Qualche giorno fa (il 9 novembre 2020) la Rete Due della radio svizzera italiana ha (ri)mandato in onda due puntate di “Laser” a cura di Michela Daghini con al centro Eva Cantarella. Ve le segnaliamo, val la pena ascoltarle!
Eva Cantarella è la più autorevole antichista italiana. Attraverso i suoi saggi, le lezioni, le conferenze, coinvolge chi la segue raccontando il mondo classico con sguardo moderno e appassionante. Il suo stile è tanto avvincente che conquista pubblico di tutte le età, a partire dai liceali che studiano sui suoi manuali. Eva Cantarella si è laureata in Giurisprudenza nel 1960 all’Università di Milano. Ha compiuto la formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all’Università di Berkeley e in Germania all’Università di Heidelberg. Ha svolto attività didattica e di ricerca per anni anche alla New York University, ed è stata professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, dove ha insegnato anche Diritto greco. Ha pubblicato numerosi saggi sul diritto e su aspetti sociali del mondo greco e romano. Da poco vedova di Guido Martinotti – rinomato maestro della sociologia urbana, scomparso improvvisamente a Parigi nel dicembre scorso – Eva Cantarella vive a Milano, dove studia e lavora. Nel tempo libero si interessa di teatro, di cinema, di politica, di società. Ha due amati gatti che porta sempre con sé. Abbiamo incontrato la studiosa a Milano per questo doppio Laser.
Cari amiche e amici delle Muse, il nostro Andrea Della Neve è in tournee con il bellissimo e interessantissimo spettacolo POP ECONOMIX LIVE SHOW! Questa settimana andrà in scena… virtualmente. Leggete il suo messaggio e PARTECIPATE NUMEROSI ONLINE!
Il prossimo 4 dicembre “Pop Economix Live Show” avrebbe dovuto andare in scena a Friborgo, ospite del festival “Hasard”, organizzato dagli artisti di Xocolat. Gli stessi eroici organizzatori non si sono arresi alla pandemia, trasformando il festival in un originale progetto in live streaming.
“Originale?” vi direte, “di questi tempi moltissime arti performative vengono dirottate sullo streaming“.
Già. La differenza è che questi pazzi si sono inventati una modalità che permetterà al pubblico di interagire in maniere diverse a dipendenza degli spettacoli a cui si vorrà assistere!
Per accedere agli spettacoli, lo spettatore dovrà prenotare un posto registrandosi su
Sarete invitati a fare una donazione, come “cappello virtuale”, e di seguito riceverete un link privato che vi permetterà di assistere allo spettacolo o agli spettacoli scelti. Prima di ogni spettacolo, un accomodatore accoglierà il pubblico e lo guiderà attraverso le procedure tecniche dello spettacolo, le possibilità di scambio tra il pubblico connesso e la maniera migliore per godere della performance.
Mi dilungo un attimo perché il tema del “teatro in streaming” è spinoso, ci sta a cuore e…con quelle spine ce lo fa pure sanguinare il cuore. Va da sé che il teatro è un’arte di carne, ossa, pelle, sudore, anima: va vissuta dal vivo. Va anche da sé che questi sono tempi straordinari.
La sperimentazione artistica del progetto Pop Economix è quella di far confluire tanti linguaggi diversi: insieme al teatro e ai 3 spettacoli su economia, ecologia ed etica, abbiamo creato due fumetti, un blog, un magazine, un podcast e una app legata all’economia circolare. Ora sperimentiamo il live streaming, consapevoli che da un lato riduciamo l’impatto emotivo che gli spettacoli possono avere, dall’altro creiamo un’occasione particolare di arrivare anche a un pubblico che di solito non frequenta i teatri, portando il nostro messaggio al maggior numero di persone possibili.
Crediamo che il teatro può anche essere UTILE, utile a costruire delle visioni per il futuro, utile per capire dei temi della contemporaneità che sempre più si stanno facendo stringenti, importanti, e che faranno la differenza nei prossimi vent’anni.
