poiché il vino non era stato allungato con acqua, Odisseo e i suoi compagni arroventarono la punta della picca nelle braci del focolare; poi la conficcarono nell’unico occhio di Polifemo e mentre i suoi compagni la premevano verso il basso, Odisseo la fece girare così come gira un succhiello nel legno di una nave. La carne bruciata sibilò e Polifemo lanciò un urlo orribile che indusse tutti i suoi compagni ad accorrere da vicino e da lontano per vedere che cosa mai accadeva. «Sono cieco e il mio dolore è spaventoso!» gridava Polifemo. «Tutta colpa di Oudeis.» «Povero disgraziato», replicarono gli altri Ciclopi, «se, come tu dici, la colpa è di nessuno, di certo la febbre ti fa delirare. Prega il padre tuo Poseidone affinché ti ridoni la salute e smettila di strillare a questo modo!» Se ne andarono brontolando e Polifemo si avvicinò a tastoni all’ingresso della caverna, spostò la pietra e, le mani protese dinanzi a sé, attese ansioso di poter agguantare i Greci mentre cercavano di fuggire. Ma Odisseo legò ciascuno dei suoi compagni sotto il ventre di un ariete con dei vimini, e ne assicurò le estremità ad altri due montoni, distribuendo uniformemente il peso, in modo che il montone sotto il quale stava l’uomo si trovasse nel mezzo e gli altri due ai lati. Per sé scelse un enorme ariete, il capo del gregge, e si aggrappò al pelo del suo ventre con le dita dei piedi e delle mani.

All’alba Polifemo spinse il gregge al pascolo, accarezzando il dorso di ogni bestia per assicurarsi che non vi fosse un uomo sopra a cavalcioni, e indugiò a parlare con voce mesta all’ariete che portava Odisseo. «Perché, caro, non guidi il gregge, come sei solito fare? Forse ti impietosisce la mia sventura?» Ma alla fine lo fece uscire con gli altri.

Così Odisseo riuscì a liberare sé e i suoi compagni, e a spingere l’intero gregge verso la nave. Subito la misero in mare e non appena gli uomini, dato di piglio ai remi, cominciarono a vogare, Odisseo non poté trattenersi dal lanciare un ironico saluto al Ciclope. Per tutta risposta Polifemo scagliò in acqua un masso che cadde a poca distanza dalla prua della nave e sollevò un’onda che per poco non la respinse sulla spiaggia. Odisseo rise e gridò: «Se qualcuno ti chiederà chi ti ha accecato, rispondi che non fu Oudeis, ma Odisseo d’Itaca!» II furibondo Ciclope pregò allora Poseidone: «Padre, fa’ sì che il mio nemico Odisseo, se mai ritorni in patria, vi giunga tardi e a stento, su nave altrui, dopo aver perso tutti i suoi compagni, e nuove sciagure trovi oltre la soglia della sua casa!» Poi scagliò un secondo masso che cadde dietro la nave e la spinse veloce verso la spiaggia dove i compagni di Odisseo lo attendevano ansiosi. Ma Poseidone accolse la supplica di Polifemo e promise di vendicarlo.

Vai a: I Viaggi di Odisseo – Eolo, i Lestrigoni e Circe – Parte 2 (di 4)

I Viaggi di Odisseo, riassunti dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Recensione: Ulisse – Il viaggio della ragione

Recensione: Ulisse – Il viaggio della ragione

Dal risvolto di copertina: “Il primo personaggio della letteratura occidentale e il primo uomo moderno, Ulisse, l’eroe che i Greci chiamavano Odisseo: l’eroe che osò superare le colonne d’Ercole, il viaggiatore inquieto simbolo dell’eterna ricerca, l’uomo diviso fra l’amore per la propria patria, la casa, la sposa, e il fascino dell’ignoto, dell’inesplorato: forse l’eroe che più di ogni altro ci è vicino, un eroe imperfetto, che non si sottrae all’avventura, che dubita, si contraddice, ma sempre alza lo sguardo all’orizzonte, mai sazio di esplorare, di scoprire, di superare i propri limiti, di sperimentare e di conoscere. Dante nel XXVI canto dell’Inferno gli fa dire: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, a per seguir virtute e canoscenza”. Celebri terzine che riportano l’attenzione sulla vocazione più alta dell’uomo che Ulisse ci invita, come lo stesso Dante, a non tradire.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “Ulisse è polymetis, “l’uomo dalle molte astuzie”, ma anche polytropos, “l’uomo dalle molte forme”, che sa recitare tante parti rimanendo sempre lui, l’eroe astuto, il polytlas, “colui che molto sa sopportare”, persino insulti e bastonate, in attesa di trionfare con la sua astuzia. Questo è Ulisse. Un uomo che sa fingere e mentire, ma non è un semplice imbroglione, perché dietro le sue finzioni vi sono compagni da salvare e imprese da compiere. Potrebbe essere immortale e vivere accanto a una dea, ma preferisce tornare, affrontando i pericoli del mare  e quelli che lo attendono in patria, una terra di caprai e pastori, povera, rocciosa, abitata da gente qualunque, ma la sua terra. Ulisse è anche in questo senso l’ultimo degli eroi, con un piede nel mito e l’altro nella realtà quotidiana.”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura, pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Ulisse è curato da Simone Beta, professore di filosofia classica presso l’Università di Siena. I suoi ultimi lavori.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Ulisse-Odisseo comincia qua: I viaggi di Odisseo – Partenza e Polifemo – Parte 1 (di 4)
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Mentoring: uno strumento antico ma sempre attuale – Appesi alla luna – domenica 7 ottobre 2018

