Nel marzo del 1959, lo psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung fece questa intervista con John Freeman per il programma televisivo della BBC “Face to Face”. L’intervista venne registrata nella sua casa alla Seestraße a Küsnacht, sul lago di Zurigo. Il documentario introdusse Jung al grande pubblico, più delle sue opere e di altre interviste: il tono onesto e discorsivo di Jung affascina e arricchisce. Nel filmato lo sentirete parlare della sua famiglia, della sua infanzia, dei suoi studi, del suo primo incontro con Freud, dell’inconscio collettivo, del destino dell’umanità.
Andreas Barella, da sempre innamorato di questa intervista, la ha completamente sottotitolata da zero (le traduzioni esistenti e quelle automatiche non lo soddisfacevano). Qui trovate tutta la lunga e ricchissima intervista a Carl Gustav Jung, sul canale youtube di Andreas, ISCRIVETEVI AL CANALE! (Basta cliccare sul rotondino con la faccia di Andreas in alto a sinistra, in seguito su “iscriviti”) GRAZIE MILLE!
BIBLIOGRAFIA MENZIONATA NEL FILMATO
Nel corso dell’intervista, si parla dei seguenti volumi:
OPERE DI JUNG RECENSITE DA ANDREAS QUA SUL SITO DELLE MUSE
Ricordi, Sogni, Riflessioni di Carl Gustav Jung è un libro che offre una profonda e personale introspezione sulla vita dell’autore e sulla sua comprensione della psicologia umana. Jung, noto come uno dei più importanti psicoanalisti della storia, ci guida attraverso i momenti salienti della sua vita, dai sogni infantili ai viaggi nel deserto, alle conversazioni con Freud e alla scoperta dell’inconscio collettivo. La scrittura è fluida e coinvolgente, e la profondità delle riflessioni di Jung è sorprendente. Si ha l’impressione di essere seduti accanto a lui mentre rivela i dettagli della sua vita e delle sue teorie… Continua a leggere la recensione di Andreas Barella
Simboli della trasformazione è il quinto volume delle Opere dello psichiatra e analista svizzero ed esplora il processo di individuazione e la natura simbolica dell’inconscio. Prima di parlarne, ecco un riassunto costruito con alcune citazioni significative tratte dall’opera… Continua a leggere la recensione
Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare
Negli ultimi mesi abbiamo pubblicato numerosi post inerenti il mito di Eracle (19 per la precisione: qui trovate la lista completa).
E a proposito di Eracle… La Voce delle Muse ama farsi sentire dai giovani ascoltatori! Per questo andiamo volentieri nelle librerie, negli oratori, nei piccoli festival di narrazione a raccontare le nostre storie ai bambini (a partire dai 6 anni).
L’incontro con i miti comporta la narrazione di alcuni episodi tratti prevalentemente dalla mitologia greca (ma non solo… abbiamo al nostro arco anche frecce che vengono da nord e che parlano di Asgard, di Odino, Thor e del malvagio Loki!) e un coinvolgimento dei bambini in piccole attività durante la narrazione. I bambini partecipano, sempre guidati e accompagnati dai narratori, e imparano a introdurre nel mito narrato alcuni semplici e ricorrenti aspetti della loro vita quotidiana. Gli incontri con i bambini presentano un percorso coinvolgente e ludico, un approccio cognitivo, emotivo e corporeo ai racconti mitologici e introducono il piacere della narrazione orale e la voglia di ritrasmettere i miti alle prossime generazioni di ascoltatori.
Vi è poi spesso (dipende dal luogo e dal tempo a disposizione) un lavoretto manuale che aiuta a rappresentare alcuni aspetti della storia e che può poi essere portato a casa dai partecipanti. A destra un esempio di collage svolto dopo il racconto dell’episodio di Ulisse e il Ciclope Polifemo. Ogni narrazione dura circa 45 minuti più circa 45 minuti per il lavoretto. Una selezione di miti raccontati negli ultimi anni.