Per essere utili è necessario mettersi in dialogo, per questo vi invito ad agendarvi gli spettacoli che preferite di questo eroico festival (chiamato “Hasard” in tempi non sospetti!!) e riservare presto quel che desiderate: per mantenere la componente interattiva, ci sarà un massimo di 100 spettatori a spettacolo.
Credo che il nostro Pop Economix Live Show possa essere una bella esperienza per chi lo ha già visto dal vivo e ha potuto saggiarne la densità dei contenuti; il live streaming permetterà di approfondire e riscoprire dei concetti che avevano solo sfiorato;
per chi non lo ha mai visto, chiedo di viverlo come se fosse un “trailer” di quel che può essere dal vivo: guardatelo, promuovetelo nelle vostre comunità, nelle vostre aziende, nelle vostre scuole. Con il vostro aiuto, il nuovo anno saprà soddisfare il desiderio e l’urgenza di riportare questi messaggi occhi negli occhi alle persone.
Valentina Casadei ha uno spirito artistico, basta scorrere il suo curriculum vitae per rendersene conto: laureata al DAMS di Bologna in storia del cinema, si specializza all’Eicar di Parigi con un Master in sceneggiatura e regia. Le piace raccontare storie, e le piace farlo con le immagini dei suoi cortometraggi e anche con le parole di questa sua terza raccolta di poesie. Il volume contiene 27 poesie e un lungo racconto poetico intitolato “Tu e io”.
Uno più uno fa uno non è una raccolta poetica che vi lascerà con il sorriso sulle labbra e lo spirito leggero e felice: è un libro che parla di sofferenza, di “foglie che toccano il suolo”, della “stereofonia dei miei lamenti / Piange come bestie / E nutre la mia terra, / I miei ceppi isterici” e dove i pensieri d’amore sono fabbricati “Per l’uomo che ancora doveva arrivare / Era una lunga raccolta archiviata da tempo”. Insomma il futuro è incerto e il passato archiviato… e quello che mi sono chiesto io è: e il presente? Qual è il presente? Qual è l’atteggiamento nei confronti del qui e ora dell’Autrice di queste poesie? Una risposta sembra contenuta nel lungo componimento poetico che occupa la seconda parte del volume e che parla, come suggerisce il titolo (“Tu e io”), di una coppia: lei postina, lui bancario. La protagonista è la voce femminile che tramite le parole dà l’impressione di cercare di rimanere a galla sopra una realtà e una visione che definirei depressiva della sua vita attuale. La storia d’amore è ancora da capire, la relazione con il “tu” del titolo è ancora in nuce e affonda nei mille dubbi della non conoscenza reciproca. La coppia abita assieme ma non si conosce ancora e la voce femminile ha difficoltà a uscire dal proprio guscio e a comprendere e manifestare le proprie emozioni, il proprio amore. L’emozione che prevale, nella mia lettura, è quella dell’ansia, un ansia paralizzante e devastante che sovrasta lo sviluppo della relazione come una nuvola nera temporalesca. Per tutta la lettura, appassionante, del componimento, mi aspettavo che il temporale arrivasse, che qualcosa accadesse, che l’ansia evolvesse in qualcosa di diverso. “Tu e io”, invece si concentra sullo stallo, sul periodo buio e lo fa con perizia: leggendo ho sentito vicinanza con la sofferenza e l’incomprensione che traspare dalle parole della poetessa originaria di Ravenna. Alla fine, il messaggio di speranza, il tentativo di sbloccare una relazione inceppata, non riesce a sollevare del tutto il lettore… la nuvola nera è ancora lì e continua a girare sopra alle teste. L’impressione è che il testo sia stato scritto come una sorta di analisi personale per comprendere dubbi e paure della protagonista: la comprensione tra due persone è possibile? La personalità e le esigenze saranno ascoltate e comprese? Sarò emotivamente al sicuro se aprirò il mio cuore a questo sconosciuto? Una catarsi è possibile?
