È ancora un po’ presto, ma cominciamo a segnalarvelo. In Novembre Andreas Barella, una delle Muse de La Voce delle Muse, terrà un ciclo di quattro incontri. Eccovi tutti i dettagli e la locandina!
QUANDO: Quattro domeniche dal 12 novembre, dalle 17:00 alle 18:30 DOVE: Centro Culturale e Biblioteca La Filanda, Via Industria 5, 6850 Mendrisio (Svizzera). Vai al sito. Iscrizioni: Non serve iscriversi. Le conferenze sono gratuite e adatte a tutti.
CONTENUTI: La funzione principale del mito è aiutare ogni individuo nel viaggio della sua vita, fornendogli una sorta di mappa, di guida turistica per raggiungere la pienezza e la realizzazione di sé. In queste quattro serate esamineremo alcuni degli aspetti personali e psicologici del mito, applicando i più vasti temi della mitologia mondiale alla crescita personale e alla ricerca della trasformazione. Nella prima serata ci occuperemo di alcuni miti di creazione; nella seconda andremo a leggere alcuni miti che parlano della differenza della visione del mondo di cacciatori e di raccoglitori, nella terza serata parleremo di alcune divinità femminili greche e nell’ultima serata andremo alla scoperta di un’opera medievale che ancora oggi affascina: la storia di Tristano e Isotta. Scarica la locandina.
La maestosa Morgan Library di New York ospita fino al 16 febbraio 2023 una mostra unica, intitolata Colei che scriveva: Enheduenna e le donne della Mesopotamia, dal 3400 al 2000 a.C. circa (al link c’è anche un bel video di presentazione con numerose statuette e sigilli: merita!). Se vi trovate dalle parti di Manhattan, programmate assolutamente di vederla. Quella degli antichi sumeri è la prima letteratura umana che si conosca, la lingua sumera è la più antica lingua scritta ed Enheduenna è la prima scrittrice sumera di cui ci è giunto il nome, quindi la prima scrittrice conosciuta della storia dell’umanità. Leggeva e scriveva anche l’accadico. Definita dagli studiosi successivi “la Shakespeare del suo tempo”, i suoi salmi, le sue preghiere e le sue epopee hanno influenzato i salmi della Bibbia ebraica, il Cantico di Salomone, i poemi di Omero, il Magnificat e gli inni cristiani.
Enheduenna è rimasta sconosciuta all’epoca moderna fino al 1927, quando l’archeologo Leonard Woolley ritrovò oggetti che portano il suo nome e la sua immagine. Oggi sappiamo che il suo nome in sumerico significa “ornamento del cielo” e che era definita l’alta sacerdotessa, anzi (non scriveremo qui il diminutivo “sacerdotessa”) alta sacerdote della divinità lunare Nannasuen. La sua esistenza come personaggio storico è certa; non è una figura mitica, come non lo è suo padre, Sargon il Grande. I documenti storici indicano che sua madre era una sumera della Mesopotamia meridionale e che suo padre era presumibilmente figlio di una sacerdote. Compose 42 Inni del Tempio e tre poemi a sé stanti, paragonabili all’Epopea di Gilgamesh, che non è attribuita a un autore ma che gli studiosi considerano un’altra parte importante dell’eredità letteraria della Mesopotamia. È stata la prima scrittrice a usare la prima persona, un fatto di per sé sorprendente.
Enheduenna esercitò anche un notevole potere politico: come figlia di Sargon, in cui la maggior parte degli storici riconosce il fondatore del primo impero del mondo, svolse un ruolo essenziale nel legare la regione mesopotamica settentrionale di Akkad, dove suo padre salì al potere, e le città-stato sumere del sud che egli conquistò. Lo fece fondendo le credenze e i rituali associati alla dea sumera Inanna con quelli della dea accadica Ishtar, enfatizzando questi legami nei suoi inni e poemi letterari e religiosi e creando così un sistema comune di credenze in tutto l’impero.
Ciascuno degli inni che Enheduenna scrisse per 42 templi nella metà meridionale della Mesopotamia metteva in evidenza il carattere unico della dea patrona per i fedeli di quelle città – in altre parole, rendeva le preghiere rilevanti per i fedeli locali. Gli inni furono poi copiati dagli scribi dei templi per secoli dopo la sua morte. I suoi scritti ci sono giunti su tavolette di argilla incise nella scrittura nota come cuneiforme.