Per quanto riguarda Eracle, la nostra proposta si intitola: Ercole, l’uomo più forte del mondo, ciclo di tre incontri sulle dodici fatiche di Ercole. Ercole, il leone di Nemea e il terribile mostro dalle mille teste; Ercole, le stalle di Augia, gli uccelli di bronzo e le cavalle selvagge di Diomede; Ercole, le Amazzoni e la discesa nell’Ade. Scarica un esempio di locandina: Ercole, l’uomo più forte del mondo.
Cari amiche e amici delle Muse, il nostro Andrea Della Neve è in tournee con il bellissimo e interessantissimo spettacolo POP ECONOMIX LIVE SHOW! Questa settimana andrà in scena… virtualmente. Leggete il suo messaggio e PARTECIPATE NUMEROSI ONLINE!
Il prossimo 4 dicembre “Pop Economix Live Show” avrebbe dovuto andare in scena a Friborgo, ospite del festival “Hasard”, organizzato dagli artisti di Xocolat. Gli stessi eroici organizzatori non si sono arresi alla pandemia, trasformando il festival in un originale progetto in live streaming.
“Originale?” vi direte, “di questi tempi moltissime arti performative vengono dirottate sullo streaming“.
Già. La differenza è che questi pazzi si sono inventati una modalità che permetterà al pubblico di interagire in maniere diverse a dipendenza degli spettacoli a cui si vorrà assistere!
Per accedere agli spettacoli, lo spettatore dovrà prenotare un posto registrandosi su
Sarete invitati a fare una donazione, come “cappello virtuale”, e di seguito riceverete un link privato che vi permetterà di assistere allo spettacolo o agli spettacoli scelti. Prima di ogni spettacolo, un accomodatore accoglierà il pubblico e lo guiderà attraverso le procedure tecniche dello spettacolo, le possibilità di scambio tra il pubblico connesso e la maniera migliore per godere della performance.
Mi dilungo un attimo perché il tema del “teatro in streaming” è spinoso, ci sta a cuore e…con quelle spine ce lo fa pure sanguinare il cuore. Va da sé che il teatro è un’arte di carne, ossa, pelle, sudore, anima: va vissuta dal vivo. Va anche da sé che questi sono tempi straordinari.
La sperimentazione artistica del progetto Pop Economix è quella di far confluire tanti linguaggi diversi: insieme al teatro e ai 3 spettacoli su economia, ecologia ed etica, abbiamo creato due fumetti, un blog, un magazine, un podcast e una app legata all’economia circolare. Ora sperimentiamo il live streaming, consapevoli che da un lato riduciamo l’impatto emotivo che gli spettacoli possono avere, dall’altro creiamo un’occasione particolare di arrivare anche a un pubblico che di solito non frequenta i teatri, portando il nostro messaggio al maggior numero di persone possibili.
Crediamo che il teatro può anche essere UTILE, utile a costruire delle visioni per il futuro, utile per capire dei temi della contemporaneità che sempre più si stanno facendo stringenti, importanti, e che faranno la differenza nei prossimi vent’anni.
Per essere utili è necessario mettersi in dialogo, per questo vi invito ad agendarvi gli spettacoli che preferite di questo eroico festival (chiamato “Hasard” in tempi non sospetti!!) e riservare presto quel che desiderate: per mantenere la componente interattiva, ci sarà un massimo di 100 spettatori a spettacolo.
Credo che il nostro Pop Economix Live Show possa essere una bella esperienza per chi lo ha già visto dal vivo e ha potuto saggiarne la densità dei contenuti; il live streaming permetterà di approfondire e riscoprire dei concetti che avevano solo sfiorato;
per chi non lo ha mai visto, chiedo di viverlo come se fosse un “trailer” di quel che può essere dal vivo: guardatelo, promuovetelo nelle vostre comunità, nelle vostre aziende, nelle vostre scuole. Con il vostro aiuto, il nuovo anno saprà soddisfare il desiderio e l’urgenza di riportare questi messaggi occhi negli occhi alle persone.
