Category Archives: Letture

Libri, articoli, saggi che ci sono piaciuti e che vi consigliamo

Artemide, la Dea della Caccia

Artemide, la Dea della Caccia
Artemide, la Dea della caccia

Artemide, la Dea della caccia

Il modo migliore per avvicinarsi alla dea Artemide è quello di leggere qualche mito che la vede protagonista. Consultate qualche buon libro di mitologia per trovare le storie che più vi affascinano (una lista la trovate qui). Il testo che segue è tratto da Andreas Barella, Adolescenza il Giardino Nascosto, Casa editrice Ericlea, 2010. 

“Artemide è figlia di Zeus e Latona, nonché sorella gemella di Apollo. Latona, a causa di una maledizione lanciatale dalla moglie di Zeus, Era, per poter mettere al mondo i due bambini è costretta a trovare un luogo che non abbia mai visto la luce del sole. Per questo motivo Zeus fa emergere dal mare un’isola fino allora sommersa che, di conseguenza, il sole non ha ancora toccato. Si tratta dell’isola di Delo, e Latona vi partorisce aggrappata a una palma sacra. Artemide nasce per prima, dopo soli sei mesi di gestazione e aiuta la madre a dare alla luce Apollo che nasce invece il settimo mese. L’infanzia di Artemide non è raccontata da alcun mito giunto fino a noi, ma viene descritta come la dea che si diverte usando l’arco sulle montagne, immagine suggestiva. Giunta all’età di tre anni Artemide, sedendogli sulle ginocchia, chiede al padre Zeus di avverare alcuni suoi desideri: per prima cosa chiede di restare per sempre vergine, poi di non doversi mai sposare e infine di avere sempre a disposizione cani da caccia con le orecchie basse, cervi che tirino il suo carro e ninfe come compagne di caccia. Il padre la asseconda e realizza i suoi desideri. Tutte le sue compagne rimangono così vergini ed Artemide vigila strettamente sui loro voti.

Un giorno Artemide sta facendo il bagno nuda in una valle sul monte Citerone quando arriva il principe tebano Atteone, che sta andando a caccia. Si ferma a guardarla, affascinato dalla sua mirabile bellezza, e ne è talmente incantato che calpesta un ramo e per il rumore Artemide si accorge di lui. Resta così disgustata dal suo sguardo fisso che decide di lanciargli addosso dell’acqua magica e trasformarlo in un cervo: in questo modo i suoi cani, scambiandolo per una preda, lo uccidono sbranandolo. Una versione alternativa della storia narra che Atteone si è vantato di essere un cacciatore migliore di lei e che quindi la dea lo trasformi in cervo, facendolo divorare per vendetta.

Orione è un compagno di caccia di Artemide. Le versioni della leggenda sono diverse: secondo alcune è ucciso dalla dea, secondo altre da uno scorpione inviato da Gea. Alcune storie riportano che Orione tenta di stuprare una delle ninfe di Artemide e che questa lo uccide per punirlo, altre che tenta di stuprare la dea stessa che lo uccide per difendersi. Ma la versione più interessante che distingue Orione da Atteone, è quella che narra che Artemide è innamorata di Orione e vuole sposarlo, ma il fratello Apollo, geloso di questo amore, sfida la sorella a una gara di tiro con l’arco. Apollo afferma che la sorella non è in grado di colpire un tronco galleggiante nel mare, che si vede a malapena dalla spiaggia. Artemide incocca la freccia e infallibilmente colpisce quello che crede un tronco. In realtà è Orione che sta nuotando nelle acque. Distrutta dal dolore, la dea innalza l’amato al livello del cielo, facendolo diventare una costellazione che tutte le notti può ammirare.

