Le sue teorie – che egli definirà psicologia archetipale – non passano senza scandalo, nella comunità degli psicologi analisti junghiani europei ma Hillman procede per la sua strada, e le sue idee sul lavoro psicologico troveranno seguito, nel tempo, non solo tra accademici, studenti, clinici, ma anche tra artisti, scrittori e operatori sociali. Hillman si va convincendo che l’America ha più bisogno di (e interesse per) lui, che non l’Europa: così nel 1978, dopo più di trent’anni di Europa, l’americano Hillman torna negli USA. Negli Stati Uniti, Hillman non smette di pensare, di scrivere e di supervisionare il training di analisti junghiani, e continua comunque a mantenere forti legami con l’Europa, insegna in numerose università, e, seguendo il filo delle proprie riflessioni, si dedica anche ad attività di animazione culturale, rivolta a vari aggregati sociali: architetti, educatori, operatori sociali, artisti. Figura non riducibile in schemi accademici nonostante i titoli curriculari, letterato, ormai più filosofo che psicologo, Hillman è riuscito a evidenziare e a far condividere la necessità, per l’uomo postmoderno, di riconoscere e coltivare le connessioni mentali e psicologiche che lo legano alle sue radici culturali antiche, o addirittura arcaiche – e non solo in quanto singolo portatore di turbamenti e patologie dell’anima, ma in quanto componente di una società non meno turbata e patologica di lui.
Nel 1970 (Jung era morto da 9 anni) Hillman assume la direzione della Spring Publications, che allora aveva sede a Zurigo. Fu questo il punto di manifestazione della rielaborazione della psicologia analitica che egli andava conducendo, e la casa editrice ne divenne il centro. Il discorso sugli archetipi non era un’invenzione di Hillman. Era stato già aperto da Jung, negli anni Trenta, quando aveva individuato in essi le forme primarie delle esperienze vissute dall’umanità nello sviluppo della coscienza. Pure forme, che stanno ai simboli come la figura geometrica del quadrato sta a una cornice (intesa come oggetto) quadrata, e che – così come le forme geometriche – sono condivise da tutta l’umanità, sedimentate nell’inconscio collettivo di tutti i popoli, senza alcuna distinzione di luogo e di tempo, si manifestano come simboli, e pre-esistono alla psiche individuale, che organizzano.
La novità del punto di vista di Hillman – l’aspetto rivoluzionario della sua psicologia – è stata nell’intenzione di portare l’analisi fuori da un rapporto a due medicalizzato e nella scelta di polarizzare l’attività psicologica e psicoanalitica su due nuovi centri dinamici: l’anima e l’archetipo. Come scriveva più tardi in Re-visione della psicologia: “La terapia, o l’analisi, non è solo qualcosa che gli analisti fanno ai pazienti, essa è un processo che si svolge in modo intermittente nella nostra individuale esplorazione dell’anima, negli sforzi per capire le nostre complessità, negli attacchi critici, nelle prescrizioni e negli incoraggiamenti che rivolgiamo a noi stessi. Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima, siamo tutti, ininterrottamente, in terapia.”
Quanto agli archetipi, Hillman li definisce nella stessa occasione come “i modelli più profondi del funzionamento psichico, come le radici dell’anima che governano le prospettive attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo. Essi sono le immagini assiomatiche a cui ritornano continuamente la vita psichica e le teorie che formuliamo su di essa”. Essi possono essere raggiunti anche attraverso l’analisi dei sogni, il cui “mondo infero” ci ricollega alle “ombre universali” dell’inconscio collettivo.
Un aspetto interessante della psicologia di Hillman è appunto la sua attenzione, accentuatasi dal ritorno negli Stati Uniti, alla manifestazione del mito nella società moderna, sia nell’esperienza dei singoli che nelle opinioni collettive. Gli dèi non sono scomparsi, benché noi abbiamo creduto di essercene disfatti. Per esempio, «Ermes-Mercurio oggi è dovunque. Vola per l’etere, viaggia, telefona, è nei mercati, e gioca in borsa, va in banca, commercia, vende, acquista, e naviga in Rete. Seduto davanti al computer, te ne puoi stare nudo, mangiare pizza tutto il giorno, non lavarti mai, non spazzare per terra, non incontrare mai nessuno, e tutto questo continuando a essere connesso via Internet. Questa è Intossicazione Ermetica».
Psicologia archetipica: Hillman ha contribuito in modo significativo allo sviluppo della psicologia archetipica, un approccio che si concentra sugli archetipi e sulle immagini simboliche come chiavi per comprendere l’anima umana. Ha sviluppato questa prospettiva in opposizione all’orientamento prevalentemente razionale della psicologia tradizionale.
Anima e immaginazione: Uno dei concetti centrali nel pensiero di Hillman è l’”anima”, che egli vedeva come il principio fondamentale e unificante della vita umana. Ha enfatizzato l’importanza dell’immaginazione come veicolo per accedere alla profondità dell’anima e ha incoraggiato un approccio più poetico e simbolico alla comprensione della psiche.
Critica della psicologia razionale: Hillman ha criticato la tendenza della psicologia moderna a ridurre l’esperienza umana a concetti razionali e scientifici. Ha sottolineato l’importanza di abbracciare l’irrazionalità, l’ambiguità e la complessità dell’anima umana.
Ecologia dell’anima: Un altro aspetto importante del pensiero di Hillman è la sua enfasi sull’ecologia dell’anima. Ha cercato di promuovere una connessione più profonda e rispettosa tra gli esseri umani e il mondo naturale, sottolineando l’importanza di considerare la psiche in relazione all’intero ambiente.
Psicologia politica: Hillman ha esteso la sua prospettiva psicologica anche al contesto sociale e politico. Ha esplorato la dimensione psicologica delle questioni politiche e sociali, cercando di comprendere come le dinamiche dell’anima possano influenzare la vita collettiva.
Qui una lista delle maggiori pubblicazioni di James Hillman.
La presentazione del video dell’intervista di Hilman con Silvia Ronchey, con la bibliografia ragionata.
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