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Carl Gustav Jung intervistato da Richard I. Evans – IL VIDEO

Carl Gustav Jung intervistato da Richard I. Evans – IL VIDEO

In questa lunga intervista condotta a Zurigo nel 1957, Jung ci racconta della sua collaborazione con Sigmund Freud, degli insight che ebbe ascoltando i sogni dei suoi pazienti e degli affascinanti sviluppi della sua vita personale.

Il Dr. Richard I. Evans intervista Jung dandoci una chiave d’accesso alle non semplici teorie junghiane, e lo fa tratteggiando la figura sensibile e umana di un grande pensatore. Si tratta del montaggio di quattro interviste di un’ora registrate tra il 5 e l’8 agosto 1957.

L’intervista integrale è stata pubblicata in italiano da Adelphi con il titolo Jung parla.

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“Filosofe? Ce ne sono eccome, solo che gli uomini non le leggono” di Donatella Borghesi

“Filosofe? Ce ne sono eccome, solo che gli uomini non le leggono” di Donatella Borghesi

E ora che l’Enciclopedia Treccani sceglie “femminicidio” come parola dell’anno appena finito, ora che il film di Paola Cortellesi è tra i più visti nella storia del cinema italiano, ora che la consapevolezza femminile della propria forza propositiva comincia a essere coscienza condivisa, ora che dopo l’emozione seguita alla morte di Giulia Cecchettin gli uomini hanno cominciato a interrogarsi sulla cultura patriarcale o post-patriarcale che dir si voglia, qual è lo stato delle cose del rapporto tra i sessi? “E ora?” è anche il titolo del primo capitolo del saggio appena uscito – politicamente scorretto, lo definisce l’autrice – della filosofa Annarosa Buttarelli, Bene e male sottosopra, la rivoluzione delle filosofe (Tlon editore). Formatasi nel pensiero della differenza sessuale, sostenitrice della “presa di autorevolezza” con il suo libro Sovrane e fondatrice della Scuola di alta formazione per donne di governo, Buttarelli si chiede da tempo perché gli uomini non ascoltano, non si interessano al pensiero delle donne. Fermi alla “questione femminile”, ragionano solo in termini di parità, diritti, quote, cooptazione. Di emancipazione, insomma, di integrazione nel sistema, senza rendersi conto che da due secoli le donne chiedono sì uguaglianza e libertà, ma “fanno” anche filosofia, propongono una diversa concezione delle relazioni e della politica, e soprattutto un altro approccio di pensiero, che possa diventare valido per tutti, uomini e donne. «Per quale ragione le pensatrici di tutti i tempi non sono state ascoltate, né dai filosofi accademici né dalla cultura corrente del momento?», si chiede Buttarelli. «È il risultato di una misoginia millenaria, che ha svalutato la donna come essere umano pensante, e ha sempre considerato il pensiero maschile come universale».

Quanti docenti di filosofia maschi hanno letto Nonostante Platone di Adriana Cavarero o Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi? Di questa misoginia che esclude le pensatrici dal canone filosofico accademico Buttarelli ne trova conferma anche nell’ultima opera di Massimo Cacciari, Metafisica concreta (edito da Adelphi), che vede la sopravvivenza della filosofia – da tempo in crisi rispetto alla sua funzione – in un legame con l’essere nel momento in cui vive, non l’essere astratto ma “l’essente”. «Peccato che le pensatrici hanno sempre riflettuto proprio sulla metafisica concreta della vita quotidiana: la cura, la ricettività interiore, i sentimenti, l’ascolto sono patrimonio della differenza femminile, un pensiero che parte dall’esperienza e si fonda sulla relazione, ma di questo nel lavoro di Cacciari non c’è riconoscimento», osserva Buttarelli, che nel suo libro affronta il grande tema etico del bene e del male, oggi così sensibile, con pensatrici come Simone Weil e Hannah Arendt, María Zambrano e Carla Lonzi, come la psicoanalista Françoise Dolto o la scrittrice Flannery O’Connor, voci di un “sottosopra” filosofico che individua nel pensiero antitetico, duale, il responsabile della crisi attuale della civiltà europea-occidentale.