Abbiamo con Artemide un personaggio variegato, una dea indipendente dagli uomini, a cui non appartiene, ma che costantemente deve confrontarsi con il potere maschile che cerca di riportarla all’ordine costituito, alle convenzioni. La madre la obbliga a crescere prima del tempo, ancora fanciulla deve già aiutarla nel parto e accudire il fratello gemello. Gli uomini la vedono come un essere pericoloso e mortifero, la storia di Atteone ne è un esempio: chi incontra la dea, chi incontra una donna libera e senza padrone, rischia di essere distrutto da quello che ama di più e di più familiare possiede. Nel caso di Atteone il cacciatore, quello che ha di più caro sono i suoi cani. E anche amare una donna così si rivela pericoloso e mortale: lo stesso Orione è ucciso dalle mani della dea. Insomma, la donna libera fa paura agli uomini greci.

Questo, come detto, è il punto di vista maschile, la storia è vista dalla prospettiva dell’uomo che teme la donna e ne ignora il mistero. È proprio su questo aspetto che vorrei concentrarmi: il mistero femminile e il fascino che esercita sui ragazzi e sulle ragazze stesse, che si apprestano a scoprirlo e svilupparlo. Il mito ci parla di nascita, di servizio della nascita (Artemide nutrice), di un forte legame con il gemello, di una libertà sancita dal padre degli dèi (vergine per i greci significa “libera” non legata a nessun uomo nel matrimonio, e non ha connotazioni legate alla sessualità, che la vergine gestisce liberamente). Ci parla anche di legami femminili, di voti di libertà controllati a vicenda, una sorta di comunità tutta femminile di difesa reciproca della propria libertà. Di forza magica e misteriosa che trasforma gli uomini e li punisce se si avvicinano a lei in modo sbagliato. Di ribellione al mondo maschile, o in altre parole di una visione alternativa e radicalmente diversa della vita e del ruolo dei sessi all’interno del mondo. In realtà tutte le divinità femminili hanno sempre la tendenza, una volta spogliate dalla patina interpretativa aggiunta dagli uomini (che lo ricordo, sono quelli che raccontano le storie che ci sono pervenute dal mondo greco) a ricondurci all’idea della dea Madre, della Grande divinità femminile, quella raffigurata nelle statuette arcaiche nuda in varie attitudini della grande madre che dona se stessa, il suo nutrimento e dà supporto. La Madre Terra, con due grandi seni e una grande pancia, la generatrice di vita che crea il figlio e si unisce ciclicamente allo sposo per generare altri figli. Per questo motivo ingloba in sé vita e morte, nascita e rinascita, come il mondo vegetale che tutti gli autunni sembra fermarsi e ogni primavera rinasce. Come possiamo utilizzare questa dea nel nostro percorso di arricchimento femminile (ma come abbiamo visto anche maschile)? Intanto accettando questa differenza, non lasciando che l’immagine femminile sia stereotipata o fonte di un dominio maschile (che storicamente è millenario nella nostra cultura), non solo della donna ma anche della visione che se ne ha.

Questa è la sfida più affascinante e misteriosa di tutto questo libro, di tutte le idee proposte in queste pagine. Non tocca a me, in quanto uomo, dire in che direzione debba andare questa ricerca. L’importante è che non resti qua sulla carta ma esca nel mondo e nelle classi e nella vita delle ragazze che saranno le donne, le madri, le Artemidi di domani. Il vantaggio del nostro tempo è che la libertà, la parità come persone, ha fatto passi da gigante, e le possibilità di realizzare il mistero della vergine guerriera sono tutte davanti a noi.

Per dare un’idea di suggestioni scaturite dal lavoro esperienziale con giovani persone e di come esse si rapportano con la scoperta del mistero femminile, ecco l’esempio di Atalanta.”

Tratto da: Andreas Barella, Adolescenza, il Giardino Nascosto, Ericlea, 2010. Maggiori dettagli sul libro li trovate qua.