Andrea Della Neve, una delle tre Muse de LA VOCE DELLE MUSE, sta portando in tournée un divertente, istruttivo e particolare spettacolo: POP ECONOMIX LIVE SHOW: La RSI ha dedicato un servizio allo spettacolo all’interno di Tempi Moderni. Ecco la descrizione: “E’ approdata anche nella Svizzera italiana, grazie ad un adattamento curato dall’attore ticinese Andrea Della Neve, la conferenza-spettacolo, ideata 8 anni fa da alcuni collaboratori dell’Università di Torino (Alberto Pagliarino, Nadia Lambiase e Paolo Piacenza), per chiarire i meccanismi e le conseguenze della crisi finanziaria del 2008. Pop Economix Live Show diverte, intrattiene e soprattutto spiega in maniera semplice ma rigorosa come il fallimento di una banca negli USA, la Lehman Brothers, abbia potuto provocare uno tsunami finanziario internazionale. Lo spettacolo fa anche riflettere il pubblico su questioni economiche che riguardano tutti.”
Da metà novembre, Andrea porterà lo spettacolo in alcune scuole superiori, a partire dal Liceo di Locarno. Nuove repliche aperte a tutti a partire dal 2020. Vi terreno informati! Se volete organizzare una replica (in una scuola, in un centro culturale, in un’associazione) scrivete ad Andrea: andrea.dellaneve@popeconomix.org
Cos’è il progetto Pop Economix? La parola ad Andrea: “Si tratta di una narrazione teatrale di impegno civile, parla della crisi economica globale scoppiata nel 2008, delle sue conseguenze e di quanto possiamo fare per promuovere un’economia più etica e sostenibile. Uno spettacolo che gli amici e colleghi di Torino hanno replicato in più di 400 occasioni in Italia. È frutto di un lungo percorso di ricerca che ha coinvolto economisti, giornalisti e artisti. Mira a informare con obiettività e coinvolgere il pubblico sui temi complessi dell’economia e delle sue implicazioni sulla vita di ciascuno, stimolando a informarsi e assumere un atteggiamento critico e responsabile nei confronti delle diverse opzioni possibili. Lo fa in modo semplice e divertente seppur nel rigore dei contenuti. Da parte mia sono profondamente grato di aver avuto l’occasione di adattarlo per la Svizzera e ora di interpretarlo in questo periodo storico in cui il tema è più attuale che mai.”
Il festival internazionale di narrazione di Arzo partner del “Progetto Ligabue – Arte Marginalità Follia” di Andrea Della Neve (che è una delle mitiche Muse!)
Quando l’arte è urgente e salvifica. Eccoci di fronte a un esempio perfetto di come il teatro e ogni altra opera d’arte dovrebbero sempre nascere: da un’esigenza, un’emergenza, un’urgenza personale ed intima dell’artista. In questo caso l’artista è Mario Perrotta, narratore leccese classe 1970, e l’opera d’arte destinata a superare chi l’ha concepita è un progetto di ampio respiro, su tre anni, volto a ridare dignità a un pittore svizzero-reggiano vissuto ai margini della società in compagnia del suo lacerante bisogno d’amore.
L’incontro. Mario Perrotta s’imbatte nella figura di Antonio Ligabue un paio d’anni fa, durante una lunga tournée che fa scalo a Gualtieri, mentre nella vita privata sta percorrendo una “tournée” ancor più lunga: quella dell’adozione internazionale. In quel momento l’unica cosa data di sapere sul suo futuro figlio era che sarebbe arrivato dal Centrafrica. Con conseguenti logiche riflessioni su quanto ne consegue a livello di “diversità”: per molti una ricchezza, per tanti un problema. Quando Mario arriva nel paese di Antonio e ne incontra la storia, è cortocircuito: è quello il nucleo da indagare per risolvere il suo presente.