«È venuto il tempo che anche gli uomini si occupino delle opere delle donne: le leggano, le guardino, le studino, ne scrivano». Sono le parole di Daniela Brogi, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università per stranieri di Siena, stanca di vedere come a studiare le autrici siano quasi sempre le donne. «Come se per molti uomini di cultura fosse un’impresa da cervello balzano occuparsi delle opere delle autrici, facendo quello che noi invece facciamo da sempre con gli autori». Daniela Brogi fa parte di quella generazione femminile che negli ultimi dieci anni è entrata in gran numero nelle università, nell’editoria, nell’informazione e nelle professioni, una generazione ancora giovane da cui ci si aspetta una rivoluzione culturale segnata dalla loro identità di genere. Nel suo saggio Lo spazio delle donne (Einaudi, 2022) analizza quanto è stato concesso loro nei secoli. Oltre alla violenza primaria che è stata esercitata vietando o svalutando la loro possibilità di occupare da soggetti uno spazio pubblico, si è aggiunta una seconda violenza, la svalutazione della narrativa che racconta gli spazi marginali del loro mondo: «E così raccontare di luoghi domestici, di memorie famigliari, del mondo della madre, dell’autobiografia, di storie d’amore o del corpo, è stata a lungo una scrittura creduta inferiore, se praticata dalle autrici». Oggi, dopo aver man mano conquistato gli interstizi, le smarginature nel sistema maschile, le donne che scrivono e che pensano sono in uno stato di “fuori campo attivo”, per usare un’immagine cinematografica. «Non si tratta più di abbattere il tetto di cristallo, ma anche le pareti», dice ancora Daniela Brogi. «E invece nel sistema universitario domina ancora l’automatismo della cultura patriarcale. Perché il patriarcato non è solo un sistema giuridico ma una postura culturale, una mentalità che riguarda il simbolico, e sopravvive quindi al mutare delle leggi. Anche se le donne sono presenti in università, gli uomini tendono a parlarsi, ascoltarsi e riconoscersi solo tra loro. Per cui quando si cerca un intellettuale per un convegno o un seminario è quasi sempre senza apostrofo…».

Appartiene alla generazione delle quarantenni anche Giorgia Serughetti, docente di Filosofia politica all’Università di Milano-Bicocca, ora in libreria con La società esiste (Tempi Nuovi). «Quando ho studiato io, ricordo di non aver mai letto un libro scritto da una donna, eppure eravamo alla fine degli anni Novanta… Allora l’unico nome che bucava era quello della Arendt. Oggi con i fondi del Pnrr ci saranno 17 borse di studio per gli studi di genere, che sta gestendo Francesca Recchia Luciani dell’Università di Bari. Partiti prima nelle scienze sociali, gli studi di genere hanno portato un grande cambiamento nel tessuto accademico. Il problema è che questo patrimonio di ricerca realizzato dalle docenti che si mettono in rete, che si sostengono e si scambiano informazioni, non suscita interesse da parte degli uomini. Perché in loro domina ancora il pregiudizio per cui, parlando solo di donne si perde di interesse generale, e loro, le donne, rimangono situate nella loro parzialità. Lo aveva capito bene Simone De Beauvoir, parlando dell’uomo che si considera il Soggetto e vede nella donna l’Altro: la donna non può assurgere a voce universale, perché non riesce a separarsi dalla propria specificità di genere. Molte donne nel passato ci hanno rinunciato per essere considerate alla pari, per non essere sbalzate fuori dai giochi. Il femminismo ha cambiato però le carte. Oggi penso che quello che può venire di buono nella politica verrà dalle donne e che un cambio di passo sta già avvenendo. Non per le qualità essenzialiste dell’essere donna, ma per la maggiore sensibilità a capire i cambiamenti, a captare anche i segnali invisibili. È possibile che ai politologi sfugga che il movimento delle donne è il più grande movimento collettivo e che ha una forza dirompente? Si analizzano i motivi per cui si è rotto l’ordine neoliberista, i populismi di destra e di sinistra, la crisi della democrazia… Ma a nessuno viene in mente di prendere in considerazione nella discussione politica anche il pensiero femminista».