Il ciclo di Dune: la vita sul pianeta deserto

Il ciclo di Dune: la vita sul pianeta deserto
La Mappa di Arrakis

La Mappa di Arrakis

La civiltà di Dune è una civiltà di sofferenza. La mancanza d’acqua spinge la popolazione autoctona, i Fremen, a una violenza e a una durezza che si giustifica con la difficoltà della sopravvivenza. Tutta la cultura e tutta la civiltà Fremen è contraddistinta da questa difficile condizione di vita: l’acqua è scarsa. Con questa premessa, la presenza degli esseri umani su Dune è discreta e quasi invisibile, l’ecosistema originario non è quasi toccato dal contatto con gli umani. E già questa è una bella differenza con i pianeti più consoni alla vita, dove invece la mano dell’uomo si vede e spesso manipola e distrugge il pianeta che lo ospita. In altre parole, se Dune fosse un pianeta vivente, i Fremen lo disturbano meno di quanto non facciano gli abitanti della Terra con il loro globo terracqueo. La difficoltà di sopravvivere fa sì che il legame essere umano-pianeta divenga molto forte. La terra è restia a dare i suoi frutti, e bisogna conoscerla intimamente per potere entrare in simbiosi tanto da strapparle (o, a volte, da ricevere spontaneamente) quello di cui si abbisogna per non morire. Ogni attività atta alla sopravvivenza va integrata completamente nell’ecosistema, altrimenti non avrà nessuna possibilità di riuscita. Per esempio, coltivare un campo non è possibile, si possono però seminare alcune piante che attirano animali che nessuno di noi si sognerebbe mai di mangiare e che sono fonti di ricche proteine. Un mondo ecologico, insomma, e avverso alla vita. Viene da chiedersi se la necessità, la durezza delle condizioni di vita, la povertà non siano, tutto sommato, un bene per l’ecologia e per la vita. Una catena ecologica integrata e interdipendente, semplice e senza sfruttamenti sembra garantire, in questo romanzo, una vita planetaria stabile e forgiatrice di persone dure e spartane (in effetti ricordano molto gli spartani, e come loro costruiranno una forza militare invincibile). Mi accorgo che volevo parlare di una cosa – la vita nel deserto di Dune – e mi sono perso per strada e ho parlato di ecologia e di crescita delle civiltà. È proprio questa una delle caratteristiche interessanti di questo romanzo: permette a chi lo legge di divagare con la mente e di perdersi in questo mondo sabbioso ricco di terribili insegnamenti sulla vita. Allo spazioporto del pianeta una scritta invita i viaggiatori in partenza a pregare per chi resta, ora che conoscono il pianeta e la sua aridità.

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Il ciclo romanzesco di Dune

Il ciclo romanzesco di Dune
Frank Herbert's DUNE

Frank Herbert’s DUNE

Dopo anni di seduzione a distanza, di occhieggiamenti dagli scaffali delle librerie e delle biblioteche pubbliche, questa estate mi sono deciso e ho letto il romanzo Dune di Frank Herbert. Avevo visto il vecchio film di David Lynch, e ricordavo il mio spaesamento e le perplessità per una trama complessa e piena di concetti da imparare (le Bene Gesserit, i Mentat, i linguaggi settoriali, eccetera). Ricordavo però anche l’affascinate mondo di Arrakis, le dure condizioni di vita sul pianeta deserto, e naturalmente i Fremen e i Vermi Giganti. Così, in vacanza, quando in una libreria di libri usati ho visto il volume, non ho saputo resistere e invogliato anche dai commenti (sulla copertina) di George Lucas “Senza Dune, Guerre Stellari non sarebbe mi esistito” e di Steven Spielberg “Dune è parte integrante del mio universo fantastico” mi sono messo alla lettura.

