Le due dee che si confrontano e scontrano nell’Eneide sono Giunone, moglie di Giove e acerrima nemica dei Troiani e Venere, dea della bellezza e dell’amore, madre di Enea. La scena che mi piace portare alla vostra attenzione è quella in cui Venere convince Vulcano, suo marito, a forgiare delle armi divine per il figlio Enea. L’episodio si situa nel libro VIII, dal verso 370 in avanti. Venere seduce Vulcano in una scena divertente ed erotica allo stesso momento, promettendo gioie amorose con tono languido mentre chiede l’aiuto del marito. Imperdibile! Per il resto Venere si presenta nell’Eneide come una madre premurosa. Segue il figlio, lo protegge (come già nell’Iliade), lo illumina nelle situazioni difficili. Addirittura ad un certo punto dice a Giove: se hai deciso di far morire Enea, fai pure. Ma lasciami suo figlio, Ascanio-Iulo, di cui mi occuperò personalmente. Venere è una madre della vita, la Madre che prosegue nelle generazioni, che si prende cura del futuro nella forma dei figli. Giunone è schiava del ruolo affibbiatole dai Greci, quando ancora si chiamava Era: donna gelosa e rancorosa, tramatrice di inganni. Si dice che questo ruolo (oltre a quello di moglie tradita e gelosa del padre degli dei, Zeus) le sia stato attribuito nel passaggio dal matriarcato a quello del patriarcato, trasformandola da Grande Dea Madre a Moglie del Padre e togliendole quel potere misterioso e indistinto che la caratterizzava. Nell’Eneide troviamo solo questo aspetto di donna ferita e incattivita, decisa a opporsi al volere dei fati (un po’ come Poseidone nell’Odissea con il suo contrapporsi al ritorno a Itaca di Ulisse). Peccato, perché l’autorevolezza femminile che emana da questa dea si percepisce anche così, e rimane un potenziale inespresso. Potere sommerso e ribollente.
Andreas Barella