Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare
Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Il mito di Eracle (Parte 4 di 11): Onfale la regina della Lidia
Dopo aver servito come schiavo presso la regina Onfale, Eracle ritornò a Tirinto, ormai del tutto sano di mente, e subito organizzò una spedizione contro Troia. Ed ecco perché: Eracle e Telamone, durante il viaggio di ritorno dal paese delle Amazzoni, oppure quando sbarcarono con gli Argonauti a Sigeio, videro con stupore la figlia di Laomedonte, Esione, incatenata a una roccia sulla spiaggia di Troia, completamente nuda e con i soli gioielli indosso. Seppero poi che Poseidone aveva mandato un mostro marino per punire Laomedonte, reo di non aver pagato il compenso promesso a Poseidone stesso e ad Apollo quando lo aiutarono a innalzare le mura della città e si occuparono delle sue greggi. Taluni dicono che egli avrebbe dovuto sacrificare tutto il bestiame nato nel suo regno in quell’anno; altri, che aveva promesso agli dèi soltanto un modesto salario di manovali, ma anche così li aveva defraudati di più di trenta dracme troiane. Per vendicarsi Apollo scatenò una pestilenza e Poseidone ordinò a quel suo mostro di fare strage tra la popolazione e di danneggiare il raccolto rovesciando acqua marina sui campi. Secondo un altro racconto Laomedonte rispettò il patto stretto con Apollo, ma cercò di ingannare Poseidone che scatenò allora la pestilenza e la furia del mostro marino. Laomedonte si recò dall’oracolo di Zeus Ammone che gli consigliò di esporre Esione sulla spiaggia di Troia perché il mostro la divorasse. Ma il re ostinatamente si rifiutò di seguire tale consiglio, a meno che i nobili troiani non acconsentissero per i primi a sacrificare le loro figlie. Disperati, i nobili consultarono Apollo che, covando un rancore non meno violento di Posidone, diede loro ben poca soddisfazione. Molti genitori mandarono le figlie in altri paesi perché fossero al sicuro, ma Laomedonte cercò di costringere un certo Fenodamante, che aveva tenuto a casa le sue tre fanciulle, a esperie sulla spiaggia. Al che Fenodamante arringò l’assemblea, gridando che Laomedonte era l’unico responsabile delle loro sciagure, e lui solo doveva soffrire sacrificando la propria figlia. Alla fine fu deciso di estrarre a sorte le fanciulle, e toccò a Esione di essere legata alla roccia, dove Eracle la vide. Eracle la liberò dai ceppi, poi si recò in città e si offrì di uccidere il mostro in cambio di una coppia di incomparabili, immortali e candidi cavalli o cavalle, che potevano volare come il vento sull’acqua o sopra campi di spighe mature, e che Zeus aveva donato a Laomedonte come compenso per il ratto di Ganimede. E Laomedonte subito accettò le condizioni di Eracle.
Con l’aiuto di Atena, i Troiani costruirono per Eracle un alto muro che servì a nasconderlo dal mostro quando questi emerse dall’acqua e avanzò sulla terraferma. Appena si trovò dinanzi al muro, il mostro spalancò le fauci ed Eracle gli balzò nella gola, armato com’era. Passò tre giorni nel ventre del mostro e ne emerse vittorioso, benché l’aspra lotta gli fosse costata tutti i capelli che aveva in capo. Non si sa bene che cosa accadde in seguito. Alcuni dicono che Laomedonte diede Esione in isposa a Eracle ma tuttavia lo convinse a lasciare a Troia sia Esione sia le cavalle, mentre partiva con la spedizione degli Argonauti; e che dopo la conquista del Vello d’Oro si lasciò nuovamente dominare dalla cupidigia e rifiutò di consegnare a Eracle la sposa e le cavalle. Altri dicono che Laomedonte fece questo rifiuto un mese o due prima, quando Eracle venne a Troia in cerca di Ila. La versione più attendibile, tuttavia, è che Laomedonte ingannò Eracle sostituendo cavalle mortali alle immortali; allora Eracle minacciò di fare guerra a Troia e subito si imbarcò furibondo. Dapprima si recò all’isola di Paro, dove innalzò un altare a Zeus e ad Apollo; e poi all’Istmo di Corinto, dove profetizzò il triste fato di Laomedonte; infine reclutò un esercito nella città di Tirinto. Laomedonte, nel frattempo, aveva ucciso Fenodamante e venduto le sue tre figlie a certi mercanti siciliani venuti a comprare vittime da esibire nella lotta con le fiere; ma in Sicilia le fanciulle furono salvate da Afrodite; la maggiore, Egesta, si giacque col fiume Crimisso che prese la forma di un cane e le generò un figlio, Egeste, chiamato Aceste dai Latini. Codesto Egeste, con l’aiuto di un figlio bastardo di Anchise, Elimo, che egli aveva fatto venire da Troia, fondò le città di Egesta, più tardi chiamata Segesta; di Entella, così chiamata dal nome della moglie di Egeste; di Erice e di Asca. Altri invece dicono che Egesta ritornò a Troia e colà sposò un certo Capi che la rese madre di Anchise.