Qualche uomo però ci sta provando a misurarsi con il pensiero delle donne. Tra questi, Riccardo Fanciullacci, quarantacinque anni, docente di Filosofia morale all’Università degli studi di Bergamo. «Oggi non è più così raro trovare corsi dedicati a una pensatrice importante come Hannah Arendt o che discutono le posizioni di Judith Butler o di Martha Nussbaum. Giusto l’anno scorso, ho dedicato le mie lezioni a Iris Murdoch e Simone Weil. Resta però da capire quanto ci si lasci trasformare dal loro pensiero e non ci si limiti a includere nuove figure in uno schema che è sempre lo stesso. Per questo mi torna spesso in mente quando Luisa Muraro ha chiesto se gli accademici siano disposti a imparare da una donna che non sia morta e che dunque non voglia farsi trattare come un monumento. Per imparare da qualcuno bisogna saper dare autorità alla sua parola, ma in questo caso bisogna essere diventati capaci di dare autorità a una donna, e questo vuol dire aver fatto un passo oltre le abitudini e gli schemi patriarcali. Si tratta di una nuova etica, nel senso di un nuovo modo di abitare le relazioni tra i sessi. Ho avuto la fortuna di incontrare il pensiero della differenza sessuale non solo attraverso i libri ma frequentando i luoghi in cui viene elaborato, come il Seminario organizzato ogni autunno all’Università di Verona dalla comunità di Diotima e la Libreria delle donne di Milano. Grazie alle relazioni nate in questi luoghi, ho imparato a non slegare il movimento del pensiero dal riferimento a ciò che ci capita e arriva a toccarci nella vita. E questo lo porto anche nei miei corsi». Fanciullacci ha curato con Stefania Ferrando il libro di Lia Cigarini La politica del desiderio e altri scritti, Orthotes 2020. Nel dialogo conclusivo, Cigarini sostiene che la politica maschile ha mancato l’appuntamento con il pensiero delle donne e quindi con l’occasione di elaborare in maniera positiva la fine del patriarcato. È d’accordo? «In riferimento alla politica, soprattutto quella istituzionale, direi senz’altro di sì. E davanti alle grandi novità di oggi, a volte mi domando se noi uomini saremo capaci di una risposta all’altezza. Le studentesse chiedono che si parli delle donne in filosofia, in letteratura, nelle scienze, e molti dei loro compagni sono d’accordo: diventa difficile non confrontarsi con queste richieste. E se qualcuno prosegue imperterrito con il vecchio canone, ecco che quelle stesse studentesse danno vita a blog o a riviste. Questa è una bella eredità del movimento delle donne». Di femminismi, però, ce ne sono tanti sulla scena, da Non una di meno alla galassia delle teoriche del gender, al movimento Lgbtq+… «Sì, è vero, ma preferisco non entrare nel dibattito, che ha spesso un forte carattere ideologico. Ho imparato a non farmi catturare dal discorso corrente e cerco di offrire la possibilità di non prendere posizioni preconfezionate. Preferisco portare l’attenzione su alcuni temi: la politica non si riduce a lotta per il potere, o il conflitto alla guerra o il linguaggio a strumento di regolazione e controllo. In questo modo ottengo un risveglio di creatività piuttosto che schieramenti». «Tutto è nato un po’ per caso, tipo tre amici al bar. Ci si diceva: ma vi rendete conto che nei manuali universitari non ci sono donne?». A iniziare il racconto dell’avventura del programma di video-lezioni “Donne e pensiero politico” dell’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino è il suo responsabile scientifico, il torinese anche lui quarantenne Federico Trocini, docente di Storia del pensiero politico all’Università di Bergamo. Quando è scoppiato il Covid, in tre si sono messi a lavorare al progetto delle conferenze: oltre a Trocini, Cristina Cassina dell’Università di Pisa e Giuseppe Sciara dell’Università di Bologna. Il risultato, 70 video su YouTube – uno alla settimana – e 100mila visualizzazioni, un successo imprevisto e imprevedibile. «Credo che il progetto abbia funzionato perché abbiamo lavorato molto sul format: stessa grafica, sigla riconoscibile, evitare toni professorali e scegliere lo stile diretto della comunicazione social. E una struttura uguale per tutte e 70 le pensatrici: focus biografico, contesto storico-sociale e infine approfondimento del pensiero politico». La scelta delle protagoniste è stata fatta attraverso le proposte che venivano dalla rete accademica su tutto il territorio nazionale ma anche dalle reti personali, e per i relatori – quasi tutti giovani, in gran parte ragazze – si è puntato sui dottorandi e gli assegnisti. «Il nostro è un programma divulgativo», precisa Trocini, «con un’impostazione chiara: solo pensatrici e non attiviste, non solo occidentali e non solo bianche, e senza guardare al loro schieramento di parte. Abbiamo scelto tra pensatrici di matrice liberale, cattolica, socialista, sfidando la consuetudine di considerare il pensiero femminista coincidente con l’appartenenza a sinistra. E anche che fossero necessariamente femministe: Madame de Staël, per esempio, non ha mai parlato delle donne ma è stata una grande pensatrice politica…». Qualche nome, oltre alle tante già note come Rosa Luxemburg o Carole Pateman: dall’afroamericana Kimberlé Crenshaw, che ha coniato il termine di “intersezionalità”, all’egiziana Nawal El Saadawi. Certo i tre ragazzi al bar non si aspettavano questo successo: dopo pochi mesi il programma è stato acquistato da un editore spagnolo (Altamarea), e in Italia Carocci sta comprando i diritti. Nel 2025 avremo così la prima collana Storia del pensiero politico femminile, con oltre 16 volumi. Seguirà un manuale per Mondadori Università. Chapeau. E segno che una nuova generazione di intellettuali uomini si sta muovendo accanto alle loro compagne di studio e di insegnamento. Forse il cambiamento di passo tanto desiderato è davvero avviato.

