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Il talento è innato oppure è una conquista? – Appesi alla luna – lunedì 28 maggio 2018

Il talento è innato oppure è una conquista? – Appesi alla luna – lunedì 28 maggio 2018

Il talento è insito in noi o dipende dall’esercizio quotidiano? Ci viene donato alla nascita oppure lo dobbiamo sviluppare con il duro lavoro? Nel salotto serale di Rete Uno ci chiediamo questo e chiacchieriamo su come sviluppare e riconoscere i nostri talenti. Isabella Visetti e Marco Di Gioia ne parlano con Andreas Barella de La Voce delle Muse che presenterà la parabola dei talenti tratta dal Vangelo di Matteo e racconterà il mito di Er, tratto dal dialogo repubblica di Platone (il testo, magistralmente letto da Loriana Sertoni, lo trovate qui). Altri ospiti: Manuela Mazzi, scrittrice e Paolo Cicale, counselor filosofico.

Prima parte della trasmissione. Seconda parte della trasmissione.

Cosa facciamo noi de La Voce delle Muse

Estratti dal mito di Er (Platone, Repubblica)

Estratti dal mito di Er (Platone, Repubblica)

Lunedì 28 maggio 2018 Andreas Barella de La Voce delle Muse è stato ospite di “Appesi alla Luna”, programma radiofonico di Rete Uno della RSI (Radio Svizzera Italiana). La trasmissione trattava del talento, di come possiamo svilupparlo e se si tratta di qualcosa di innato in ognuno di noi. Per illustrare il suo punto di vista, Andreas ha scelto, tra gli altri testi, questo estratto dalla Repubblica di Platone. Il testo è rimaneggiato e accorciato per essere letto in trasmissione. Se volete leggere la versione completa del dialogo e di questo mito, la trovate facilmente online. Qui potete ascoltare la trasmissione

Disse Socrate: «Tuttavia, ti racconterò di un uomo valoroso, ti parlerò di Er figlio di Armenio. Costui era morto in guerra e quando, al decimo giorno, si portarono via dal campo i cadaveri, fu raccolto intatto e ricondotto a casa per essere sepolto: al dodicesimo giorno, quando si trovava già disteso sulla pira, ritornò in vita e raccontò quello che aveva visto. Disse che la sua anima, dopo essere uscita dal corpo, si mise in viaggio assieme a molte altre, finché giunsero a un luogo meraviglioso nel quale si aprivano due voragini contigue nel terreno e altre due, corrispondenti alle prime, in alto nel cielo. In mezzo ad esse stavano seduti dei giudici, i quali dopo aver pronunciato la loro sentenza, ordinavano ai giusti di prendere la strada a destra che saliva verso il cielo, con un contrassegno della sentenza attaccato sul petto, agli ingiusti di prendere la strada a sinistra che scendeva verso il basso, anch’essi con un contrassegno sulla schiena dove erano indicate tutte le colpe che avevano commesso».
Giunto il suo turno, i giudici dissero a Er che avrebbe dovuto riferire agli uomini ciò che accadeva laggiù e gli ordinarono di ascoltare e osservare ogni cosa di quel luogo. Cosi vide le anime che, dopo essere state giudicate, partivano verso una delle due voragini del cielo o della terra: dall’ altra voragine della terra risalivano anime piene di lordura e di polvere, dall’altra posta nel cielo scendevano anime pure.

Quelle che via via arrivavano sembravano reduci come da un lungo viaggio: liete di essere giunte a quel prato, vi si accampavano come in un’adunanza festiva. Le anime che si conoscevano si abbracciavano e quelle provenienti dalla terra chiedevano alle altre notizie del mondo celeste, e viceversa nello scambiarsi i racconti delle proprie vicende le une gemevano e piangevano, al ricordo di quante e quali sofferenze avevano patito e visto durante il viaggio sottoterra (un viaggio di mille anni), mentre quelle provenienti dal cielo riferivano le visioni di beatitudine e di straordinaria bellezza che avevano contemplato. Ma per farne un resoconto minuzioso ci vorrebbe troppo tempo. Comunque: tutti i gruppi di anime, dopo aver trascorso sette giorni nel prato, all’ottavo dovevano alzarsi e partire da lì, per giungere in un luogo da dove scorgevano, distesa dall’alto lungo tutto il cielo e la terra, una luce diritta come una colonna, molto simile all’arcobaleno, ma più splendente e più pura.

In quel luogo un araldo disse: “Anime effimere, ecco l’inizio di un altro ciclo di vita mortale. Non sarà il destino a scegliere voi, ma sarete voi a scegliere il vostro destino. Chi è stato sorteggiato per primo, per primo scelga la vita alla quale sarà necessariamente congiunto. La virtù non ha padrone, e ognuno ne avrà in misura maggiore o minore a seconda che la onori o la disprezzi. La responsabilità è di chi ha fatto la scelta; la divinità è incolpevole».

Quindi l’araldo depose a terra davanti a loro i modelli di vita, in numero molto maggiore delle anime presenti. Ce n’erano d’ogni tipo: tutte le vite degli animali e degli uomini. Tra esse c’erano delle tirannidi, alcune perfette, altre rovinate a mezzo e finite in miseria, esilio e povertà; c’erano poi vite di uomini illustri, gli uni per l’aspetto, la bellezza e il vigore fisico in ogni campo, in particolare in quello agonistico, gli altri per nobiltà di stirpe e virtù degli antenati, ma c’erano anche vite di uomini oscuri per le stesse ragioni, e la cosa valeva anche per le donne. Le anime non erano disposte in un ordine gerarchico, perché un’anima diventava necessariamente diversa a seconda della vita che aveva scelto; per il resto i modelli di vita erano mescolati tra loro: gli uni erano uniti alla ricchezza, gli altri alla povertà, gli uni alla malattia, gli altri alla salute, altri ancora si trovavano in uno stato intermedio tra questi estremi.