In questo estratto del suo poema L’esaltazione di Inanna, descrive il processo creativo: “Ho dato vita, o esaltata dea, a questo canto per te. Quello che ti ho recitato a mezzanotte, possa il cantore ripeterlo a mezzogiorno”, rendendo omaggio alla magia della scrittura in sé, che rende possibile a un testo di durare nel tempo senza bisogno di essere memorizzato. La scrittrice rivendica inoltre con orgoglio la sua autorialità alla conclusione degli inni del tempio: “La compilatrice della tavoletta è Enheduenna e ciò che è stato creato qui nessuno lo ha mai creato prima!”. Il che è vero.
La sua padronanza della matematica, tra l’altro, è forse meno sorprendente se ricordiamo che gli storici fanno risalire le origini della matematica alla Mesopotamia, in contemporanea allo sviluppo del cuneiforme e di altri sistemi di scrittura; lettere scritte e numeri si sono probabilmente sviluppati per necessità nell’attiva economia agricola e tessile della regione, dove agricoltori e mercanti contavano e registravano ciò che veniva prodotto, venduto e scambiato. Le donne si appropriarono di vari ruoli (o forse li avevano da sempre) in un’ampia varietà di mestieri, tra cui la ceramica, la tessitura, la panificazione, l’allevamento, la produzione di birra e il lavoro artigianale.
Enheduenna visse, compose e insegnò circa 2000 anni prima di Aristotele e 1700 anni prima di Saffo, e racconta la sua storia di esilio e di ritorno al potere per intervento di Inanna in un inno che entrò a far parte dei miti culturali della Sumeria e fu una componente di quella civiltà per migliaia di anni. Il componimento descrive il tentativo di colpo di stato contro la sua autorità da parte di un ribelle di nome Lugal-Ane, la sua cacciata e la sua preghiera alla dea. Spiega di essere stata bandita dal tempio della città di Oruk e denuncia Lugal-Ane, che ha distrutto il tempio, uno dei più grandi del mondo antico, e non solo: nel primo caso registrato di molestie sessuali, ha fatto avance sessuali alla somma sacerdote, la sua stessa cognata. Questo è il discorso che Enheduenna gli rivolge nel Lamento allo spirito della guerra: “Abbatti tutto ciò che vedi, alzandoti su ali spaventose ti precipiti a distruggere la nostra terra, infuriando come temporali, ululando come uragani, urlando come tempeste, la vegetazione crolla davanti a te! Il sangue sgorga dalle montagne, spirito di odio, avidità e vendetta! Il tuo fuoco feroce consuma la nostra terra!”
Si rivolge anche a Inanna, in modo intimo e personale, erotico e caldo: “Ho disposto le tue margherite, ho acceso i carboni, ho condotto i riti, ho preparato la tua camera nuziale! Ora il tuo cuore mi abbracci! Queste sono le mie creazioni, regina onnipotente, che ho fatto per te, ciò che ho composto per te nel buio della notte il cantore lo canterà di giorno.” Sembra che Inanna l’abbia ascoltata, perché le fu restituita la sua carica e scrisse che “il giorno le fu favorevole, vestita di bellezza, raggiante di gioia, avanzava come l’elegante luce della luna, oh sia lode a Inanna!”.
Enheduenna sembra essere stata la prima donna a ricoprire questa carica a Ur, e il suo comportamento come somma sacerdote sarebbe servito da modello per coloro che l’hanno seguita. La raffinatezza e la bellezza delle sue opere non ebbero un impatto solo sulla teologia mesopotamica ma anche sulla politica, avvicinando gli dèi alla gente del paese, rendendoli personaggi più profondi e simpatici, divinità per tutto il popolo e non solo per i sumeri o gli accadi. In definitiva, il fascino dell’opera di Enheduenna sta nell’aperta sensualità e nell’ardente devozione. In un Magnificat precristiano a Inanna, La Signora dal cuore grande, scrive: “Tu sei magnifica. Il tuo nome è lodato, tu sola sei magnificata! Mia signora, io sono tua. E così sempre sarà, che tu possa ascoltarmi ed essere ben disposta verso di me. La tua divinità risplende nella terra! Il mio corpo ne ha fatto esperienza!”.