È ancora discusso se Eracle partì per Troia con diciotto lunghe navi da cinquanta remi ciascuna, oppure con una flottiglia di sei piccole navi ed esigue forze. Ma si sa che tra i suoi alleati erano lolao. Telamone figlio di Eaco, Peleo, l’argivo Ecleo e il beota Dimaco. Eracle aveva trovato Telamone a Salamina, intento a banchettare con i suoi amici. Subito gli fu offerta una aurea coppa di vino e Telamone lo invitò a libare a Zeus. Dopo aver libato. Eracle tese le braccia al cielo e così pregò: «O Padre, concedi a Telamone uno splendido figlio, con la pelle dura come quella del leone ed equivalente coraggio!» Tali parole egli disse perché aveva visto che Peribea, la moglie di Telamone, era sul punto di partorire. Zeus mandò allora un’aquila che si liberò nel ciclo ed Eracle assicurò a Telamone che la sua preghiera era stata esaudita. E infatti, non appena il banchetto fu terminato, Peribea diede alla luce il Grande Aiace ed Eracle lo avvolse nella pelle del leone, rendendolo invulnerabile, fuorché al collo e sotto le ascelle, due punti che la pelle non arrivò a coprire. Sbarcato nei pressi di Troia, Eracle lasciò Ecleo a guardia delle navi, mentre egli stesso guidava gli altri campioni all’assalto della città. Laomedonte, colto di sorpresa, non ebbe il tempo di radunare l’esercito, ma distribuì al popolo spade e torce e fece correre tutti verso la spiaggia per incendiare la flotta. Ecleo resistette sino alla morte, sacrificandosi nobilmente in un’azione di copertura mentre i suoi compagni mettevano le navi in mare e fuggivano. Laomedonte allora si precipitò di nuovo verso la città, e dopo una scaramuccia con le forze di Eracle, non ancora organizzate, riuscì a entrare nelle mura e si chiuse le porte alle spalle. Eracle, che non voleva indugiare in un lungo assedio, ordinò immediatamente un attacco. Il primo ad aprire una breccia nelle mura fu Telamone, che scelse il lato occidentale, costruito da suo padre Eaco, considerandolo il più debole; ma Eracle gli fu subito alle calcagna, pazzo di gelosia. Telamone, rendendosi conto all’improvviso che la spada di Eracle era puntata contro il suo petto, ebbe la presenza di spirito di chinarsi e raccogliere alcune grosse pietre rotolate giù dalle mura. «Ma che stai facendo?» tuonò Eracle. «Intendo costruire un altare per Eracle Vincitore e Risanatore!» rispose pronto Telamone. «Lascio a tè il compito di saccheggiare Troia», disse Eracle bruscamente a mo’ di ringraziamento, e corse avanti. Uccise con le sue frecce Laomedonte e tutti i suoi figli, tranne Podarce, il solo che avesse tentato di indurre il padre a consegnare a Eracle le immortali cavalle. Appagata la sua sete di vendetta. Eracle ricompensò Telamone concedendogli la mano di Esione, ed Esione a sua volta ebbe il permesso di riscattare uno dei suoi compagni prigionieri. Essa scelse Podarce. «Benissimo», disse Eracle, «ma prima dovrà essere venduto come schiavo». Podarce dunque fu messo in vendita ed Esione lo riscattò con il velo dorato che le ricopriva il capo; così Podarce si meritò il nome di Priamo, che significa «riscattato». Ma altri dicono che Priamo era ancora in fasce a quel tempo.