Quando George Lucas ha affermato che “senza Dune, Guerre Stellari non sarebbe mai esistito” diceva la verità! 🙂 In effetti le ispirazioni che ha tratto dal romanzo di Frank Herbert sono parecchie, e tutte affascinanti. I predoni del deserto sembrano i Fremen, sia nell’abbigliamento che nella ferocia; gli zii di Luke condensano l’umidità come gli abitanti di Dune; il pianeta di Luke ricorda Arrakis, con i suoi territori deserti che celano misteri e saggezza (dove vive Ben Kenobi? E come sopravvive? Il deserto è tabù anche su Tatooine). La stessa “Forza Jedi” di George Lucas è un miscuglio delle arti delle Bene Gesserit e della loro speranza di creare il Kwisatz Haderach (il messia onnisciente e salvatore). Certo, tutti concetti mistici e presenti in molte mitologie e molte religioni, e proprio per questo così affascinanti, sia in Dune che in Star Wars. Anche l’idea di mescolare arcaicità (Dune: nessun computer, banditi da una guerra santa contro le macchine pensanti; GS: la storia si svolge “Tanto tempo fa…”) e ipertecnologia (Dune: le macchine segrete di Ix, le vasche dei Tleilax, dove si clonano esseri umani; GS: le astronavi, le armi) crea quell’atemporalità che affascina nelle due opere. Ma le somiglianze che balzano all’occhio durante la lettura sono molte di più! Personaggi, scene, ambientazioni, riprese e sviluppate con gusto personale da George Lucas. Fa piacere rincontrarle nel libro! Chi ne ha notata qualcuna ce lo faccia sapere!

Andreas

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Eneide: le vittime guerriere

Eneide: le vittime guerriere
Eurialo e Niso

Eurialo e Niso

Cosa hanno in comune Eurialo e Niso, Pallante figlio di Evandro, Lauso figlio di Mezenzio, la vergine Camilla e moltissimi altri personaggi minori dell’Eneide? Sono tutti ragazzi, giovanissimi guerrieri (anche Camilla!) che compaiono nella storia per ricordarci il dolore e la tragicità della guerra. Non si tratta più di nomi che appaiono per essere scolpiti sulle lapidi, personaggi fugaci presentati da Virgilio per farli cadere nella polvere e nella morte dopo pochi versi. Sono giovani vite che impariamo a conoscere, a veder sbocciare, ad apprezzare e che poi vediamo cadere e fuggire nell’Ade in mezzo al dolore di madri, padri e compagni. Non vale neppure la pena dire a che esercito appartengono: sono accumunati dal destino di vittime della furia guerresca. E la loro morte porta con sé il destino di intere dinastie: Evandro maledice la sua età e il fatto di essere già troppo vecchio per partecipare alla battaglia, condanna il fatto di aver mandato il figlio al suo posto. Mezenzio addirittura va a farsi uccidere volontariamente da Enea per non dover sopportare il dolore di sopravvivere al figlio. Questo atto lo trasforma ai nostri occhi: da infame re pieno di boria a padre disperato e pienamente umano. La follia della guerra non è mai così chiara come nel racconto di queste tragedie. Cortei funebri, tregue per seppellire i morti dall’una e dall’altra parte, pianti e grida di padri e di madri. I libri dell’Eneide che narrano di guerra sono sei, dal settimo al dodicesimo, l’esatta metà del poema. Alla fine, quando Enea conclude gli scontri uccidendo Turno, non si può che rimanere commossi da una parte e sconsolati dall’altra chiedendosi come si possa ancora credere che la guerra porti qualcosa di buono a un popolo. Personalmente dopo sei canti di macelleria umana ero nauseato…

Andreas Barella

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Eneide: son pensieri in libertà

Eneide: son pensieri in libertà

eneideUn’amica mi scrive chiedendomi se le entrate sull’Eneide siano da intendere come un commento al testo poetico di Virgilio. In realtà sono pensieri in libertà, associazioni che mi sono annotato rileggendo il poema. Nulla che abbia la velleità del commento erudito al testo! Spunti di riflessione che spero stimolino una riflessione! Quindi: se siete d’accordo su qualcosa e leggendo vi nascono delle associazioni mentali, se volete aggiungere i vostri pensieri e commenti, se non siete d’accordo su qualcosa che ho scritto e volete dirlo: fatelo! Come al solito: quando si tratta di miti, di storie antiche, ogni associazione mentale è preziosa e foriera di nuovi significati. Non sprecatele! Lasciatele crescere e sbocciare. A presto! Andreas Barella

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