Nella giornata della Festa delle Donne 2022 pubblichiamo una acuta e ricca esposizione di una visione matriarcale, che a La Voce delle Muse piace molto. In una società di questo tipo anche l’attuale guerra in Ucraina non sarebbe stata concepibile. Pace e Auguri alle nostre lettrici!
Introduzione – I risultati delle ricerche sviluppate nell’ambito dei Moderni Studi Matriarcali confutano l’ideologia della dominazione maschile universale e del patriarcato. I Moderni Studi Matriarcali sono interessati a indagare e a presentare società non patriarcali: quelle che sono esistite nel passato e quelle tuttora esistenti. Perché ancora oggi nel mondo esistono popolazioni indigene in Asia, Africa, nelle Americhe e in Oceania, che favoriscono culture tradizionali che presentano modelli matriarcali. Questi modelli non sono solo una mera inversione del patriarcato dove le donne governano – come comunemente si crede -: sono invece società fondate sull’uguaglianza di genere, e molte di esse sono completamente egualitarie. Sono società libere dalla dominazione, ma rese stabili da certe linee guida e da codici precisi. Uguaglianza, negli ambiti matriarcali, non significa semplicemente livellamento delle differenze. Le differenze naturali tra i generi e le generazioni sono rispettate e onorate, ma non implicano gerarchie come succede solitamente nelle società patriarcali. I diversi generi e le generazioni hanno il loro valore e la loro dignità e dipendono gli uni dagli altri tramite un sistema di attività complementari. Più precisamente, le società matriarcali sono società basate su un’uguaglianza complementare in cui la cura è molto importante nel creare l’equilibrio. Questo equilibrio si applica tra i generi, le generazioni, gli esseri umani e la natura: ciò crea un’attitudine verso la pace.
La struttura profonda delle Società Matriarcali – Sulla base di ricerche che prendono in considerazione culture diverse, ed esaminandole caso per caso, ho sintetizzato le strutture e le linee guida che regolano trasversalmente a tutti i livelli le società matriarcali. È così emersa la struttura profonda delle società matriarcali. Per rendere più chiara questa struttura introduco brevemente i modelli organizzativi matriarcali a livello sociale, economico, politico e culturale.
A livello economico le società matriarcali sono spesso società agricole, ma non esclusivamente. In base a un sistema che è identico a quello dei vincoli parentali e dei sistemi di matrimonio, i beni circolano come doni. Il vantaggio o lo svantaggio dei termini di acquisizione dei beni è mediato da linee guida sociali. Alle feste dei villaggi, i clan ricchi invitano tutti gli abitanti come loro ospiti. I membri del clan più ricco organizzano i banchetti, i rituali, la musica e le danze di uno dei festival annuali e regalano i loro beni come doni a tutti i vicini. In questo modo acquisiscono solo onore. Poiché questa è un’attitudine generale, le economie matriarcali possono essere definite effettivamente delle economie del dono (così come le ha formulate G. Vaughan). Questo sistema impedisce che i beni siano accumulati da un gruppo o da una persona specifica, creando così un sistema di mutuo aiuto. Evitando l’accumulazione, si mantengono in modo consapevole i principi dell’uguaglianza economica, ciò che rende egualitarie queste società. Pertanto, a livello economico le società matriarcali creano un’economia bilanciata, che è la base della pace. In relazione a questi due aspetti, le definisco società di reciprocità economica, basate sulla circolazione dei doni.
A livello sociale, le società matriarcali sono basate sul clan. Le persone vivono insieme in grandi gruppi legati da vincoli che seguono il principio della matrilinearità, cioè la parentela in linea materna. Il nome del clan, gli onori sociali e i titoli politici sono ereditati dalle madri. Un matri-clan consiste di almeno tre generazioni di donne e di uomini a esse imparentate. Vivono insieme in una grande casa del clan, ed è ciò che viene definito matrilocalità. Il clan è un’unità economica autosufficiente. Al fine di raggiungere una coesione sociale tra i clan di un villaggio o di una città, sono state sviluppate complesse convenzione matrimoniali per legare i clan affinché abbiano benefici reciproci. Il risultato è che tutti gli abitanti di un villaggio o di una città sono imparentati in qualche modo tra loro. Queste relazioni, basate sul vincolo, costituiscono un sistema di supporto reciproco che ha regole precise. In questo modo si crea una società senza gerarchie che si concepisce come un clan esteso in cui ciascuno è “madre” o “sorella” o “fratello” di tutti. Pertanto, definisco le società matriarcali come società orizzontali non gerarchiche, di discendenza matrilineare.