Dopo aver distrutto Troia con un incendio. Eracle mise Priamo sul trono e riprese il mare. Esione accompagnò Telamone a Salamina dove gli generò un figlio, Teuero, non si sa se come concubina o come legittima moglie. Più tardi essa lasciò Telamone, fuggì in Asia Minore e giunse a nuoto a Mileto, dove re Arione la trovò nascosta in un bosco. Colà essa diede alla luce un secondo figlio di Telamone, Trambelo, che re Arione allevò come se fosse suo, e in seguito lo elesse re dei parenti asiatici di Telamone, i Lelegi o, altri dicono, i Lesbi. Quando, nel corso della guerra diTroia, Achille conquistò Mileto, uccise Trambelo e troppo tardi seppe che egli era figlio di Telamone, cosa che gli provocò grande dolore. Taluni dicono che Ecleo non cadde a Troia, ma era ancora vivo quando le Erinni fecero impazzire suo nipote Alcrneone. Si mostra la sua tomba in Arcadia, presso il recinto megalopolitano di Borea. Eracle salpò poi dalla Troade portando con sé Glaucia, una figlia del fiume Scamandro. Durante l’assedio essa era stata l’amante di Dimaco, e quando Dimaco cadde in battaglia, si rivolse a Eracle per averne protezione. Eracle la prese a bordo della sua nave, lieto che la progenie di un così valoroso amico gli sopravvivesse; perché Glaucia era incinta, e in seguito diede alla luce un figlio chiamato Scamandro.
Ora, mentre il Sonno cullava Zeus sino a farlo assopire, Era ordinò a Borea di suscitare una tempesta che spinse Eracle fuori rotta, verso l’isola di Coo. Zeus si ridestò furibondo e minacciò di precipitare il Sonno giù nel golfo dell’Èrebo; ma il Sonno si rifugiò supplice nel grembo della Notte, che Zeus non osava contrariare. Scornato, cominciò allora a malmenare gli dei di tutto l’Olimpo. Taluni dicono che in quella occasione egli legò i polsi di Era a una trave e le chiuse le caviglie nei ceppi; poi scagliò Efesto sulla terra. Dato così pieno sfogo alla sua ira, prestò soccorso a Eracle e da Coo lo guidò verso Argo, dove l’eroe ebbe avventure in vario modo descritte. Taluni dicono che gli abitanti di Coo lo credettero un pirata e cercarono di impedire che la sua nave approdasse, scagliandovi contro delle pietre. Ma Eracle riuscì a sbarcare, si impadronì della città di Astipalea con un assalto notturno e uccise il re, Euripilo, figlio di Posidone e di Astipalea. L’eroe stesso fu ferito da Calcodonte, ma salvato da Zeus quando già si credeva spacciato. Altri dicono che Eracle attaccò Coo perché si era innamorato di Calciope, figlia di Euripilo. Secondo un altro racconto, cinque delle sei navi di Eracle si inabissarono nel corso della tempesta. L’unica nave scampata si sfasciò sulla spiaggia di Coo presso Lacela ed Eracle e i suoi compagni poterono salvare soltanto le armi. Mentre stavano strizzando le loro vesti inzuppate d’acqua salata, passò di lì un gregge ed Eracle chiese al pastore meropide, un certo Antagora, di donargli un ariete. Al che Antagora, che era forte e nerboruto, sfidò Eracle a una gara di lotta, offrendo di mettere un ariete in palio. Eracle accettò la sfida ma, quando i due lottatori si strinsero in un a corpo a corpo, gli amici di Antagora accorsero in suo aiuto e altrettanto fecero i Greci per Eracle, e subito ne seguì una zuffa generale. Sopraffatto dalla stanchezza e dal numero dei nemici. Eracle si rifugiò nella casa di una corpulenta matrona tracia, indossò le vesti di lei e riuscì così a salvarsi. Più tardi, quello stesso giorno, rinfrancato dal cibo e da un buon sonno. Eracle affrontò di nuovo i Meropì e li sconfisse; poi fu purificato dal loro sangue e, sempre indossando vesti femminili, sposò Calciope che lo rese padre di Tessalo. Sacrifici annuali si offrono ora a Eracle sulla pianura dove si combatté quella battaglia; e gli abitanti di Coo indossano vesti femminili quando accolgono in casa le loro spose; così pure il sacerdote di Eracle ad Antimachia, prima di compiere un sacrificio.
Le donne di Astipalea si considerarono offese da Eracle e lo insultarono, ed Era riconoscente diede loro delle corna, come se fossero vacche, in segno di onore; ma altri dicono che quelle corna furono una punizione inflitta da Afrodite, perché le donne di Astipalea avevano osato vantarsi di essere più belle della dea. Devastata l’isola di Coo e uccisi quasi tutti i Meropi, Eracle fu guidato da Atena a Flegra, dove aiutò gli dei a vincere la battaglia contro i Giganti. Di lì passò in Beozia dove, dietro sua insistenza, Scamandro fu eletto re. Scamandro diede il proprio nome al fiume Inaco, il nome di sua madre Glaucia a un vicino corso d’acqua e il nome di Acidusa, sua moglie, a una sorgente; da Acidusa egli aveva avuto tre figlie che ancora si onorano in quella località col nome di «Vergini».
Vai a: Il mito di Eracle (Parte 6 di 11): la conquista dell’Elide
ll mito di Eracle, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves.
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.
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