Er disse che valeva la pena di vedere lo spettacolo delle singole anime intente a scegliere la propria vita. Quando ormai era scesa la sera, si accamparono presso il fiume Lete, la cui acqua non può essere contenuta in nessun vaso. Poi tutte furono costrette a bere una certa quantità di quell’acqua, e chi via via beveva si dimenticava ogni cosa. Dopo che si furono addormentate, nel cuore della notte scoppiò un tuono e un terremoto, e all’improvviso esse si levarono da lì per correre chi in una, chi in un’altra direzione verso la nascita, filando veloci come stelle. Ma a Er fu impedito di bere l’acqua; non sapeva come e per quale via fosse tornato nel corpo, ma all’improvviso riaprì gli occhi e si vide disteso all’alba sulla pira.

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Gelosia, cifra d’amore? – Appesi alla luna – lunedì 14 maggio 2018

Gelosia, cifra d’amore? – Appesi alla luna – lunedì 14 maggio 2018

Nel salotto serale di Rete Uno si discute di qualcosa che tutti almeno una volta nella vita abbiamo provato: la gelosia. Un sentimento che può avere diverse gradazioni, fino ad arrivare a essere distruttivo. Cosa e chi scatena la gelosia? È davvero un sintomo d’amore come spesso si pensa? O solo possesso e paura di perdere la persona amata? Quando la gelosia diventa estrema, patologica, cosa si può fare? La gelosia è spesso un modo per scoprire una parte profonda di noi e delle persone a noi vicine che era rimasta nascosta, è un “ingrediente” potente di molti romanzi e film, ma può essere un’ossessione, qualcosa che avvelena le nostre vite, che ci acceca. Isabella Visetti e Vanni Slepoi ne parlano con Andreas Barella che parlerà della gelosia nel mito e raccontera alcuni estratti della fiaba di Amore e Psche tratta dall'”Asino d’oro” di Apuleio. Altri ospiti: Davide Staffiero, scrittore e cinefilo, Pamela Borelli, sessuologa e Franco Posa, criminologo. Prima Parte della trasmissione. Seconda parte della trasmissione.

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Vivere per lavorare o lavorare per vivere? – Appesi alla luna – lunedì 30 aprile 2018

Vivere per lavorare o lavorare per vivere? – Appesi alla luna – lunedì 30 aprile 2018

Alla vigilia della Festa del lavoro, nel salotto serale di Rete Uno si parla dei cambiamenti in atto nel contesto professionale e delle loro ricadute sul piano individuale e sociale. Il lavoro, elemento fondamentale della nostra identità, al quale abbiamo delegato il compito di raccontare gran parte di quello che siamo, diventa un elemento critico: carichi di lavoro eccessivo, flessibilizzazione estrema, precarizzazione causano molti problemi di salute.

Andreas Barella presenterà la figura mitologica del primo lavoratore: Eracle (Ercole) l’eroe nazionale greco che ha compiuto le dodici fatiche: che cosa suggerisce alla nostra psiche questo personaggio e il suo modo di confrontarsi con il mondo del lavoro? Altri ospiti: Chiara Landi, sindacalista UNIA, responsabile Gruppo donne dell’USS Ticino e Moesa; Alan Righetti, ricercatore e docente di economia aziendale alla SUPSI e Nicoletta Todesco,psicologa del lavoro, life e business coach. Prima parte della trasmissione. Seconda parte della trasmissione.

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Padri e paternità nel nostro tempo – Appesi alla luna – lunedì 19 marzo 2018

Padri e paternità nel nostro tempo – Appesi alla luna – lunedì 19 marzo 2018

Il giorno di San Giuseppe, archetipo del padre e simbolo di umiltà e dedizione, è dedicato alla festa del papà. Nel salotto di Appesi alla luna, su Rete Uno della Radio Svizzera italiana, oltre a fare gli auguri a tutti i papà, ci interroghiamo sulla funzione dei padri nel 2018. Per secoli, se non millenni, il ruolo delle donne e degli uomini è stato codificato nelle varie società che ci hanno preceduto: con un luogo comune possiamo affermare che le donne stavano a casa e si occupavano dei figli e del ménage familiare, mentre gli uomini andavano a procacciare il cibo cacciando prima, lavorando poi. Da qualche tempo però i ruoli si sono intrecciati e sono mutati: anche le donne sono attive professionalmente, anche gli uomini si occupano dei figli e della casa. Quali sono i modelli di riferimento per questi cambiamenti epocali? Come modificano la nostra vita e quella dei nostri figli? Andreas Barella (de La Voce delle Muse) ne parla con Norma Bargetzi, psicoterapeuta, coordinatrice di AvaEva e con Alberto Stival, vicedirettore Centro di studi bancari e membro di comitato di FAFTPlus. Trasmissione come sempre magistralmente condotta da Isabella Visetti, coadiuvata da Vanni Slepoi.  Prima parte della trasmissioneSeconda parte della trasmissione.

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