Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare
Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Il mito di Eracle (Parte 5 di 11): Esione, figlia di Laomedonte
Non molto tempo dopo il suo ritorno, Eracle raccolse un esercito di Tirinzì e di Arcadi e, con l’appoggio di volontari appartenenti alle più nobili famiglie greche, si preparò a far guerra ad Augia, re dell’Elide, contro il quale nutriva un sordo rancore per via della quinta Fatica. Augia, prevedendo questo attacco, si era preparato a sostenerlo nominando suoi generali Eurito e Cteato, figli di suo fratello Attore e di Molione o Moline, figlia di Molo, e chiamando al suo fianco per governare sull’Elide il valoroso Amarinceo, che di solito viene descritto come figlio dell’immigrato tessalo Pizio. I figli di Attore sono chiamati Molioni o Molionidi, dal nome della loro madre, per distinguerli dai figli di un altro Attore, che sposò Egina. Erano gemelli, nati da un uovo d’argento, e superavano per la loro forza tutti i coetanei. Ma, contrariamente ai Dioscuri, fin dalla nascita erano uniti l’uno all’altro all’altezza della cintura. I Molionidi sposarono le figlie gemelle del Centauro Dessameno e la generazione seguente i loro figli regnarono sull’Elide unitamente al nipote di Augia e al figlio di Amarinceo. Ciascuno dei quattro comandava dieci navi durante la spedizione contro Troia. Attore possedeva già una parte del reame ereditata da sua madre Irmine, figlia di Neleo, e fondò in suo onore la ormai scomparsa città di Irmine. Eracle non si coprì di gloria in questa guerra dell’Elide. Egli cadde ammalato e quando i Molioni misero in rotta il suo esercito che si era accampato nel cuore dell’Elide, i Corinzi intervennero proclamando re l’istmico Truce. Tra i feriti vi fu Ificle, il fratello gemello di Eracle; i suoi amici lo trasportarono privo di sensi a Feneo in Arcadia, dove in seguito egli morì e divenne un eroe. Trecentosessanta Cleonei morirono anch’essi combattendo valorosamente al fianco di Eracle; a essi egli cedette gli onori che i Nemei gli avevano tributato in seguito all’uccisione del leone. Eracle si ritirò poi a Oleno, patria del suo amico Dessameno, cognato dei Molionidi, e defiorò la sua figlia più giovane, Deianira, dopo avere promesso di sposarla. Quando Eracle fu ripartito, il Centauro Eurizione chiese la mano di Deianira e Dessameno non ebbe il coraggio di rifiutargliela, ma il dì delle nozze Eracle riapparve improvvisamente, uccise Eurizione e i suoi fratelli e si portò via Deianira. Altri dicono invece che la sposa di Eracle si chiamava Mnesimaca oppure Ippolita, in quanto Deianira è più spesso descritta come figlia di Eneo. Dessameno era nato a Bura, famosa per il suo oracolo di Eracle.
Quando Eracle ritornò a Tirinto, Euristeo lo accusò di tramare per impossessarsi del trono che Zeus stesso gli aveva affidato, e lo bandì dall’Argolide. Con la madre Alcrnena e il nipote lolao. Eracle allora raggiunse Ificle a Feneo, dove si prese come amante Laonome, figlia di Guneo. Scavò poi nel bei mezzo della pianura fenea un canale lungo cinquanta stadi e profondo trenta piedi, per farvi scorrere il fiume Aroanio; ma ben presto il fiume abbandonò il canale e tornò al suo letto primitivo. Eracle scavò anche profonde cisterne ai piedi delle montagne fenee per prevenire le alluvioni; queste cisterne funzionarono benissimo fuorché in una sola occasione: dopo un violento nubifragio, il fiume Aroanio inondò l’antica città di Feneo e ancora si vede, segnato sul fianco del monte, il livello raggiunto allora dalle acque. In seguito, saputo che gli Elei avrebbero organizzato una processione in onore di Poseidone per la Terza Festa istmica, e che i Molionidi intendevano assistere ai giochi e prender parte ai sacrifici, Eracle tese loro una imboscata in una macchia che sorgeva lungo la strada nei pressi di Cleonea e scoccò una freccia trafiggendo a morte i due gemelli; uccise pure un loro cugino, chiamato anch’egli Eurito, figlio di re Augia. Molione seppe ben presto chi aveva assassinato i suoi figli e indusse gli Elei a chiedere soddisfazione a Euristeo, dato che Eracle era nato a Tirinto. Quando Euristeo ebbe declinato ogni responsabilità per i misfatti di Eracle che egli aveva bandito dal paese, Molione pregò gli Argivi di escludere tutti gli Elei dai Giochi Istmici, finché il delitto di Eracle non fosse stato espiato. I Corinzi si rifiutarono di obbedirgli e allora Molione lanciò una maledizione su ogni Eleo che osasse prendere parte alla festa. Tale maledizione è ancora rispettata: nessun atleta eleo scenderà mai in campo per i Giochi Istmici.