Il fattore decisivo per una società di pace è il processo attraverso cui si prendono le decisioni politiche. Nelle società matriarcali, la pratica politica segue il principio del consenso, che significa unanimità per ogni decisione. Al fine di attuare questo principio le società si sono ben organizzate sulla base dei vincoli del lignaggio matriarcale. La base di ogni decisione è ciascuna casa del clan. Le questioni che riguardano la casa del clan sono decise dalle donne e dagli uomini mediante un processo di consenso. Lo stesso si applica alle decisioni che riguardano l’intero villaggio. Le donne e gli uomini si incontrano nella casa del clan dove formano un consiglio per discutere le questioni domestiche. Quando si discutono temi che riguardano il villaggio, i delegati di ogni casa-clan si incontrano per il consiglio del villaggio. I delegati non prendono decisioni, ma comunicano semplicemente le decisioni che sono state prese nella loro casa-clan. Questi/e mantengono il sistema di comunicazione del villaggio e vanno avanti e indietro tra il consiglio del villaggio e la loro casa-clan fino a quando il villaggio intero raggiunge il consenso. La stessa cosa si applica a livello regionale. I delegati dei villaggi si spostano tra i consigli dei villaggi e il consiglio regionale fino a quando tutti gli appartenenti alla regione hanno raggiunto il consenso. È abbastanza evidente che una tale società non sviluppa gerarchie o classi e che non è possibile sviluppare un differenziale di potere tra i generi o le generazioni. Pertanto, definisco le società matriarcali a livello politico “società ugualitarie di consenso”.
Ma un tale sistema sociale non potrebbe funzionare completamente se non ci fosse una profonda attitudine spirituale che permea e supporta il tutto. A livello spirituale e culturale, le società matriarcali non hanno religioni basate su un Dio maschile, trascendente e onnipotente, e tanto meno sullo Spirito Santo, contrapposto a un mondo che viene svalutato come “materia cattiva o morta”. Nelle società matriarcali la divinità è immanente in quanto il mondo intero è considerato divino, divino femminile. Ciò si esprime nella concezione diffusa dell’universo come Grande Dea, colei che ha generato ogni cosa, tra cui la terra, che come Grande Madre, produce tutto ciò che è vivente, e nella concezione secondo cui ciascuna/o è dotata di divinità. In un tale cultura, tutto è spirituale. Nei festival, che seguono i cicli stagionali e i cicli della vita, tutto viene celebrato. Non c’è alcuna separazione tra il sacro e il profano, e anche le attività quotidiane hanno un significato rituale. In questo senso le società matriarcali sono sacre. La natura è considerata sacra, inclusa la terra e il cosmo, e gli esseri umani la venerano vivendo in pace con Essa. Pertanto, a livello spirituale, definisco le società matriarcali “società sacre e culture del Femminile Divino o Dea”.
Politica Patriarcale – Da questa sintesi dei Moderni Studi Matriarcali si deduce che si tratta di modelli di conoscenza non patriarcali sostanzialmente pacifici, fondati sull’uguaglianza sociale, politica e culturale. Conoscere questi modelli è urgente e necessario in questa fase ultima e globalmente distruttiva del patriarcato. Appare sempre più evidente oggi l’importanza dei modelli matriarcali sia per le società attuali che per quelle future. I matriarcati non sono utopie astratte, costruite sulla base di concetti filosofici non attuabili, al contrario, essi sono esistiti per lunghi periodi storici giungendo sino ad oggi. I matriarcati incarnano un enorme complesso di creatività intellettuale e di esperienze pratiche, e appartengono necessariamente al retaggio delle conoscenze culturali dell’umanità. I loro valori dimostrano come la vita possa essere organizzata intorno a modalità non violente fondate sui bisogni, o meglio, semplicemente umane.
