Tag Archives: Le Metamorfosi di Ovidio

Recensione: Atena – La dea invincibile

Recensione: Atena – La dea invincibile

“Comincio a cantare Pallade Atena, la gloriosa dea dagli occhi splendenti, ingegnosa, dal cuore inflessibile, vergine casta, signora dell’Acropoli, intrepida Tritogenia; il saggio Zeus la generò da sola, dal suo capo venerabile, rivestita già delle armi di guerra dorate e lucenti.” (Inni Omerici)

Dal risvolto di copertina: “Divinità guerriera dall’incredibile origine: Zeus infatti temendo la nascita di un figlio che avrebbe potuto divenire più potente di lui, ingoiò la prima moglie Metis, figlia dell’Oceano e personificazione della ragione e dell’intelligenza, incinta di Atena che così nacque dalla testa del padre, aperta all’uopo da Efesto con un’accetta. Atena, figlia prediletta del padre degli dèi, nacque già adulta, armata di lancia e scudo, e i simboli sacri che le vennero riferiti sono la civetta e l’ulivo. La dea, infatti, ha sempre con sé la sua civetta, o nottola, e indossa una corazza, realizzata con la pelle della capra Amaltea, chiamata egida e donatale dal padre Zeus. Platone rifersice, nel dialogo Cratilo, un’etimologia del nome che significherebbe “la mente di dio”. Atena, inoltre, è legata indissolubilmente alla città di Atene, che, non solo ha preso il suo nome dalla dea, ma i suoi valori religiosi, civici e politici sono come rappresentati in maniera simbolica nelle vicende mitiche che la riguardano.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “L’epiteto più noto con cui è descritta Atena, quanto meno in Omero, è “Glaucopide”, cioè “dagli occhi verdeazzurro”, come le civette (ed è possibile che in epoche molto remote fosse identificata con una dea-civetta): una civetta simboleggiante Atena era appunto stampata sulle dracme ateniesi. Atena è una divinità civilizzatrice, colei che accompagna gli esseri umani verso forme superiori di cultura: fu lei a favorire la costruzione della prima nave che abbia solcato i mari, Argo, su cui si imbarcò Giasone con i suoi compagni; è sempre lei che ispira e protegge artisti, orefici e vasai, che la invocano come patrona della loro arte.’”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura (con una ricca antologia di testi classici sul mito), pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Atena è curato da Adele Teresa Cozzoli, professoressa di Letteratura greca presso l’Università di Roma Tre.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Atena
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Il mito di Narciso

Il mito di Narciso

Il racconto del mito di Narciso è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 20: Narciso – La morte, lo specchio e l’amore.

Narciso era un tespio, figlio dell’azzurra Ninfa Liriope, che un giorno il dio del fiume Cefiso aveva avvolto nelle liquide spire delle sue acque e violata. Il veggente Tiresia disse a Liriope, la prima persona che l’avesse mai consultato: «Narciso vivrà fino a tarda età, purché non conosca mai se stesso». Chiunque si sarebbe innamorato di Narciso e, quando egli ebbe raggiunto i sedici anni, si era già lasciato alle spalle una schiera di amanti respinti d’ambo i sessi, poiché era caparbiamente geloso della propria bellezza.

Tra gli altri spasimanti vi era la Ninfa Eco, che non poteva più servirsi della propria voce se non per ripetere stupidamente le ultime parole gridate da qualcun altro: così fu punita per aver distratto Era con lunghe favole mentre le concubine di Zeus, le Ninfe della montagna, sfuggivano ai suoi occhi gelosi e si mettevano in salvo. Un giorno, mentre Narciso si preparava a tendere reti per i cervi, Eco lo seguì in un’impenetrabile foresta, desiderosa di rivolgergli la parola; ma, come al solito, non poteva parlare per prima. A un tratto Narciso, accortosi di esser ormai lontano dai suoi compagni, gridò: «C’è qualcuno qui?» «Qui!» rispose Eco, lasciando Narciso assai sorpreso, perché non si vedeva anima viva. «Vieni!» «Vieni» «Perché mi sfuggi?» «Perché mi sfuggi?» «Raggiungimi qua!» «Raggiungimi qua!» ripeté Eco gioiosamente, e balzò fuori dal suo nascondiglio per abbracciare Narciso. Ma egli la respinse in modo brusco e fuggì: «Morirò prima; che tu giaccia con me!» egli gridò. «Che tu giaccia con me!» ripeté Eco lamentosamente.