Eracle chiese allora a prestito a Onco il cavallo Arione dalla nera criniera, lo domò, reclutò un nuovo esercito in Argo, in Tebe e in Arcadia e mise a sacco la città di Elide. Alcuni dicono che egli uccise Augia e i suoi figli e rimise sul trono Fileo, il legittimo re; altri, che risparmiò almeno la moglie di Augia. Quando Eracle decise di ripopolare Elide ordinando alle vedove elee di giacersi con i suoi soldati, le donne pregarono in coro Atena di rimanere incinte al primo amplesso. Questa preghiera fu esaudita e, in segno di gratitudine, le donne elee fondarono un santuario ad Atena Madre. Così grande fu la gioia per tale felice evento che il luogo dove le vedove si erano unite ai nuovi mariti e il fiume che vi scorreva accanto furono chiamati Badi, parola che in lingua elea significa «dolce». Eracle poi donò il cavallo Arione ad Adrasto dicendo che, dopo tutto, preferiva combattere a piedi. Fu circa a quell’epoca che Eracle si meritò il titolo di Bufago ossia «mangiatore di buoi». Le cose si svolsero così: Lepreo, figlio di Caucone e di Astidamia, che fondò la città di Lepreo in Arcadia (la regione prese quel nome dalla lebbra che colpì i suoi primi abitanti), aveva scioccamente consigliato a re Augia di imprigionare Eracle quando questi pretendeva di essere pagato per aver ripulito le stalle. Saputo che Eracle si dirigeva alla volta della città Astidamia indusse Lepreo ad accoglierlo cortesemente implorandone il perdono. Ed Eracle promise infatti di perdonare Lepreo, purché egli si misurasse con lui in tre gare: lanciando il disco, bevendo un mastello d’acqua dopo l’altro e mangiando un bue. Benché Eracle vincesse la gara del disco e quella dei mastelli d’acqua, Lepreo divorò il bue in minor tempo e, esaltato dal suo successo, sfidò Eracle a duello: subito fu colpito a morte dalla clava dell’eroe e la sua tomba ancora si mostra a Figalia. I Leprei, che onorano Demetra e Zeus del Bianco Pioppo sono sempre stati sudditi di Elide; se uno di loro vince un premio a Olimpia l’araldo lo dichiara un Eleo di Lepreo. Re Augia è ancora onorato come un eroe dagli Elei e soltanto durante il regno dello spartano Licurgo gli Elei furono indotti a dimenticare il loro antico rancore contro Eracle e a sacrificare anche a lui; con tali sacrifici evitarono una pestilenza.
Dopo la sua vittoria su Elide, Eracle riunì il suo esercito a Pisa e sfruttò il ricco bottino per istituire i famosi quadriennali Giochi Olimpici in onore di suo padre Zeus; tali giochi, secondo taluni, erano soltanto l’ottava prova atletica nuovamente organizzata. Misurato il sacro recinto di Zeus e cintato il Sacro Bosco, Eracle misurò anche lo stadio, diede a una collinetta vicina il nome di «Collina di Crono» ed eresse sei altari agli dei olimpici: uno per ogni due di essi. Sacrificando a Zeus, Eracle bruciò le cosce delle vittime su un fuoco di legna di pioppo bianco ricavato dagli alberi che crescono lungo il fiume Acheronte; innalzò pure un tempio in onore di suo nonno Pelope. Poiché le mosche lo tormentavano mentre si dedicava a tali opere. Eracle offrì sacrifici a Zeus Allontanatore delle Mosche, e il dio le fece fuggire ronzando verso il fiume Alfeo, Gli Elei sacrificano ancora a Zeus quando vogliono scacciare le mosche da Olimpia. Ora, alla luna piena che segue il solstizio d’estate, tutto era pronto per i Giochi, ma nella valle mancavano alberi che la ombreggiassero. Eracle allora ritornò alla terra degli Iperborei, dove aveva ammirato gli oleastri che crescono alla sorgente del Danubio, e indusse i sacerdoti di Apollo a donargli uno degli alberi per piantarlo nel recinto sacro a Zeus. Ritornato a Olimpia, ordinò che l’arbitro Etolo incoronasse il vincitore con le foglie dell’oleastro; questa sarebbe stata la sua unica ricompensa, poiché anche Eracle aveva compiuto senza pagamento le Fatiche impostegli da Euristeo. Tale albero, chiamato «l’olivo della bella corona», vegeta ancora nel bosco sacro presso il santuario di Zeus. I rami destinati alla corona del vincitore sono recisi con un falcetto d’oro da un fanciullo di nobili natali, i cui genitori debbono essere viventi. Taluni dicono che Eracle vinse tutte le gare per mancanza di avversari, poiché nessuno osava misurarsi con lui. Ma in verità ogni gara fu calorosamente disputata. Soltanto per la gara di lotta non si trovarono campioni, finché Zeus, sotto false spoglie, si degnò di scendere in campo. La gara finì alla pari. Zeus rivelò la propria identità al figlio Eracle, tutti gli spettatori applaudirono e la luna piena brillò chiara come il giorno.