Mentoring: uno strumento antico ma sempre attuale – Appesi alla luna – domenica 7 ottobre 2018

Tutti noi nella nostra crescita individuale, formativa e professionale abbiamo bisogno di maestri, di persone-guida, di modelli e di esempi che ci ispirano, di figure che ci spronano a scegliere la strada giusta da imboccare. Molte volte questo rapporto tra chi indica la via e chi la segue avviene spontaneamente, sui banchi di scuola, nell’attività sportiva o nelle prime esperienze lavorative quando si incrociano insegnanti, monitori o colleghi con esperienza che ci aiutano e ci trasmettono le loro conoscenze. Il mentoring riprende questo tipo di relazione e la formalizza, ritenendo questo rapporto tra maestro e apprendista molto efficace in ambito lavorativo, formativo e sociale. Vi spieghiamo come, con quali strumenti e con quali misure, e vi raccontiamo anche quanto è antica questa idea. Isabella Visetti e Giorgia Würth ne parlano con Andreas Barella (de La Voce delle Muse), che racconterà la storia di Mentore, la persona di esperienza a cui Ulisse in procinto di partire per la guerra di Troia affida il figlio di Telemaco. Inoltre Andreas narrerà di come la dea Atena assuma le spoglia di Mentore quando dovrà aiutare Ulisse e lo stesso Telemaco. Altre ospiti: Beatrice Engeler, formatrice e consulente di sviluppo di carriera, coordinatrice di mentoring BPW Ticino, Cristina Zanini Barzaghi, ingegnera, municipale a Lugano e mentor, Ilaria Besozzi, consulente in abito energetico e mentor, Monica Pugnaloni, specializzata in export in Asia e mentor. Ascolta la prima parte della trasmissione. Ascolta la seconda parte della trasmissione.

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Il tempo della nostalgia – Appesi alla luna – domenica 9 settembre 2018

Il tempo della nostalgia – Appesi alla luna – domenica 9 settembre 2018

Il tempo della nostalgia ritrovata – Appesi alla luna – domenica 9 settembre 2018 – Nel mondo di oggi essere “nostalgici” depone a sfavore del “nostalgico” in quanto considerata attitudine negativa, passiva o pessimistica ed è per lo meno uno svantaggio prossimo alla depressione! La nostalgia, troppo spesso connotata come emozione che porta a volgere lo sguardo all’indietro, a pietrificare e immortalare il passato, può al contrario in verità aiutarci a costruire il futuro. Permettendoci di recuperare emozioni e sentimenti dell’infanzia, ferite che vengono da lontano, momenti di abbandono, odori e colori del passato, la nostalgia attiva la conoscenza emotiva, il rapporto con il senso del tempo e della memoria partecipando così a progettare il futuro. Fare i conti con la nostalgia è quindi indice di un buon rapporto con il proprio passato emotivo e con se stessi. Rossana Maspero, in compagnia di Giorgia Würth, ne parla con Andreas Barella (de La Voce delle Muse) che narrerà di Ulisse e del suo Nostos, della sua voglia di tornare a casa, anche a scapito dell’immortalità offertagli dalla ninfa Calipso. Altri ospiti: Davide Staffiero, scrittore, Massimo Turuani, Presidente della Società Mastri Panettieri Pasticceri confettieri e Carmen Pellegrino, scrittrice e “abbandonologa”. Ascolta la trasmissione.

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Due saggi maestri: il Centauro Chirone e la Maga Circe

Due saggi maestri: il Centauro Chirone e la Maga Circe

La Voce delle Muse è spesso attiva nelle scuole con insegnanti e ragazzi (qui tutti i dettagli del nostro lavoro nelle scuole). Andreas Barella, una delle Muse, ha pubblicato qualche anno fa un volume sul lavoro scolastico con la mitologia. Il libro si intitola “Adolescenza, il Giardino Nascosto”. Eccone un estratto dedicato a tutti i docenti che ci leggono! Maggiori dettagli sul libro li trovate sul sito della Casa Editrice Ericlea, dove potete anche ordinare il volume.

I docenti e il loro ruolo mitologico – Nell’antichità l’educazione dei giovani di famiglia altolocata (ma spesso il mito situa in questa categoria le persone che hanno un valore intrinseco, interiore e psichico, e non solo quelle nate da un alto lignaggio) è affidato a persone di prestigio. Un esempio illustre è l’educazione di Achille. L’eroe della guerra di Troia, abbandonato dalla madre, viene affidato dal padre al centauro Chirone.

