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La Squadra esterna della RETE UNO Rsi curiosa dietro le quinte delle Muse

La Squadra esterna della RETE UNO Rsi curiosa dietro le quinte delle Muse

Carlotta Moccetti (a sinistra) della Squadra esterna intervista le Muse e le libraie della Libreria al Ponte

Mercoledì 8 ottobre 2017 La Voce delle Muse ha raccontato la seconda parte de “Lo straordinario viaggio di Ulisse” a 25 bambini entusiasti, intervenuti alla Libreria al Ponte di Mendrisio. Per l’occasione la SQUADRA ESTERNA di RETE UNO è venuta a “curiosare” dietro le quinte. CARLOTTA MOCCETTI ha indossato l’elmo dei soldati greci, ha imbracciato spada e scudo ed è venuta a intervistare bambini, narratori, libraie… Grazie mille Carlotta! E grazie mille anche ad Antonella della Libreria al Ponte per le belle parole: le Muse ringraziano… siamo commossi.

Qua sotto potete ascoltare tutta la trasmissione.

https://www.lavocedellemuse.com/wp-content/uploads/2017/11/171108-Squadra-esterna-RSI-La-Voce-delle-Muse-Libreria-al-Ponte.mp3?_=1

Le Muse a Rete UNO a parlare della Maga Circe

Le Muse a Rete UNO a parlare della Maga Circe

Andreas Barella, una delle tre Muse de La Voce delle Muse, è stato invitato da Rossana Maspero alla Radio Svizzera di Lingua Italiana (RSI) e ha partecipato al Millevoci del 9 ottobre 2017 dal titolo Il tempo della seduzione. Visto che durante la trasmissione Andreas ha citato l’Odissea e soprattutto la Maga Circe, mettiamo qua il podcast della trasmissione. Ecco la presentazione dal sito RSI: “Sedurre chi si desidera per amore o attrazione; sedurre un cliente per vendergli un prodotto reale o virtuale; sedurre un cittadino per aver il consenso, ma anche sedurre uno spettatore, un lettore, un allievo per attirare l’attenzione. Ma di cosa parliamo quando parliamo di seduzione? Andreas Barella, psicoterapeuta e studioso di mitologia ne discute con Amalia Mirante, economista e attiva sulle tematiche di genere e Maria Rosaria Valentini, scrittrice.” Qui potete ascoltare la trasmissione.

Recensione a “La Figlia di Omero” di Robert Graves

Recensione a “La Figlia di Omero” di Robert Graves

Ne La figlia di Omero Graves parte dalla interessante idea (ripresa da Samuel Butler) che l’Odissea sia stata scritta da Nausicaa figlia del re degli Elimi. Graves ha composto questo libro nel 1955 dopo aver sposato la teoria di Butler che a scrivere l’Odissea sia stata in realtà una donna vissuta nella Sicilia dell’ottavo secolo avanti Cristo. Butler situa lo scenario dell’Odissea proprio in Sicilia, e avanza l’idea che la storia sia stata scritta circa 150 anni dopo che Omero ha composto l’Iliade. Una storia scritta da una donna e pensata per le donne, proprio come l’Iliade è un libro di uomini scritto da un uomo per altri uomini. La principessa Nausicaa è figlia del re Alcino e della Regina Arete e vive nel regno del padre nella Sicilia occidentale, vicino ad Erice. Suo fratello scompare dopo un litigio con la moglie, e il padre parte alla sua ricerca. Nausicaa rimane quindi sola a difendere il regno dal selvaggio gruppo di pretendenti che cercano di conquistare la sua mano e il suo regno. Le avventure e disavventure attraverso le quali deve passare Nausicaa sono chiaramente correlate con quanto Ulisse dovrà vivere nell’Odissea e i parallelismi sono molto divertenti e ben congegnati. Non li svelo per lascarvi il piacere della lettura. Forse un consiglio è di rileggere prima l’Odissea per potersi gustare tutti i rimandi e i divertissment dell’Autore.

Graves, Robert. La Figlia di Omero. 1955. Milano: Guanda, 1992.  350 pagine, 16 Euro, fuori catalogo, dovete trovarlo su una bancarella di libri usati.

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Recensione a “Il mio nome è Nessuno” di Valerio Massimo Manfredi

Recensione a “Il mio nome è Nessuno” di Valerio Massimo Manfredi

Un’amante della mitologia come me non poteva lasciarsi sfuggire il romanzo “Il mio nome è Nessuno – Il ritorno” di Valerio Massimo Manfredi, uscito per Mondadori un anno dopo la prima parte di questo dittico romanzesco, intitolata “Il mio nome è Nessuno – Il giuramento”. Se nel primo volume Manfredi ripercorre le esperienze di Ulisse a partire dall’infanzia e fino alla fine della guerra di Troia, nel secondo narra invece il viaggio di ritorno del re di Itaca da Troia fino alla sua isola. Viaggio che, come noto, dura dieci anni e contempla numerose e svariate avventure. Non riassumerò la vicenda, ai più nota, ma volevo spendere alcune parole sull’esperimento di Manfredi di rinarrare il mito di Ulisse-Odisseo.

