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La mitologia del Medioevo: la nascita di Amor

La mitologia del Medioevo: la nascita di Amor

Care amiche, cari amici, vi segnaliamo questa conferenza sul valore archetipico di AMORE, tenuta da Andreas Barella, una delle tre Muse. Non mancate! 🙂

QUANDO: lunedì 26 ottobre 2020, 20:30
DOVE: Centro Culturale e Biblioteca La Filanda, Via Industria 5, Mendrisio. Vai al sito.
Iscrizioni: Non serve iscriversi. Conferenza pubblica e gratuita.

CONTENUTI: La felicità amorosa è uno dei sogni e dei motori psichici più energici della nostra società: le origini di questa concezione risalgono al medioevo e alla comparsa, nel mondo occidentale, di una nuova forma di amore, quello cantato dai poeti dell’”amor cortese” nelle corti di Francia e d’Italia e più tardi dai menestrelli che giravano l’Europa. Una visione dell’amore sconosciuta in tutte le altre mitologie del mondo. Venite a scoprire i dettagli di come il medioevo, in ambito amoroso, ci ha insegnato quasi tutto quello che reputiamo importante. Per farlo e per capire come questa forza riecheggia nelle nostre anime, scenderemo nell’Inferno dantesco per sentire cosa hanno da raccontarci Paolo e Francesca da Rimini, assisteremo alla tragedia di Tristano e Isotta, e infine cavalcheremo assieme a Parsifal alla ricerca del Santo Graal. Scarica la locandina.

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Recensione a Frammenti di Telegonia dell’Anonimo di Chio

Recensione a Frammenti di Telegonia dell’Anonimo di Chio

La recensione del volume Frammenti di Telegonia è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 6: Ulisse – Il viaggio della ragione.

Prima di leggere qui, se non l’hai ancora fatto, vai alla presentazione del volume Frammenti di Telegonia, che racconta la storia del figlio di Odisseo e della Maga Circe.

La pagina facebook MITOLOGIA IN PILLOLE (iscrivetevi, ne vale la pena!) ha recensito i Frammenti di Telegonia. Grazie mille a Ludovico Baù per questo scritto! 🙂

“Il più grande dispiacere per un amante della mitologia è immaginare i numerosi racconti perduti nel corso della storia, miti che non sono sopravvissuti all’inesorabile scorrere del tempo e giacciono nel dimenticatoio. Da ciò ne deriva che la gioia più grande viene dal ritrovamento di testi mitici pensati perduti per sempre, questo è ciò di cui oggi parlerò in questa sede.
La figura di Telegono, figlio di Odisseo e della Maga Circe, ci è nota attraverso il ricordo della Telegonia di Eugammone di Cirene (VI sec. a. C.) andata persa.
La tragica storia di questo eroe sarebbe rimasta nell’oblio se non fossero stati rinvenuti dei fascicoli ottocenteschi attribuiti a un “Anonimo di Chio” dove si racconta, attraverso il linguaggio epico, di Telegono e dei personaggi a lui strettamente collegati come l’amico Elato e la sacerdotessa delle Esperidi Talia.
Il testo che la casa editrice Ericlea propone è scritto in forma di frammenti i quali riprendono gli avvenimenti più importanti del mito di cui Telegono è protagonista. Non intendiamo soffermarci eccessivamente sulla trama poiché questa è la tipica storia che per essere apprezzata a pieno va scoperta, un riassunto diminuirebbe il piacere della lettura. Abbiamo deciso quindi di mettere in evidenza i topos del mito che sono: Il grande VIAGGIO attraverso le isole della Grecia, l’AMICIZIA come legame che non può essere sciolto da nessun male, la PAURA della morte che attanaglia ogni essere mortale e la RICERCA (non vi diciamo di cosa). Questo libro mi ha fatto provare le stesse sensazioni di quando, quasi per gioco, mi misi a leggere l’Odissea anni addietro: il testo è riuscito a riportarmi in un’ passato arcaico e magico dove uomini e dei camminavano sulla terra e condividevano piaceri e dolori, anche se per poco tempo quei piaceri e dolori li ho provati anche io. Vi è una tragicità unica in questa narrazione per quanto riguarda il panorama greco che ho ritrovato solo nell’antica epopea sumera di Gilgamesh. Ho molto apprezzato la lettura di “FRAMMENTI DI TELEGONIA” e spero che questa recensione faccia nascere in voi la curiosità di avventurarvi tra le sue pagine. Avere per le mani un racconto pensato perduto fino a poco tempo fa non è cosa da tutti i giorni e vi assicuro che suscita forti emozioni. Se deciderete di leggere il testo e vorrete condividere le vostre riflessioni, i ragionamenti e le impressioni nei commenti ne saremmo molto felici.” (
Copyright Ludovico Baù e pagina fb Mitologia in pillole). 