Altri personaggi sono altrettanto ricchi, per esempio il ruolo delle sacerdotesse della magia femminile che insegnano i loro segreti alle persone che amano (Medea con Giasone, Arianna con Teseo e soprattutto Circe con Ulisse), oppure i molti insegnamenti divini che gli esseri umani colgono come eccezionali occasioni di crescita.

Il centauro ha la peculiarità di occuparsi a tempo pieno della educazione dei giovani, è la sua attività principale. Per questo motivo Chirone è la prima figura mitologica che vorrei assurgere a simbolo del ruolo di docente all’interno del percorso di crescita degli adolescenti. La figura del centauro ha la ricchezza della ambivalenza di cui abbiamo parlato a lungo nei capitoli precedenti e che contraddistingue il mondo adolescenziale.

Chirone è una figura di natura doppia, a metà strada tra bestia ed essere umano. Il suo corpo è di cavallo, mentre il busto e la testa sono umani. Esso ha un temperamento selvaggio e aggressivo, ma sa dimostrarsi anche benevolo e ospitale. Un po’ come la nostra società dei consumi: sa essere aggressiva, ma sa anche come prendersi cura dei suoi membri. E come l’adolescenza ha questa capacità di essere una cosa e anche il suo esatto contrario. È uno straordinario maestro di caccia (colui che dà la morte) ma anche uno scienziato che conosce a menadito la medicina (colui che dona e mantiene la vita). Si tratta di un essere intermedio tra natura e cultura. È il più saggio e il più sapiente tra tutti i Centauri, ed è immortale. Il suo insegnamento è basato sulla musica, sull’arte della guerra e della caccia, sulla morale e sulla medicina.

Il centauro offre ai giovani a lui affidati ciò che nessun essere umano potrebbe dar loro: trasforma infanzia e adolescenza in un incantesimo silvestre che annulla qualsiasi distanza tra natura e cultura. Non insegna ai suoi allievi le complesse regole della caccia nelle selve, fa di loro, come Achille, dei corridori dei boschi che non si servono di trappole né di armi. Il centauro confonde le categorie e la sua scienza non viene trasmessa attraverso l’insegnamento, egli esercita sui fanciulli a lui affidati un’imposizione dei suoi doni che li trasforma mediante una sorta di modificazione strutturale della loro personalità. La storia del centauro costituisce una versione mitologica dell’iniziazione.

È proprio questo il primo augurio che porgo ai docenti: quello di essere partecipi come il centauro all’insegnamento che donano ai ragazzi. Sono naturalmente cosciente che la vita quotidiana dell’insegnamento è ricca di molti aspetti burocratici e strutturali che hanno la tendenza a soffocare la personalità degli insegnanti, ma perché non arricchire la propria visione di se stessi con queste immagini? Trasmetterli agli allievi, vivere la materia che si insegna e renderla squillante per i giovani è una sfida che dovrebbe sempre capeggiare nella mente e nella programmazione degli insegnanti. Perché è questo compito che rende vivi, nella mia esperienza, i docenti, la materia e gli allievi stessi.

Anche la maga Circe che compare nel Canto X dell’Odissea (e maga sta per sacerdotessa che conosce le arti segrete della natura) è una straordinaria insegnante. Il suo modo di istruire è diverso, almeno all’inizio, da quello di Chirone, in quanto per imparare da lei bisogna riconoscere il suo potere e la sua diversità, senza averne paura. Cosa che i marinai di Ulisse non riescono a fare, e vengono tramutati in porci. Ulisse, con l’aiuto di Ermes, diviene immune alla magia trasformativa di Circe e può, una volta tenutane a bada la pericolosità, impararne i segreti. Di nuovo, come con Chirone, si tratta di insegnamenti che vengono impartiti grazie all’esperienza, al vivere a stretto contatto l’una con l’altro e sono segreti e insegnamenti legati al mondo naturale e istintivo. In questo regno si imparano i segreti che permettono poi di vivere e regnare anche nel mondo della ragione.

È questo il grande segreto che i due prototipi degli insegnanti ci comunicano. Proprio con questa mentalità si può e si deve affrontare il lavoro di docente. La messa in scena rituale che andiamo a presentare nella seconda parte è un esempio di come sia possibile farlo. Lo svolgimento di questo tipo di attività può essere facilmente programmato all’interno delle ore scolastiche che le scuole medie riservano alla conoscenza e allo studio della mitologia. E che le scuole superiori dedicano allo studio della filosofia. Si tratta di un’ottima occasione per rendere naturali e vive le storie che lette nell’antologia scolastica suonano vecchie e noiose. È l’occasione per le docenti e i docenti di diventare un po’ Chirone e un po’ Circe e trasportare gli studenti da un mondo interamente fattuale e nozionistico in un mondo fatato, in un incantesimo che diminuisce le distanze tra mondo mentale, mondo emotivo e mondo fisico, ricreando quella atmosfera silvana e boschiva in cui Circe e Chirone formano i futuri Re, i futuri Eroi e le future Eroine, le future Maghe.

Tratto da: Andreas Barella, Adolescenza, il Giardino Nascosto, Ericlea, 2010. Maggiori dettagli sul libro e possibilità di ordinarlo in formato cartaceo o e-book.