Donatella Borghesi su “Il Foglio”, 22 gennaio 2024 (noi l’abbiamo ripreso dal sito della Libreria delle donne di Milano, che ringraziamo! Andate regolarmente sul loro sito: ci sono sempre idee e articoli interessanti!)

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Il Mito di Sisifo – IL VIDEO

Il Mito di Sisifo – IL VIDEO

 “Viene sempre il momento in cui bisogna scegliere fra la contemplazione e l’azione. Ciò si chiama diventare un uomo.” (Albert Camus, Il mito di Sisifo)

Andreas ha iniziato, sul suo canale YouTube a narrare e commentare qualche mito. Ecco il primo: LA STORIA DI SISIFO.

Figlio di Eolo e di Enarete, Sisifo appartiene a una delle prime grandi stirpi sulla terra. Vive a Efira, città che lui stesso ha fondato , quella che poi diventerà Corinto. Qui sposa Merope, figlia di Atlante, una delle Pleiadi, che sorgono a segnare i lavori degli uomini, quando è ora di mietere il frumento e tramontano quando è il tempo dell’aratura.

Ecco tutta la narrazione sul canale youtube di Andreas, ISCRIVETEVI AL CANALE! GRAZIE MILLE!

Nel filmato vengono menzionati alcuni libri: qualche dettaglio in più.

Il primo è l’antologia I MITI GRECI di Robert Graves, da cui Andreas trae le versioni dei miti che racconta. Un libro favoloso, stringato e senza fronzoli, che riassume e narra le storie mitologiche nel modo migliore per lavorarci su. Lo trovate qua: Graves, Robert (1955). I Miti Greci. Longanesi.

La Voce delle Muse si è occupata spesso di Graves, scrivendo parecchie recensioni. Potete cominciare qua, con CHI È ROBERT GRAVES?

IL MITO DI SISIFO di Albert Camus. Questo libro, pubblicato nei 1942, quando Camus non aveva ancora trent’anni, intende ripensare “la filosofia dell’assurdo” e si inserisce in una precisa tradizione che, da Kafka a Gide, da Kierkegaard a Nietzsche, offre una altissima testimonianza della crisi spirituale che caratterizza il Novecento.

L’Odissea di Omero, nella godibilissima edizione a cura di Maria Grazia Ciani, in prosa ma con le nuances del poema originale.

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Chi è Silvia Ronchey

Chi è Silvia Ronchey

Presentiamo Silvia Ronchey, oltre naturalmente perché ha scritto libri interessantissimi e ricchi (vedi sotto per una scelta bibliografica), in relazione al video dell’intervista a James Hillman di cui abbiamo parlato qua.

Silvia Ronchey è una saggista e bizantinista italiana. Già professoressa associata all’Università di Siena, è oggi ordinaria di Civiltà bizantina nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre.

Figlia della scrittrice Vittoria Aliberti e di Alberto Ronchey – giornalista, scrittore e ministro dei Beni Culturali – ha frequentato negli anni ’70 il liceo classico Massimo d’Azeglio di Torino e poi il liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma. Proprio durante gli anni liceali ha maturato il suo interesse per la civiltà bizantina:

«… passavo il mio [tempo] nell’adiacente Biblioteca Casanatense, o mi spingevo fino all’Angelica. Ho continuato per tutti i tre anni del liceo, e quando mi sono accorta che la letteratura greca non finiva con quella che all’epoca si chiamava ellenistica, come poteva sembrare dai manuali scolastici, ma continuava per undici secoli, appunto a Bisanzio, ho cominciato a inoltrarmi con emozione in quella frontiera sconosciuta.» (Gian Paolo Grattarola Mangialibri.it intervista Silvia Ronchey, 2011)

Insieme allo scrittore e docente universitario Giuseppe Scaraffia è stata autrice e conduttrice di trasmissioni per la RAI e ha anche realizzato una serie di interviste a grandi nomi della cultura come Ernst Jünger, Claude Lévi-Strauss, James Hillman, David Lodge, Jean-Pierre Vernant.