Il volume è acquistabile qui.
Il sito della Casa Editrice Ericlea.
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Telegono, il figlio di Odisseo e della Maga Circe

Telegono, il figlio di Odisseo e della Maga Circe

Frammenti di Telegonia, Andreas Barella, Anonimo di Chio, Casa Editrice EricleaLa presentazione del volume Frammenti di Telegonia è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 6: Ulisse – Il viaggio della ragione.

Care amiche, cari amici, a conclusione dei post su Odisseo, siamo molto felici di presentarvi il primo volume nella collana ANONIMO DI CHIO della Casa Editrice Ericlea, che parla proprio del figlio che Odisseo ha avuto assieme alla Maga Circe e che tanto spazio ha nella profezia sul futuro del re di Itaca, profezia pronunciata da Tiresia nell’Ade (vedi qui, se non ricordi l’episodio).

Lasciamo la parola al curatore della collana, il Dr. phil. I Andreas Barella, che ci presenta la genesi di questo progetto. Ringraziamo la Casa Editrice per il permesso di pubblicare l’estratto.

DALLA PREFAZIONE AL VOLUME: “Nella primavera di un paio di anni fa partii in vacanza con un amico. Si trattava di un viaggio di svago per ridonare linfa a un’amicizia da troppo tempo negletta. Ma era anche un viaggio di studio, di ricerca di immagini e atmosfere mitologiche. La meta era il Mar Egeo e le sue isole, soprattutto quelle orientali al confine con la Turchia. La scoperta dei quaderni all’origine di questo libretto è avvenuta grazie a un incontro fortuito sull’isola di Chio, la supposta terra natale di Omero. Una anziana signora ci ospitò nella sua casa dopo che eravamo stati colti dalla notte nell’entroterra durante una gita fra i monasteri che punteggiavano le colline. In gioventù la donna era emigrata in Inghilterra e parlava un po’ di inglese. Morto il marito era tornata sulla sua isola, nell’antica casa di famiglia dove ci ospitava con squisita gentilezza e generosità.

Ci mostrammo appassionati di mitologia. Colpita dal nostro amore per Omero ci narrò di un curioso personaggio di cui le parlava la nonna. Un viaggiatore, forse inglese forse prussiano, che sua nonna chiamava in turco Deli Amca, “il vecchio pazzo” e che proprio in quella casa aveva vissuto e dove, dopo lunghi incontri con anziani narratori dell’isola e della terraferma vicina, aveva riempito una serie impressionante di quaderni. Incuriositi le chiedemmo di cosa parlassero. Lei ci rispose che si trattava di storie che il vecchio raccontava la sera a sua nonna e a sua madre bambina, accompagnandole con la lira. Chiedemmo che fine avessero fatto quaderni e strumento e lei allargò le braccia, rispose che non sapeva se esistessero ancora. Da bambina ricordava di averli visti accantonati su vecchi scaffali in una piccola stanza abbandonata.

