Originariamente Dioniso fu un dio arcaico della vegetazione, legato alla linfa vitale che scorre nelle piante. In seguito fu identificato come dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi; venne quindi a rappresentare l’essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di una realtà smisurata, l’elemento primigenio del cosmo, l’irruzione spirituale della zoé greca, ossia l’esistenza intesa in senso assoluto, la frenetica corrente di vita che tutto pervade.
Dio “ibrido” dalla multiforme natura maschile e femminile, animalesca e divina, tragica e comica, Dioniso incarna, nel suo delirio mistico, la scintilla primordiale e istintuale presente in ogni essere vivente; che permane anche nell’uomo civilizzato come sua parte originaria e insopprimibile, e che può riemergere ed esplodere in maniera violenta se repressa e non elaborata correttamente.
Dioniso viene spesso rappresentato nelle arti come vestito di pelle di leopardo o pantera (pardalide), trionfante su di un carro assieme alla sua compagna Arianna, solitamente accompagnato da un corteo chiamato tiaso e composto dalle sue sacerdotesse (dette menadi o baccanti, donne in preda a frenesia estatica e invasate dal dio), bestie feroci, satiri e sileni. Care al dio erano le piante della vite (da cui il legame con il vino e la vendemmia) e all’edera (in particolare alcune specie di edera, contenenti sostanze psicotrope e che venivano lasciate macerare nel vino). Uno dei suoi attributi era infatti il sacro tirso, un bastone nodoso avvolto da edera e pampini e sormontato da una pigna; altro suo attributo è il kantharos, una coppa per bere caratterizzata da due alte anse che si estendono in altezza oltre l’orlo.
Veniva identificato a Roma con il dio Bacco, con il Fufluns venerato dagli Etruschi e con la divinità italica Liber Pater, ed era soprannominato lysios, “colui che scioglie” l’uomo dai vincoli dell’identità personale per ricongiungerlo all’originarietà universale. Nei misteri eleusini veniva identificato con Iacco. Altro epiteto con cui veniva chiamato è Bromio, usato anche da Euripide ne Le Baccanti, da βρόμος, “fragore”, “fremito”, perché secondo il mito il dio era stato generato in mezzo ai fragori del tuono dalla madre Semele colpita dal fulmine, o perché l’ebbrezza del vino produce fremito e furore.
Strettamente legato alle origini del teatro, Dioniso è il dio della mitologia greca di maggior fortuna nella cultura contemporanea, in particolare nel Novecento, dopo che il filosofo Friedrich Nietzsche, nella Nascita della tragedia, ha creato la categoria estetica del dionisiaco – emblema delle forze naturali, vitalistiche e irrazionali – contrapponendola a quella dell’apollineo.
La narrazione del mito di Dioniso
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