Manfredi fa quello che ogni lettore dell’Odissea (e dell’Iliade) fa nella sua testa e nel suo cuore quando si immerge davvero nei testi di Omero: costella nella sua esperienza personale gli archetipi che le due epiche contengono e fanno danzare nella psiche di chi le ascolta (o legge). Manfredi lo fa nel suo modo personale: come già in altri suoi romanzi, per dare un tocco esotico alle vicende cambia leggermente i nomi dei personaggi (Kirke invece di Circe, Odysseo invece di Odisseo, e così via) e intesse la vicenda di Ulisse con quelle di altri personaggi di suoi romanzi (Diomede, per esempio, o il destino del Palladio). E soprattutto, colma il racconto con quello che possiamo definire l’”inchiostro bianco”, vale a dire quelle parti che il lettore immagina, gli spazi vuoti tra una frase e l’altra, le frasi non dette, i sentimenti non espressi, i dubbi che restano tali nella mente dei personaggi e del lettore. Come è giusto che sia, Manfredi spiega, interpreta, aggiunge pensieri e interpretazioni e dolori espressi dalla voce in prima persona di Ulisse. A volte suggerisce interpretazioni interessanti, e si ha la percezione che l’Ulisse che parla tramite Manfredi, parli la voce del ventunesimo secolo ed esprima dubbi e paure proprie del nostro tempo. Quando questo accade la lettura si fa interessante e ricca di spunti sui quali riflettere. A volte quando invece Manfredi tenta di descrivere dubbi e problemi che immagina dei greci antichi, e lo fa usando un linguaggio che scimmiotta un po’ quello di Omero, ecco che, secondo me, la voce di Manfredi si fa meno interessante. Anche la lunga parte finale, in cui l’Autore descrive l’ultimo viaggio di Ulisse (non quello dantesco descritto nella Divina Commedia!), viaggio profetizzato da Tiresia e in cui Ulisse dovrà andare alla ricerca del perdono da parte di Poseidone, sembra più un’epica da fumetto americano con il protagonista preda di dubbi esistenziali, che un’epopea mitologica.

Se la mitologia adempie al suo scopo, parla ai lettori-ascoltatori di cose importanti per loro, nel momento in cui vengono lette e lasciate danzare nella psiche. Il compito del mito è proprio questo: rimanere vago e interpretabile per continuare a sussurrare quello che la nostra interiorità ha bisogno di sentire e di elaborare. E deve farlo in modo ricco e pieno di significati simbolici assodati e che hanno funzionato per generazioni di esseri umani. Per questo motivo, il libro di Manfredi è parziale e ci racconta UNA versione, UNA visione del ricco mondo omerico. Al lettore giudicare se vale la pena affidarsi all’interpretazione di una persona singola o se affidarsi al ricco e simbolico linguaggio di Omero, e colmare personalmente gli spazi lacunosi della vicenda, soffrendo in modo personale e per motivi diversi quando Ulisse piange ma non spiega perché. Io ho letto volentieri il libro di Manfredi, come se fosse (e lo è) una variante su di un tema conosciuto, che è l’opera di Omero in versione originale. Se però non avete mai letto l’Odissea e pensate di approcciarvi al poema che è alla base della nostra cultura e civiltà, allora il mio suggerimento è quello di cominciare dall’originale. Per esempio nella leggibilissima versione in prosa a cura di Maria Grazia Ciani ed edito da Marsilio. Buona scoperta o riscoperta delle avventure di Ulisse, l’uomo dalla mente colorata.

Andreas

Manfredi, Valerio Massimo.  Il mio nome è Nessuno – Il Ritorno.  Milano: Mondadori, 2013.
Omero.  Odissea.  A cura di Maria Grazia Ciani.  Venezia: Marsilio, 1994.
Manfredi, Valerio Massimo.  Il mio nome è Nessuno – La Promessa.  Milano: Mondadori, 2012.

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Ulisse visse nel 1178 aC?

Ulisse visse nel 1178 aC?

Ulisse e le sirene (1891) di John William Waterhouse

Alcuni studiosi (americani e argentini, un astronomo e un fisico) avrebbero stabilito con esattezza la data del rientro a Itaca del prode Odisseo (o Ulisse). Sarebbe tornato a fine marzo del 1178 aC e avrebbe compiuto la strage dei Pretendenti il giorno 16 aprile 1178 avanti Cristo. Si sarebbero basati su alcune considerazioni astronomiche che Omero include nel suo poema.

Ora, forse, sappiamo qualcosa in più su quando ha scritto Omero e su quando ha pensato di collocare le avventure del poli-metis per eccellenza. Ma Ulisse continua a veleggiare nella nostra psiche, più che nella storia reale. Mi stupisco nel leggere che qualcuno cerca di situare nella realtà fisica un racconto mitologico. Ma anche mi commuovo: il prode Ulisse continua a tenere banco, ad affascinare, a parlare ai suoi figli. Più di tremila anni dopo le sue avventure.

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