Il racconto del mito di Poseidone è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 22: Poseidone – La forza del profondo.
Quando Zeus, Poseidone e Ade, dopo aver deposto il padre loro Crono, estrassero a sorte delle tessere da un elmo per stabilire chi dovesse essere signore del cielo, del mare e dell’oscuro oltretomba, mentre la terra sarebbe stata dominio di tutti, a Zeus toccò il cielo, ad Ade l’oltretomba e a Poseidone il mare. Poseidone, che è pari a suo fratello Zeus per dignità, se non per potere, e ha un carattere cupo e litigioso, subito si accinse a costruire un palazzo subacqueo al largo di Egea, in Eubea. Nelle sue stalle spaziose albergano bianchi cavalli con zoccoli di bronzo e criniere d’oro, e un aureo cocchio al cui apparire subito cessano le tempeste, mentre mostri marini emergono dalle onde e gli fanno da scorta.
Poiché gli occorreva una moglie che si trovasse a suo agio negli abissi marini, Poseidone corteggiò Teti la Nereide; ma quando seppe che, secondo una profezia, il figlio nato da lei sarebbe stato più famoso di suo padre, rinunciò a sposarla e lasciò che si unisse a un mortale chiamato Peleo. Posò poi gli occhi su Anfitrite, un’altra Nereide, che sdegnò le sue proposte e si rifugiò sul monte Atlante; ma Poseidone le inviò messaggeri, e tra questi un certo Delfino, che perorò la causa di Poseidone con tanta efficacia da indurre Anfitrite al consenso. Subito si fecero i preparativi per le nozze e Poseidone, grato a Delfino, ne immortalò l’immagine tra le stelle del firmamento. Anfitrite diede a Poseidone tre figli: Tritone, Roda e Bentesicima; ma come già era accaduto a Era per colpa di Zeus, Poseidone fece molto soffrire la moglie intrecciando amori con dee, ninfe e donne mortali. Anfitrite si ingelosì soprattutto di Scilla, figlia di Forcide, e gettando erbe magiche nella fontana dove la fanciulla si bagnava, la trasformò in un latrante mostro dalle sei teste e dodici zampe.
Poseidone si mostrò sempre avido di assicurarsi regni sulla terra, e un giorno avanzò pretese sull’Attica scagliando il suo tridente nell’acropoli di Atene, dove subito si aprì un pozzo d’acqua marina che ancora si vede: quando soffia il vento del sud si può sentire il remoto fragore della risacca. In seguito, durante il regno di Cecrope, Atena prese possesso dell’Attica in modo più gentile, piantando un olivo accanto al pozzo. Poseidone, furibondo, la sfidò a duello, e Atena avrebbe accettato se Zeus non si fosse interposto nella disputa ordinando che i due dèi si rimettessero al suo giudizio. Poseidone e Atena si presentarono dunque al tribunale divino, composto da tutte le divinità olimpiche, che invitarono Cecrope a deporre come testimone. Zeus non espresse il proprio parere, ma mentre tutti gli dèi appoggiavano le pretese di Poseidone, tutte le dee si schierarono dalla parte di Atena. E così, per un voto di maggioranza, Atena ottenne di governare sull’Attica, poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore. Poseidone, furibondo, allagò con onde immense la pianura triasia, dove sorgeva Atene, la città di Atena, e la dea si trasferì allora alla futura Atene; chiamò così anche questa dal suo nome. Per placare l’ira di Poseidone, le donne ateniesi rinunciarono al diritto di voto e fu proibito agli uomini di portare il nome delle loro madri, come era stata usanza fino a quel tempo.
Poseidone contese ad Atena anche il possesso di Trezene, e in tale occasione Zeus impose che la città fosse divisa equamente tra i due, ma né l’uno né l’altra ne furono soddisfatti. In seguito, Poseidone cercò invano di strappare Egina a Zeus e Nasso a Dioniso; e quando vantò pretese su Corinto, la città di Elio, ottenne soltanto l’Istmo, mentre Elio fu ricompensato con l’acropoli della città. Esasperato, tentò di impossessarsi dell’Argolide, dominio di Era, ed era di nuovo pronto a battersi, rifiutando di comparire dinanzi al concilio degli olimpi che, diceva, gli erano tutti ostili. Zeus allora affidò il giudizio agli dèi-fiumi Inaco, Cefiso e Asterione, che si dichiararono in favore di Era. Poiché gli era stato proibito di vendicarsi con un’inondazione, Poseidone fece esattamente il contrario: disseccò i fiumi degli dèi che l’avevano giudicato, tanto che durante l’estate essi non scorrono più nel loro letto. Per amore di Amimene, una delle Danaidi che più ebbero a soffrire per quella siccità, concesse tuttavia che il fiume Lerna scorresse in perpetuo.
Poseidone si vanta di aver creato il cavallo, benché, come taluni sostengono, quando egli era ancora in fasce, Rea avesse già dato in pasto a Crono uno di questi animali; e di aver inventato le briglie, benché questa invenzione sia da attribuirsi ad Atena; ma nessuno può negargli il merito di aver istituito le corse con i cocchi. È certo che i cavalli sono sacri a Poseidone, forse per via di quel che accadde quand’egli, spinto dall’amore, inseguì Demetra che cercava disperatamente sua figlia Persefone. Si narra che Demetra, stanca e scoraggiata dopo tanto errare, non volendo unirsi con un dio o con un titano, si trasformò in giumenta e cominciò a pascolare tra gli armenti di un certo Onco, figlio di un figlio di Apollo, che regnava a Onceo in Arcadia. Essa non riuscì, tuttavia, a trarre in inganno Poseidone, che si trasformò a sua volta in stallone e la coprì, e da quella orrenda unione nacquero la ninfa Despena e il cavallo Arione. Il furore di Demetra fu tale che in Arcadia ancora la si onora come “Demetra la Furia”.
ll mito di Poseidone, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves.
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