Ma Narciso era sparito ed Eco trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo d’amore e di rimpianto, finché di lei rimase soltanto la voce. Un giorno Narciso mandò una spada ad Aminio, il suo spasimante più acceso, da cui prese il nome il fiume Aminio, un tributario dell’Elisso che confluisce nell’Altee. Aminio si uccise sulla soglia della casa di Narciso, invocando gli dei perché vendicassero la sua morte. Artemide udì quel grido di dolore e fece sì che Narciso si innamorasse senza poter soddisfare la propria passione. A Donacene, nella regione di Tespia, egli si avvicinò un giorno a una fonte chiara come l’argento ne mai contaminata da armenti, uccelli, belve o rami caduti dagli alberi vicini; non appena Narciso, esausto, sedette sulla riva di quella fonte, si innamorò della propria immagine. Dapprima tentò di abbracciare e baciare il bel fanciullo che gli stava dinanzi, poi riconobbe se stesso e rimase per ore a fissare lo specchio d’acqua della fonte, quasi fosse incantato.

L’amore gli veniva al tempo stesso concesso e negato, egli si struggeva per il dolore e insieme godeva del suo tormento, ben sapendo che almeno non avrebbe tradito se stesso, qualunque cosa accadesse. Eco, pur non avendo perdonato Narciso, soffriva con lui: ripeté dunque il disperato «Ahimè» che Narciso pronunciò trafiggendosi il petto con la spada, e le parole che mormorò spirando: «O giovane invano amato, addio!» Dalla terra inzuppata del suo sangue nacque il narciso bianco dalla rossa corolla, da cui si distilla ora l’unguento balsamico di Cheronea. Tale unguento è raccomandato per le malattie dell’orecchio (benché possa provocare dei mali di capo), come vulnerario e per la cura dei geloni.

 

ll mito di Narciso, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Recensione: Narciso – La morte, lo specchio e l’amore

Recensione: Narciso – La morte, lo specchio e l’amore

“Quando uno vive, vive e non si vede. Conoscersi è morire. Lei sta tanto a mirarsi in codesto specchio, in tutti gli specchi, perché non vive; non sa, non può o non vuole vivere. Vuole troppo conoscersi, e non vive.” (Luigi Pirandello, Uno, nessuno, centomila)

Dal risvolto di copertina: “Un mito che è poesia, e allo stesso momento è aperto a infinite invenzioni e varianti: Narciso che respinge gli amanti di ambo i sessi, che si specchia nella fonte e si innamora per sempre della sua immagine riflessa. In Ovidio è figlio della Ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso, ma nei secoli della cultura “classica”, dalle origini sino all’inizio dell’età ellenistica, è del tutto sconosciuto. Personaggio amato dagli scrittori latini e medievali, a partire dalla versione dominante di Ovidio che lo elabora e rende celebre nelle sue Metamorfosi, citato da Stazio e dai suoi commentatori nelle Silvae e nella Tebaide, noto agli scrittori greci, da Filostrato a Pausania e Plotino, per poi arrivare a Boccaccio e alla cultura europea dell’Umanesimo e del Rinascimento, e infine diventare celebre nell’età moderna (secoli XVI-XIX) e contemporanea. Non è difficile prevedere che la sua capacità generativa, nelle arti, sia destinata a crescere in futuro, come già sta avvenendo nella diffusione mediatica attuale.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “In una mitologia piena di dèi ed eroi c’è posto anche per un ragazzo comune che non compì nessuna impresa: l’unica fu quella di specchiarsi a una fonte. Il suo mito non parla di azioni ma di uno stato, di un modo di essere fisso e bloccato. Il tempo passa attorno a lui, ma Narciso non se ne accorge. Narciso, comunque, non si annullò completamente perché divenne fiore. Questo mito fa parte quindi di una categoria mitica tipica della cultura greca, vale a dire quella della metamorfosi. Per concludere, tornando al nostro ragazzo che cadde nella fonte per troppa brama di sé, e anche per troppa brama di bellezza, viene da ricordare quanto scrisse un erudito tardo (citato dal bizantino Lessico Suda): un giorno in cui Narciso rimirava la propria bellezza nella fonte, le Ninfe cha abitavano lì emersero dall’acqua e gli dissero ‘molti ti odieranno, se amerai te stesso.’”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura (con una ricca antologia di testi classici sul mito), pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Narciso è curato da Ezio Pellizer, già professore di Letteratura greca presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste. Qui gli ultimi volumi pubblicati.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Narciso
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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