L’incontro con lo psicoanalista, saggista e filosofo statunitense James Hillman, in particolare, ha dato origine a una duratura collaborazione che si è espressa, oltre che nelle interviste televisive, nei due libri-dialogo L’anima del mondo e Il piacere di pensare, protraendosi fino alla scomparsa di Hillman, del cui ultimo libro Silvia Ronchey ha curato nel 2021 la pubblicazione postuma, dal titolo L’ultima immagine, opera vincitrice l’anno successivo del Premio Viareggio sezione Saggistica.

SCELTA DI OPERE DI SILVIA RONCHEY – Silvia Ronchey ha scritto centinaia di articoli specialistici e numerosi libri. L’elenco completo delle sue pubblicazioni lo trovate qua. Se dovessimo scegliere alcuni dei suoi volumi, sceglieremmo i seguenti.

  • L’ultima immagine (2023) James Hillman con Silvia Ronchey – Questo libro postumo racchiude l’estremo pensiero di James Hillman. Non è solo la summa e l’ultimo approdo della riflessione sull’immagine, che fin dall’inizio sostanzia la sua idea di anima e tutta la sua psicologia. È anche il testamento, etico e politico, che uno dei massimi pensatori del Novecento ha voluto strenuamente concludere sul letto di morte, restando pensante sino alla soglia finale dell’intelletto, dell’introspezione, della biologia stessa
  • L’anima del mondo. Conversazione con Silvia Ronchey (2001) – A colloquio con James Hillman.
  • Ipazia (2011) – Con rigore filologico e storiografico e grande abilità narrativa, Silvia Ronchey ricostruisce in tutti i suoi aspetti l’avventura esistenziale e intellettuale di Ipazia, inserendola nella realtà culturale e sociale del mondo tardoantico, sullo sfondo del tumultuoso passaggio di consegne tra il paganesimo e il cristianesimo.
  • LA CHICCA: “Il seme del male”, la postfazione al romanzo di Robert Graves Sette giorni fra mille anni, romanzo distopico di un futuro in cui una società di stampo matriarcale. Di Robert Graves abbiamo parlato qua (al link trovi anche numerose recensioni).
  • Come detto, Silvia Ronchey ha scritto numerosissimi libri. Qui trovate tutta la sua produzione libraria recente.

L’intervista di SIlvia Ronchey a James Hillman: il nostro post con la bibliografia dei testi citati nel filmato e il link al video.

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Bibliografia di James Hillman

Bibliografia di James Hillman

La bibliografia di James Hillman è sterminata: avrebbe poco senso pubblicarla qua. Una buona bibliografia delle opere in italiano la trovate su Wikipedia, a questo indirizzo. Ci limitiamo qua a una scelta commentata di alcuni volumi. Se vuoi maggiori info su Hillman leggi questo post.

Il codice dell’anima. Carattere, Vocazione, Destino (1996) – Se volete andare alla scoperta dell’opera di Hilman, questo è il libro da cui inizare! Best seller internazionale in cui Hillman esplora il concetto di “daimon” e come la nostra vocazione e il nostro carattere siano inscritti nel nostro destino.

Puer Aeternus (1999) – Fra i lettori di Hillman si sentono spesso ricordare due scritti: il saggio sul tradimento e Senex e puer. Di fatto sarebbe difficile trovare una migliore via d’accesso al pensiero di Hillman. Nel primo caso perché in poche pagine egli ci offre un’analisi esemplare di una di quelle realtà condannate e deprecate che solo lo scandaglio psicologico riesce a illuminare dietro le grevi cortine della morale. Nel secondo perché la caratterizzazione del puer aeternus e quella parallela del senex hanno una tale precisione e capacità individuante da offrirsi come ausilio immediato per riconoscere nella nostra psiche i tratti dell’eterna fanciullezza e della saturnina vecchiaia. FORSE IL LIBRO PREFERITO DA ANDREAS! 

Anima. Anatomia di una nozione personificata (1985) – Hillman approfondisce il concetto di anima, esaminando come sia rappresentata e vissuta nella cultura e nella psiche umana. Un gioco di canto e controcanto: 439 estratti da Jung intorno all’Anima e una sequenza di testi con cui Hillman risponde a Jung, ampliando il pensiero e talvolta contrapponendosi ad esso.