La mattina dopo andammo a cercarli. La camera del vecchio c’era ancora: nessuna traccia della lira ma il locale era pieno di quaderni di pessima qualità, ingialliti. Alcuni in buono stato, altri rovinati dall’umidità del contatto con i muri, altri si intravvedevano sotto un sottile strato di intonaco, utilizzati chissà quando e da chissà chi per isolare la parete meno esposta al sole, altri ancora erano stipati in due valige di pelle che dovemmo forzare in quanto le cerniere erano talmente arrugginite da impedire l’apertura. Anche se parziale, si trattava pur sempre di una scoperta straordinaria: 108 quaderni di 96 pagine ciascuno (82 in buone condizioni, 16 ricuperabili, 10 in stato pessimo) e il ricordo della nostra squisita ospite di almeno altrettanti fascicoli finiti chissà dove e che stiamo tentando di rintracciare.

Nei tomi scritti in esametri in greco antico, con ampi inserti in greco moderno e in turco, con note marginali in inglese, in tedesco e in francese, vergati con una calligrafia minuta e precisa, centinaia di episodi mitologici collegati uno all’altro da migliaia di rimandi numerici specifici (inseriti a margine nella forma: n° volume, n° pagina) ad altri episodi in una rete infinita di possibilità di narrazione.

Chi era questo Pseudo-Omero, Deli Amca, il vecchio pazzo o, come lo abbiamo chiamato in copertina, questo Anonimo di Chio? Per ora possiamo solo fare supposizioni. La nostra idea è che si trattasse di un erudito appassionato di mitologia che, forse a seguito della scoperta delle rovine di Troia e di Micene da parte di Heinrich Schliemann negli anni 70 del 1800, si fosse trasferito in Grecia e abbia appreso (da chi? dove?) a narrare oralmente le storie in seguito raccolte nei quaderni. Il vecchio si era forse ritirato a Chio per mettere in forma scritta i racconti uditi nel suo peregrinare. Filologi e mitologi stanno, con meraviglia, approfondendo lo studio dei fascicoli. Una versione critica vedrà verosimilmente la luce nei prossimi anni. I manoscritti sono a disposizione, presso la casa editrice, degli esperti interessati.

Non volevamo però attendere così a lungo per presentare queste storie. Quella che pubblichiamo nelle prossime pagine, senza nessuna velleità filologica, è una libera traduzione e arrangiamento di alcuni frammenti di una vicenda appassionante e che ha come protagonista Telegono, il “nato lontano da casa”, il figlio di Odisseo e della maga Circe. Le sue vicende sono pescate un po’ qua e un po’ là nei quaderni, distillate e senza rinvii ad altre storie. Nei manoscritti vi sono circa 200 rimandi che collegano la storia di Telegono a vicende note e meno note del corpus mitologico classico. A volte abbiamo dovuto scegliere una versione a scapito di una o due altre, in alcune occasioni le indichiamo alla fine del capitolo corrispondente; non sempre però, in modo da non appesantire la lettura. Si tratta, appunto, di frammenti. Come di frammenti si parla quando si cita la Telegonia di Eugammone di Cirene, composta nel sesto secolo avanti Cristo: che il nostro cantore abbia utilizzato la narrazione perduta di questa opera? Anche questo è un mistero che attende risposta.

Un’ultima considerazione: abbiamo deciso per una traduzione in prosa per rendere maggiormente accessibile il testo, cercando di mantenere il ritmo e lo stile poetico dei quaderni. Ci siamo imbattuti in diverse contraddizioni che lasciamo ai lettori individuare, come in una specie di caccia al tesoro: si tratta principalmente di differenze negli appellativi degli dèi e dei protagonisti, dovuti a fonti diverse che poi durante la narrazione orale venivano presumibilmente adeguati dal narratore, ma che nei quaderni presentano incongruenze anche notevoli. Un esempio è l’appellativo di Telegono, che viene chiamato “giovane” in episodi verso la fine delle sue avventure. Abbiamo però deciso di mantenere queste contraddizioni in quanto proprie del racconto orale. In futuro (maggiori dettagli nelle note tra i capitoli e alla fine del volume) presenteremo anche altri racconti e cicli narrativi contenuti in questo meraviglioso regalo che il Destino, o la Musa, ci ha voluto destinare.” (COPYRIGHT ©2019 CASA EDITRICE ERICLEA e ANDREAS BARELLA. Questo testo può essere utilizzato solo citando la fonte e l’autore.)