Antonio Ligabue. Antonio Ligabue nasce a Zurigo il 18 dicembre del 1899. Da adulto si convince che se fosse nato tredici giorni dopo, il 1° gennaio 1900, con il “vento nuovo” la sua vita sarebbe stata giusta. E invece. Un’infanzia dapprima difficile, poi tragica, destinata a segnare irrimediabilmente gli anni della maturità. Figlio di una ragazza madre del Bellunese, è adottato da tal Bonfiglio Laccabue, originario di Reggio Emilia, che gli dà il cognome (poi cambiato, nel 1942, in Ligabue). Presto orfano della madre e di ben tre fratellastri tutti morti in circostanze poco chiare, viene affidato a una famiglia svizzera con cui, poco più che ragazzo, litigherà furiosamente fino a farsi espellere dal paese, non senza aver conosciuto la reclusione in una clinica psichiatrica, il primo ricovero di una lunga serie. Ha quasi vent’anni (è il 1919) quando da Chiasso abbandona la Svizzera per raggiungere Gualtieri, paese del Reggiano dove era nato e aveva vissuto a lungo il padre adottivo. Senza conoscere l’italiano, è costretto a vivere del lavoro occasionale nei campi e della carità dell’ospizio comunale. Nel 1920 comincia a dipingere tele audaci e coloratissime: paesaggi della Bassa con campanili svizzeri sullo sfondo, molti autoritratti in cui il suo sguardo “buca” la tela, tantissimi animali, tigri, volpi, aquile e cavalli imbizzarriti. Nei quarant’anni successivi, tra un ricovero e l’altro nei manicomi emiliani, vive in un bosco, un po’ perché la comunità di Gualtieri ve lo mandava emarginandolo, un po’ per scelta sua. Dipinge a tempo pieno senza fini di lucro, baratta le sue opere per una minestra o per un oggetto che necessita.
Dal ’48 mercanti e critici cominciano ad accorgersi di lui, ma è solo nel ’57 che un servizio fotogiornalistico del quotidiano “Il Resto del Carlino” ne fa un personaggio conosciuto in tutta Italia. Nel 1961 è allestita la prima personale a lui dedicata, alla Galleria La Barcaccia di Roma. Ligabue da quel giorno è il più autorevole rappresentante del movimento pittorico naïf del Novecento italiano, anche se riuscire a incasellarlo in un genere pittorico è esercizio quantomeno bizzarro. Un incidente motociclistico e una paresi che gliene deriva rallentano la sua attività negli anni successivi. El matt, come tutti lo chiamavano, come pure Al todesc, a causa della sua origine svizzera e per la lingua che conosceva meglio dell’italiano, muore a Gualtieri nel 1965.
Il progetto Ligabue. Così nasce il “progetto Ligabue”, dall’intima necessità di Mario Perrotta a indagare i temi della diversità, della follia, della creatività che ne deriva e che in modo così intenso sono racchiusi nella figura dell’uomo e dell’artista Antonio Ligabue. Il progetto si sviluppa in tre fasi di carattere multidisciplinare che promuovono lo scambio tra realtà diverse, coinvolgendo artisti di differente provenienza linguistica e geografica.
Perrotta presenta il progetto così: “Indagare Ligabue significa indagare il rapporto di una comunità con lo “scemo del paese”, da tutti temuto e tenuto a margine, ma significa anche accettare lo spostamento che provoca una nuova visione delle cose, una visione “folle”, che mette a rischio gli equilibri di chi osserva, costringendolo a porsi la classica domanda: chi è il pazzo? (…) Stare al margine è condizione disumana ma è anche angolo privilegiato di osservazione. Essere pazzo ti posiziona fuori, ma se dipingi con quella forza, forse sono gli altri che sono dentro. E nonostante questa consapevolezza, soffrire come un cane la mancanza d’amore”.