L’ultima immagine (2023) con Silvia Ronchey – Questo libro postumo racchiude l’estremo pensiero di James Hillman. Non è solo la summa e l’ultimo approdo della riflessione sull’immagine, che fin dall’inizio sostanzia la sua idea di anima e tutta la sua psicologia. È anche il testamento, etico e politico, che uno dei massimi pensatori del Novecento ha voluto strenuamente concludere sul letto di morte, restando pensante sino alla soglia finale dell’intelletto, dell’introspezione, della biologia stessa

Re-visione della psicologia (1975) – In questo libro, Hillman sfida le concezioni tradizionali di psicologia e presenta la sua visione della psicologia archetipica. “Re-visione della psicologia” significa allora riconoscere che religione e psicologia crescono sullo stesso terreno (non può esserci psicologia senza religione) e che la psicologia occidentale – il cui carattere nordico-protestante-monoteistico minaccia la “sopravvivenza dell’anima” e conduce lontano dal politeismo greco-rinascimentale – dev’essere abbandonata movendo “verso sud”. La terapia non è un operare scientifico-razionale, ma “un lavoro che invoca gli Dei”»

Il mito dell’analisi: Tre saggi di psicologia archetipica (1972) – Questo libro raccoglie tre saggi che affrontano criticamente il processo analitico in psicologia. Si può dire che questo libro segni il più importante sviluppo della psicologia analitica dopo la morte di Jung. James Hillman vi ha messo in questione l’analisi stessa con una radicalità e una consequenzialità che sconvolgono e scalzano ogni possibile routine delle varie scolastiche (junghiane non meno che freudiane). Dopo che per decenni l’analisi ha preteso di sezionare il mito, qui per la prima volta ci si chiede: qual è il mito che sta dietro all’analisi e la determina nel profondo?

Il sogno e il mondo infero (1979) – Hillman esplora il significato dei sogni e la loro connessione con il mondo dell’inconscio. A che cosa somiglia il sogno? Fin dall’antica domanda di Aristotele, possiamo inquadrare il paesaggio onirico solo per analogie, paragoni, metafore. Oppure, come ci suggerisce James Hillman in questo percorso sconcertante e provocatorio, possiamo accedervi lasciandoci alle spalle ogni tentativo di razionalizzarlo e di tradurlo nel linguaggio diurno, come era avvenuto, seppure con metodi opposti, nel caso di Freud e di Jung. La soluzione, per Hillman, consiste invece nel tornare alla mitologia come a una vera e propria “psicologia dell’antichità” e a una lettura del sogno come dimensione del “mondo infero”, in quanto invisibilmente intrecciato a quello superno.

La forza del carattere. La vita che dura  (1999) – Questo libro affronta il concetto di carattere e esplora come possiamo svilupparlo per una vita significativa.. Non sempre è giusto cedere al fascinoso luogo comune secondo il quale chi muore giovane è caro agli dei, perché “così come il carattere guida l’invecchiamento, l’invecchiamento guida il carattere“. La senilità, quindi, non è un caso, né una dannazione, né l’abominio di una medicina moderna devota alla longevità, ma la condizione naturale e necessaria affinché si verifichino l’intensificazione e la messa a punto del nostro carattere, ossia della forma del nostro durare. Ma anche se il carattere sopravvive per immagini, invecchiare è una forma d’arte che ogni essere umano deve affrontare perché la vecchiaia si configuri come una “struttura estetica” che permetta di svolgere il ruolo archetipico di avo cui ogni anziano è chiamato.

Cent’anni di psicoanalisi. E il mondo va sempre peggio (1992) con Michael Ventura – In questo libro, Hillman e Ventura discutono le limitazioni della psicoterapia moderna e esplorano il rapporto tra terapia e società. Perché in cent’anni la psicoanalisi non è riuscita a curare il malessere dell’uomo, non ci ha reso più felici, non ha creato un mondo migliore? A oltre un secolo dalla nascita della terapia psicoanalitica, uno dei grandi filosofi e psicologi del Novecento e uno scrittore dialogano, interrogandosi sugli obiettivi raggiunti da questa disciplina e ne tracciano un bilancio.

Fuochi blu  (1989) – Questo libro è una raccolta di scritti di Hillman che coprono una vasta gamma di argomenti, dalla psicologia all’arte, alla politica.

Chi è James Hillman
La presentazione del video dell’intervista di Hilman con Silvia Ronchey, con la bibliografia ragionata.

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