Insomma, un libro di ricerca personale, e che mi auguro parli di un tempo passato. Il mio auspicio è che raccogliere questi quadri di momenti intensi e drammatici serva a Valentina Casadei a comprendersi meglio e ad affrontare la vita, amorosa e non, con più frecce al suo arco emotivo. Una lettura terapeuticamente interessante, una voce artistica che vale la pena tenere d’occhio perché siamo sicuri avrà ancora molte cose interessanti da raccontare. (Andreas Barella)
Care amiche, cari amici, a conclusione dei post su Circe, siamo molto felici di presentarvi il primo volume nella collana ANONIMO DI CHIO della Casa Editrice Ericlea, che parla proprio del figlio che la Maga Circe ha avuto assieme a Odisseo, che tanto spazio ha nella profezia sul futuro del re di Itaca, profezia pronunciata da Tiresia nell’Ade (vedi qui, se non ricordi l’episodio).
Lasciamo la parola al curatore della collana, il Dr. phil. I Andreas Barella, che ci presenta la genesi di questo progetto. Ringraziamo la Casa Editrice per il permesso di pubblicare l’estratto.
DALLA PREFAZIONE AL VOLUME: “Nella primavera di un paio di anni fa partii in vacanza con un amico. Si trattava di un viaggio di svago per ridonare linfa a un’amicizia da troppo tempo negletta. Ma era anche un viaggio di studio, di ricerca di immagini e atmosfere mitologiche. La meta era il Mar Egeo e le sue isole, soprattutto quelle orientali al confine con la Turchia. La scoperta dei quaderni all’origine di questo libretto è avvenuta grazie a un incontro fortuito sull’isola di Chio, la supposta terra natale di Omero. Una anziana signora ci ospitò nella sua casa dopo che eravamo stati colti dalla notte nell’entroterra durante una gita fra i monasteri che punteggiavano le colline. In gioventù la donna era emigrata in Inghilterra e parlava un po’ di inglese. Morto il marito era tornata sulla sua isola, nell’antica casa di famiglia dove ci ospitava con squisita gentilezza e generosità.
Ci mostrammo appassionati di mitologia. Colpita dal nostro amore per Omero ci narrò di un curioso personaggio di cui le parlava la nonna. Un viaggiatore, forse inglese forse prussiano, che sua nonna chiamava in turco Deli Amca, “il vecchio pazzo” e che proprio in quella casa aveva vissuto e dove, dopo lunghi incontri con anziani narratori dell’isola e della terraferma vicina, aveva riempito una serie impressionante di quaderni. Incuriositi le chiedemmo di cosa parlassero. Lei ci rispose che si trattava di storie che il vecchio raccontava la sera a sua nonna e a sua madre bambina, accompagnandole con la lira. Chiedemmo che fine avessero fatto quaderni e strumento e lei allargò le braccia, rispose che non sapeva se esistessero ancora. Da bambina ricordava di averli visti accantonati su vecchi scaffali in una piccola stanza abbandonata.
La mattina dopo andammo a cercarli. La camera del vecchio c’era ancora: nessuna traccia della lira ma il locale era pieno di quaderni di pessima qualità, ingialliti. Alcuni in buono stato, altri rovinati dall’umidità del contatto con i muri, altri si intravvedevano sotto un sottile strato di intonaco, utilizzati chissà quando e da chissà chi per isolare la parete meno esposta al sole, altri ancora erano stipati in due valige di pelle che dovemmo forzare in quanto le cerniere erano talmente arrugginite da impedire l’apertura. Anche se parziale, si trattava pur sempre di una scoperta straordinaria: 108 quaderni di 96 pagine ciascuno (82 in buone condizioni, 16 ricuperabili, 10 in stato pessimo) e il ricordo della nostra squisita ospite di almeno altrettanti fascicoli finiti chissà dove e che stiamo tentando di rintracciare.
Nei tomi scritti in esametri in greco antico, con ampi inserti in greco moderno e in turco, con note marginali in inglese, in tedesco e in francese, vergati con una calligrafia minuta e precisa, centinaia di episodi mitologici collegati uno all’altro da migliaia di rimandi numerici specifici (inseriti a margine nella forma: n° volume, n° pagina) ad altri episodi in una rete infinita di possibilità di narrazione.