Prima fase: l’Uomo. Nel giugno del 2013 ha debuttato il monologo “Un bès – Antonio Ligabue”, in cui Perrotta diventa letteralmente Ligabue. Antonio il diverso, il pazzo, il genio, lo straniero, il reietto. Antonio l’Uomo. Alla disperata ricerca di un po’ d’affetto, di contatto, di… “un bès”.
L’artista Perrotta sceglie di mettere il focus sul bacio mancato, mai dato, mai ricevuto. Neanche uno. Mai. Riusciamo a immaginare come sarebbe il nostro presente senza neppure un bacio nel passato? Perrotta prova a vivere quest’assurdo strappo e quell’esistenza ai margini, costantemente etichettato come “lo scemo del paese”. Uno “scemo” che dipingendo bestie rimandava alla sua visione del mondo e al rapporto fondamentale che esiste tra gli esseri umani, di violenza, di sottomissione al potere, ricordando che gli appartenenti alla nostra specie sono tra i pochi in natura a non far prevalere l’interesse collettivo su quello individuale. “Mi attrae e mi spiazza la coscienza che aveva di essere un rifiuto dell’umanità e, al contempo, un artista, perché questo doppio sentire gli lacerava l’anima: l’artista sapeva di meritarlo un bacio, ma il pazzo, intanto, lo elemosinava.”
Mario Perrotta ha una relazione carnale col pubblico, si respira insieme, platea e palcoscenico diventano un corpo unico. Per questo vale la pena essere tra quel pubblico: si ha l’occasione di vivere uno di quegli speciali momenti in cui l’arte si discosta dall’autocelebrazione ed entra dritta dritta a scaldare il cuore delle persone. Il prestigioso Premio Ubu 2013 (l’Oscar del teatro italiano) come migliore attore dell’anno è arrivato quasi inevitabile, a suggellare tanta generosità umana.
Vicino a noi potremo vivere lo spettacolo “Un bès” la sera del 7 novembre 2014, al Teatro dell’OSC di Mendrisio.
Seconda fase: il Pittore. Dalla scorsa primavera è sbocciato il secondo spettacolo dedicato ad Antonio Ligabue, “Pitùr”.
Perrotta avrebbe potuto replicare la formula di “Un bès”, invece si è messo in disparte e ha lasciato agire un gruppo di giovani attori-autori che con i loro corpi hanno “pennellato” quel che della vita e delle opere di Ligabue risuonava in loro. Uno spettacolo corale in cui vengono danzate le tele di Antonio, la sua arte, i suoi paesaggi, le sue figure, gli abbandoni vissuti e lo struggente desiderio di contatto fisico.
Sette appassionati attori vestiti di bianco come tele pronte per essere dipinte e un Mario Perrotta a cui, pur defilato, bastano una manciata di minuti per imprimere emozioni sottopelle commuovendoci con quel “Mi strappo la faccia”…
Terza fase: i Luoghi. L’ultima fase del progetto metterà a tema i luoghi di Ligabue, il rapporto tra il suo paesaggio interiore, la Svizzera mitica della sua infanzia, e quello esteriore, la pianura padana con il grande fiume Po. Nel corso della primavera 2015 il paese di Gualtieri verrà fisicamente occupato da attori, musicisti, danzatori, video-makers, artisti figurativi, partendo dalla piazza e invadendo tutto il territorio intorno al fiume, con tre possibili percorsi per avere prospettive costantemente ribaltate. Gualtieri occupata con ogni forma d’arte proprio per rompere i confini tra le arti, e metaforicamente frantumare confini d’ogni sorta, da quelli territoriali a quelli mentali.
Un consiglio. Oltre ad agendare “Un bès” il 7 novembre 2014, regalatevi una trasferta al museo Ligabue di Gualtieri, e chiedete del custode Luca Torrelli: il viscerale racconto spontaneo che vi farà vivere varrà da solo la fatica del viaggio!
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