Il volume è acquistabile qui.
La recensione del volume di Ludovico Baù.
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Il mito di Orfeo e Euridice

Il mito di Orfeo e Euridice

Il racconto del mito di Orfeo e Euridice è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 6: Orfeo – La nascita della poesia

Orfeo, il più famoso poeta e musicista che la storia abbia mai avuto, non ha eguali tra uomini e dèi. È figlio del re Eagro e della musa Calliope. Il Dio Apollo un giorno gli dona una lira e le Muse gli insegnano a usarla. Diviene talmente abile che alla sua dolce musica il fragore dei torrenti cessa e l’acqua si dimentica di proseguire il cammino. Le selve inerti si muovono conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi vola, commuovendosi nell’ascoltare il dolce canto, perde le forze e cade. Le Driadi, uscendo dalle loro querce, si affrettano verso il cantore, e perfino le belve accorrono dalle loro tane al melodioso canto. Orfeo acquista una tale padronanza dello strumento che aggiunge due corde supplementari, portando a nove il loro numero per avere una melodia più soave.

Come prima grande impresa Orfeo partecipa alla spedizione degli Argonauti e quando la nave Argo giunge in prossimità dell’isola delle Sirene, è grazie a Orfeo e alla sua cetra che gli argonauti riescono a non cedere alle insidie nascoste nel canto. Durante la spedizione Orfeo dà innumerevoli prove della forza invincibile della sua arte, salvando la truppa in molte occasioni; con la lira e con il canto fa salpare la nave rimasta inchiodata nel porto di Jolco, dà coraggio ai naviganti esausti a Lemno, placa a Cizico l’ira di Rea, ferma le rocce semoventi alle Simplegadi, si fa amica Ecate, addormenta il drago che custodisce il Vello d’oro.

Ogni creatura ama Orfeo ed è incantata dalla sua musica e dalla sua poesia ma Orfeo ha occhi solo per una donna: Euridice, figlia di Nereo e di Doride che diviene sua sposa. Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, ama perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non sia corrisposto, continua a rivolgerle le sue attenzioni. La fanciulla per sfuggire alle sue insistenze si mette a correre ma ha la sfortuna di calpestare un serpente nascosto nell’erba che la morde, provocandone la morte istantanea. Orfeo, impazzito dal dolore e non riuscendo a concepire la propria vita senza la sua sposa, decide di scendere nell’Ade per cercare di strapparla dal regno dei morti. Lacerato dal dolore, scende allora nel mondo sotterraneo con la sua inseparabile lira per riportarla in vita. Raggiunto lo Stige, è dapprima fermato da Caronte. Orfeo, per oltrepassare il fiume, incanta il traghettatore con la sua musica. Sempre con la musica placa anche Cerbero, il cane a tre teste, guardiano dell’Ade. Una volta raggiunta la sala del trono degli Inferi, Orfeo incontra Ade e Persefone. Giunto al loro cospetto, Orfeo inizia a suonare e a cantare la sua disperazione e solitudine e le sue melodie sono così piene di dolore e di angoscia che gli stessi signori dell’Oltretomba si commuovono; le Erinni piangono; la ruota di Issione si ferma e i perfidi avvoltoi che divorano il fegato di Tizio non hanno il coraggio di continuare nel loro macabro compito; Sisifo si può fermare per un po’ a riposare sul sasso che continua a spingere su per la collina. Anche Tantalo dimentica la sua sete. Per la prima volta nell’oltretomba si conosce la pietà. È così che viene concesso a Orfeo di ricondurre Euridice nel regno dei vivi a condizione che durante il viaggio verso la terra la preceda e non si volti a guardarla fino a quando non siano giunti alla luce del sole.