Chi era questo Pseudo-Omero, Deli Amca, il vecchio pazzo o, come lo abbiamo chiamato in copertina, questo Anonimo di Chio? Per ora possiamo solo fare supposizioni. La nostra idea è che si trattasse di un erudito appassionato di mitologia che, forse a seguito della scoperta delle rovine di Troia e di Micene da parte di Heinrich Schliemann negli anni 70 del 1800, si fosse trasferito in Grecia e abbia appreso (da chi? dove?) a narrare oralmente le storie in seguito raccolte nei quaderni. Il vecchio si era forse ritirato a Chio per mettere in forma scritta i racconti uditi nel suo peregrinare. Filologi e mitologi stanno, con meraviglia, approfondendo lo studio dei fascicoli. Una versione critica vedrà verosimilmente la luce nei prossimi anni. I manoscritti sono a disposizione, presso la casa editrice, degli esperti interessati.
Non volevamo però attendere così a lungo per presentare queste storie. Quella che pubblichiamo nelle prossime pagine, senza nessuna velleità filologica, è una libera traduzione e arrangiamento di alcuni frammenti di una vicenda appassionante e che ha come protagonista Telegono, il “nato lontano da casa”, il figlio di Odisseo e della maga Circe. Le sue vicende sono pescate un po’ qua e un po’ là nei quaderni, distillate e senza rinvii ad altre storie. Nei manoscritti vi sono circa 200 rimandi che collegano la storia di Telegono a vicende note e meno note del corpus mitologico classico. A volte abbiamo dovuto scegliere una versione a scapito di una o due altre, in alcune occasioni le indichiamo alla fine del capitolo corrispondente; non sempre però, in modo da non appesantire la lettura. Si tratta, appunto, di frammenti. Come di frammenti si parla quando si cita la Telegonia di Eugammone di Cirene, composta nel sesto secolo avanti Cristo: che il nostro cantore abbia utilizzato la narrazione perduta di questa opera? Anche questo è un mistero che attende risposta.
Il racconto del mito di Circe è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 14: Circe – La seduzione e la magia.
Con l’unica nave rimasta Odisseo si diresse verso est e dopo un lungo viaggio raggiunse Eea, l’isola dell’alba, dove regnava la dea Circe figlia di Elio e di Persa e dunque sorella di Eete, il feroce re della Colchide. Circe era maga esperta in ogni sorta di incantesimi, ma nemica del genere umano. Quando si estrasse a sorte chi dovesse rimanere di guardia sulla nave e chi dovesse scendere a terra, toccò a Euriloco di esplorare l’isola con altri ventidue compagni. L’isola era ricca di querce e di altri alberi d’alto fusto e dopo aver vagato tra i boschi gli uomini giunsero infine al palazzo di Circe che sorgeva in un’ampia radura al centro dell’isola. Lupi e leoni erravano lì attorno, ma anziché assalire Euriloco e i suoi compagni, affettuosamente li lambirono con la lingua, ritti sulle gambe posteriori. Li si sarebbe detti esseri umani e tali erano infatti, trasformati in bestie dagl’incantesimi di Circe.
Circe sedeva nella sala del palazzo e cantava, intenta al suo telaio. Quando udì il richiamo di Euriloco, si affacciò sulla soglia e con un sorriso invitò tutti a cenare alla sua tavola. Gli uomini accettarono con piacere, e il solo Euriloco, insospettito, indugiò all’esterno, spiando dalle finestre. La dea posò sulla mensa formaggio, orzo, miele e vino; ma i cibi contenevano tarmaci maligni e non appena i marinai ebbero mangiato i primi bocconi la dea li percosse con una verga e li trasformò in maiali. Con maligno sorriso li spinse allora nel porcile, gettò loro una manciata di ghiande e di corniole e li lasciò, richiudendo la porta.