Secondo una leggenda più antica, i Giochi Olimpici furono istituiti da Eracle il Dattilo che portò l’oleastro dalla terra degli Iperborei. Formule e amuleti in onore di Eracle il Dattilo sono molto usati dalle streghe, che hanno ben poco rispetto per Eracle figlio di Alcrnena. Si dice inoltre che l’altare di Zeus, il quale sorge a eguale distanza dal santuario di Pelope e dal santuario di Era, ma di fronte ad ambedue, sia stato costruito da questo Eracle più antico, come l’altare di Pergamo, con le ceneri delle ossa delle vittime sacrificate a Zeus. Una volta all’anno, nel diciannovesimo giorno del mese eleo di Elafio, i veggenti raccolgono le ceneri nell’aula del consiglio e dopo averle inumidite con l’acqua del fiume Alfeo (nessun’altra acqua potrebbe servire) applicano sull’altare un nuovo strato di questa argilla. Ciò non significa tuttavia che Eracle figlio di Alcmena non abbia fondato di nuovo i Giochi: si mostra infatti a Elide un’antica palestra cintata dove si allenano gli atleti. Grandi platani sorgono tra le piste di corsa e il recinto si chiama Sisto perché Eracle vi si esercitava sradicando i cardi. Ma il cretese dimeno, figlio di Cardi, un discendente dei Dattili, aveva celebrato i Giochi cinquant’anni appena dopo il diluvio di Deucalione e in seguito li celebrarono Endimione, Pelope, e Amitaone figlio di Creteo, e anche Pelia e Neleo, e taluni dicono persino Augia.17
I Giochi Olimpici si celebrano a un intervallo alterno di quarantanove o cinquanta mesi, a seconda del calendario, e ora durano cinque giorni: dall’undicesimo al quindicesimo giorno del mese in cui cade la festività. Gli araldi proclamano una tregua d’armi nell’intera Grecia per tutto quel mese. A nessun atleta che avesse commesso un reato o offeso gli dei era permesso di partecipare ai Giochi. In origine il compito di organizzare i Giochi spettava a quelli di Pisa; ma in seguito, dopo il ritorno definitivo degli Eraclidi, i loro alleati Etolici si stabilirono a Elide e si assunsero tale incarico. Sulle pendici settentrionali della Collina di Cròno, nel, santuario di Ilizia, vive un serpente chiamato Sosipoli: una vergine sacerdotessa dal bianco velo lo nutre con acqua e ciambelle al miele. Questa usanza commemora il miracolo che permise di scacciare gli Arcadi quando invasero la santa terra di Elide; una donna sconosciuta si presentò ai generali elei con un poppante al petto e lo affidò loro dicendo che sarebbe stato il loro campione. Essi le credettero e, quando la donna fece sedere il bimbo fra i due eserciti schierati, lo videro trasformarsi in serpente: subito gli Arcadi fuggirono, inseguiti dagli Elei, esubirono perdite spaventose. Il santuario di Ilizia segna il punto dove il serpente sparì nella Collina di Crono. Sulla vetta le sacerdotesse note col nome di «regine» offrono sacrifici a Crono durante l’equinozio di primavera, nel mese di Elafio.
Vai a: Il mito di Eracle (Parte 7 di 11): la conquista di Pilo
ll mito di Eracle, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves.
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.
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