Insieme ad Ermes (che deve controllare che Orfeo non si volti), si incamminano e iniziano la salita. Euridice, non sapendo del patto, continua a chiamare in modo malinconico Orfeo, pensa che lui non la guardi perché è brutta, ma lui, con grande dolore, deve continuare imperterrito senza voltarsi. Appena vede un po’ di luce, Orfeo, capisce di essere uscito dagli Inferi e si volta. Euridice però ha accusato un dolore alla caviglia morsa dal serpente e si è attardata… Orfeo ha trasgredito la condizione posta da Ade. Solo ora Euridice capisce e, all’amato, sussurra parole drammatiche e struggenti: «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi». Si danno poi la mano, consapevoli che quella sarà l’ultima volta. Ermes con volto triste ed espressione compassionevole trattiene Euridice per una mano, perché ha promesso ad Ade di controllare ed è ciò che deve fare. Orfeo vede scomparire Euridice e si dispera, perché sa che non la vedrà mai più.

Orfeo per sette giorni cerca di convincere Caronte a condurlo nuovamente alla presenza del signore del regno sotterraneo, ma questi per tutta risposta lo ricaccia alla luce della vita. Orfeo si rifugia allora sul monte Rodope, in Tracia trascorrendo il tempo in solitudine e nella disperazione. Unica sua consolazione è la lira; suona e suona e suona. Gli alberi, i sassi e i fiumi lo ascoltano deliziati. Decide allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Un gruppo di Menadi ubriache lo invita a partecipare a un’orgia dionisiaca. Per tener fede a ciò che ha detto, rinuncia. Le Menadi, infuriate, lo uccidono, lo fanno a pezzi e gettano la sua testa nel fiume Ebro, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo prodigio, prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione. La testa scende fino al mare e da qui alle rive di Metimna, presso l’isola di Lesbo, dove Febo Apollo la protegge da un serpente che le si è avventato contro.

Secondo altre versioni, i resti del cantore sarebbero stati seppelliti dalle impietosite Muse nella città di Libetra. Le Muse recuperano le membra di Orfeo e le seppelliscono ai piedi del monte Olimpo e ancor oggi, in quel luogo, il canto degli usignoli è più soave che in qualunque altra parte della terra.

La versione del mito di Orfeo ed Euridice è tratta da Orfeo e Euridice di Andreas Barella, edito dalla Casa Editrice Ericlea (per gentile concessione della casa editrice). Vai al sito della Ericlea per una ricca presentazione del volume.

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Recensione: Orfeo – La nascita della poesia

Recensione: Orfeo – La nascita della poesia

Dal risvolto di copertina: “Orfeo il poeta, Orfeo il musico, che per amore della moglie Euridice – morta  per il morso di un serpente – riuscì a scendere al regno degli Inferi, precluso ai viventi, commuovendo con il suo canto i cupi Plutone e Proserpina, sovrani di Ade, e ottenendo di riportarla al mondo dei vivi. E poi, quel gesto, forse per il desiderio irrefrenabile di vederla: Orfeo si voltò prima del ritorno alla luce, violando la condizione sancita dagli dèi, e in un attimo Euridice spari per sempre. Così il canto di Orfeo, il primo dei poeti, i cui versi commuovevano animali, piante, alberi e rocce, ci racconta un amore profondo, quel sentimento che proprio come questo mitico personaggio è destinato a non morire mai, tanto da arrivare alla modernità nei versi di Whitman, di RIlke, di Dino Campana che non esita a dedicare il suo capolavoro Canti orfici proprio a colui che della poesia seppe fare consolazione per un’assenza che mai si sarebbe colmata.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “Perché Orfeo si voltò? Questo è il mistero della sua storia; si potrebbe dire che chiunque, anziché guardare verso la luce che brilla dinanzi, si volga alle tenebre che ha dietro le spalle, finisce inesorabilmente per essere risucchiato dall’abisso.”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura, pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Orfeo è curato da Roberto Mussapi, poeta e drammaturgo. I suoi ultimi lavori.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Orfeo tratto da Orfeo e Euridice di Andreas Barella
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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