Euriloco ritornò alla nave piangendo e narrò ogni cosa a Odisseo che sguainò la spada e partì per recare aiuto agli sventurati compagni, pur non avendo stabilito un piano ben chiaro nella sua testa. Con grande sorpresa incontrò il dio Hermes che lo salutò cortesemente e gli offrì un talismano per rendere inefficaci gl’incantesimi di Circe: un bianco fiore profumato e dalla nera radice, chiamato moli, che gli dei soltanto possono riconoscere e raccogliere. Odisseo accettò grato il dono e, proseguendo il cammino, fu infine accolto da Circe. Quando egli ebbe mangiato il cibo affatturato, la maga gli batté la verga sulla spalla e gli ordinò: «Vai dunque a raggiungere i tuoi compagni!» Ma poiché in segreto aveva fiutato il magico fiore. Odisseo non subì la metamorfosi e subito balzò in piedi sguainando la spada. Circe cadde ai suoi piedi piangendo. «Risparmiami», gridò, «e dividerai il mio letto e regnerai sull’isola al mio fianco». Ben sapendo che le maghe possono indebolire e a poco a poco uccidere i loro amanti, Odisseo volle che Circe giurasse solennemente di non tramare nuovi inganni. Circe giurò su tutti gli dei e dopo aver preparato per Ulisse un bagno tiepido, offertogli vino in coppe dorate e una cena squisita, si preparò a trascorrere con lui la notte in un letto dalle coltri purpuree. Tuttavia Odisseo si rifiutò di accettare le sue amorose carezze finché ella non avesse liberato i suoi compagni e tutti gli altri marinai tramutati in belve prima di loro. Quando ciò fu fatto, ben volentieri Odisseo rimase in Eea finché Circe gli ebbe partorito tre figli, Agrio, Latino e Telegono.
Venne il giorno in cui Odisseo chiese di ripartire e Circe gli concesse di lasciarla. Prima però doveva scendere nel Tartaro e interrogare Tiresia il veggente che avrebbe profetizzato ciò che lo attendeva in Itaca, se mai vi fosse giunto, e negli anni seguenti. «Lascia che il Vento del Nord gonfi le tue vele», disse Circe, «finché giungerai al fiume Oceano e al sacro bosco di Persefone, denso di bianchi pioppi e di antichi salici. Là dove il Flegetonte e il Cocito confluiscono nell’Acheronte, scava una fossa e sacrifica un giovane ariete e una pecora nera (che io stessa ti fornirò) a Ade e a Persefone. Lascia che il sangue scorra nella fossa e mentre attendi l’arrivo di Tiresia tieni lontane con la tua spada tutte le altre ombre. Al solo Tiresia permetterai di bere quanto voglia e ascolterai con attenzione i suoi consigli».
Odisseo costrinse i suoi uomini a imbarcarsi, poiché a malincuore essi lasciavano l’isola di Eea per recarsi nella terra di Ade. Circe fece spirare un vento favorevole che li spinse verso il fiume Oceano e gli sperduti limiti del mondo dove i Cimmeri avvolti nella nebbia, cittadini del Perpetuo Crepuscolo, vivono senza godere della luce del sole. Quando avvistarono il bosco di Persefone, Odisseo sbarcò e fece esattamente ciò che Circe gli aveva consigliato di fare. La prima ombra ad apparire sui limite della fossa fu quella di Elpenore, uno dei marinai di Odisseo che pochi giorni prima, addormentatosi ubriaco sul tetto del palazzo di Circe, ne era rotolato giù e si era ucciso; Odisseo che, lasciata Eea in gran fretta s’era accorto troppo tardi dell’assenza di Elpenore, gli promise ora solenni esequie. «Se penso che tu sei giunto qui a piedi più rapidamente di noi con la nave!» esclamò. Ma non permise che Elpenore bevesse un solo sorso di sangue, sordo alle sue imploranti suppliche.
Una frotta d’ombre si riunì frattanto attorno alla fossa, uomini e donne d’ogni età, compresa la madre di Odisseo, Anticlea. Ma egli non volle che alcuno bevesse prima di Tiresia. E Tiresia infine apparve, bevve avidamente il sangue e ammonì Odisseo a tenere sotto stretto controllo i suoi uomini non appena avessero
avvistato la Sicilia, perché non fossero tentati di rubare la mandria del Titano solare Iperione. In Itaca, poi, egli doveva attendersi ogni sorta di guai, e benché potesse sperare di vendicarsi dei mascalzoni che stavano dilapidando i suoi beni nell’isola natia, i suoi viaggi non sarebbero finiti. Doveva prendere un remo e caricarselo su una spalla e camminare nell’entroterra finché raggiungesse una regione dove gli uomini non mangiavano carne salata e ignoravano le cose del mare tanto da scambiare il remo per un ventilabro. Sacrificando allora a Posidone, avrebbe potuto ritornare a Itaca e vivere sereno fino a tarda età. Ma la morte gli sarebbe giunta dal mare.
Ringraziato Tiresia e promessogli il sangue di un’altra pecora nera al suo ritorno in patria, Odisseo permise a sua madre di placare la sete. Essa gli diede notizie di Itaca ma tacque discretamente sul conto dei pretendenti di Penelope. Quando infine si congedò, le ombre di molte regine e principesse si strinsero attorno alla fossa per lambire il sangue. Odisseo fu onorato di conoscere personaggi famosi come Antiope, Giocasta, Doride, Pero, Leda, Ifimedea, Fedra, Procri, Arianna, Mera, Climene ed Erifile.
Si intrattenne poi con un gruppo di vecchi compagni: Agamennone, che gli consigliò di sbarcare a Itaca in segreto; Achille, che si rallegrò all’udire notizie delle imprese di Nettolemo, e il Grande Aiace, che ancora gli serbava rancore e si allontanò cupo in volto. Odisseo vide inoltre Minosse che giudicava le ombre, Orione intento a cacciare, Tantalo e Sisifo torturati ed Eracle (o meglio l’ombra di Eracle, poiché Eracle stesso banchettava tra gli dei immortali) che lo commiserò per le sue fatiche, paragonandole alle proprie.8
Odisseo ritornò dunque a Eea, dove diede sepoltura al corpo di Elpenore e piantò un remo sul tumulo in suo ricordo. Circe lo accolse sorridendo: «Quale ardire hai mostrato visitando la terra di Ade!» disse. «Una sola morte spetta alla maggior parte degli uomini, ma tu ora ne avrai due!» Lo avverti poi che sarebbe passato presso l’Isola delle Sirene, le cui belle voci incantano i marinai. Codeste figlie di Acheloo o di Forci e della Musa Tersicore o Sterope, figlia di Portaone, avevano volti di fanciulle ma zampe e piume d’uccello, e a proposito di questa loro caratteristica si raccontano varie storie: a esempio, che esse stavano giocando con Core quando Ade la rapì e che Demetra, irata perché non erano accorse in aiuto di sua figlia, fece spuntare penne sui loro corpi e ordinò: «Andate a cercare Core in tutto il mondo!» Oppure che Afrodite le trasformò in uccelli perché orgogliosamente rifiutavano di sacrificare la loro verginità a dei o a uomini mortali. Non avevano più la possibilità di volare dal giorno in cui le Muse le avevano sconfitte in una gara di canto, strappando poi loro le ali per farsene delle corone. Ora sedevano cantando in un prato, tra le ossa sbiancate dei marinai che avevano trascinato alla morte. «Tura con cera le orecchie dei tuoi uomini», consigliò Circe a Odisseo, «e se davvero sei curioso di udire i canti delle Sirene fatti legare dai marinai all’albero maestro e inducili a giurare di non scioglierti, per quanto tu li supplichi o li minacci». Quando Odisseo si congedò da lei, Circe lo mise in guardia contro altri pericoli che lo attendevano e infine egli salpò, di nuovo favorito dal vento.
ll mito di Circe, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves.
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