Vorrei proporre alcuni suggerimenti per una nuova società ugualitaria e pacifica. Questo cammino è definito “Politica Matriarcale”. Naturalmente non possiamo imitare le società matriarcali tradizionali, ma possiamo riceverne stimoli e visioni profonde considerando che a differenza di utopie teoriche, esse hanno vissuto per millenni. Da un punto di vista economico, credo che la lezione del matriarcato consista nel trovare una nuova economia di sussistenza, basata su unità locali e regionali. Le comunità di questa economia lavorano in modo autosufficiente creando circoli di economia del dono. La qualità di vita che ne risulta è per loro più importante del produrre una grande quantità di merci. Le donne sono il perno di queste strutture economiche e ne sono ben consapevoli. Pertanto, la regionalizzazione e i circoli del dono creati dalle iniziative delle donne sono uno strumento dell’economia matriarcale. A livello sociale, penso sia necessario creare e supportare gruppi o comunità basati sull’affinità. Questi possono essere le comunità tradizionali esistenti, o altre nuove comunità. Tali comunità di affinità si formano sulla base di un rapporto spirituale-filosofico tra i membri, che si sentono come “fratelli/sorelle per scelta”, e possono così formare dei “clan simbolici”. I clan simbolici hanno la tendenza a diventare matriarcali se hanno preso l’avvio e sono condotti da donne. I fattori decisivi sono i bisogni delle donne, e in particolare quelli dei bambini, che sono il futuro dell’umanità. A livello politico, il principio del consenso matriarcale è della massima importanza per una società veramente ugualitaria. Il principio del consenso è la fondazione per costruire nuove comunità matriarcali. Seguendo questo principio, le piccole unità dei nuovi matri-clan simbolici sono quelle che prendono decisioni. Ma questo può essere praticato solo a livello regionale. Secondo una prospettiva di sussistenza, l’obiettivo politico è di creare delle regioni fiorenti e autosufficienti – e non grandi stati-nazione, o unioni di stati o super poteri. A livello culturale, la lezione delle società matriarcali consiste nell’abbandonare le religioni gerarchiche che pretendono di possedere la verità. È invece necessario guardare il mondo come qualcosa di sacro, amarlo e proteggerlo, poiché secondo la cultura matriarcale, tutto nel mondo è divino.
Per questo la spiritualità matriarcale può nuovamente pervadere tutto e divenire parte della vita quotidiana. Questo è il cammino verso una nuova società ugualitaria, e può essere solo olistica, senza per questo essere vaga. Deve essere un cammino concreto, che non si perde in dettagli. Lo chiamo il “modello matriarcale”. È una visione chiara che può diventare una linea guida pratica per integrare le diverse azioni delle promotrici/ori di pace, e renderle così più potenti. Ritengo che molto del lavoro portato avanti oggi dai movimenti alternativi a livello economico, sociale, politico e spirituale tenda implicitamente verso i modelli matriarcali che ho qui illustrato. (Tratto e adattato da Società Matriarcali come Società di Pace – Armonie (armoniedonnebologna.it). Sito che vi invitiamo a visitare e che ringraziamo per il prezioso lavoro che svolge.)
Michela Daghini nella trasmissione GERONIMO di Rete Due della RSI, in onda il 24 dicembre del 2019, si concentra sul potere della parola, sulla sua capacità di esprimere significato e di far risplendere la natura del cosmo e l’esperienza della vita. Lo fa intervistando il grecista Davide Susanetti, dopo una densa conferenza nell’ambito delle Eranos Jung Lectures 2019 ad Ascona al Monte Verità, sul tema “Politiche e tecniche della paura”. Al centro dell’intervento di Susanetti, la parola ispirata, che si esprime attraverso i poeti e i sapienti della Grecia, ma anche quella che si manifesta nella sfera della politica e del discorso pubblico e che si confronta con le opposte polarità della paura e del coraggio, esponendosi ad una serie di rischi e di esclusioni. Soprattutto quando contraddice il potere o si pone al di fuori del conformismo della corrente comune di pensiero. Susanetti si è soffermato poi sull’importanza della parola, e del recupero della sua dimensione altra, di connessione con l’ambito iniziatico. Ascoltate qui la ricca intervista.
Davide Susanetti è professore di Letteratura greca presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova. Si occupa prevalentemente di tragedia greca, Platone, ermetismo, alchimia, pensiero esoterico e simbolico. Susanetti, Davide. Luce delle muse: la sapienza greca e la magia della parola. Milano: Bompiani, 2019. Altri libri di Davide Susanetti.
In occasione della proiezione dello sceneggiato Rai al Centro Culturale e Biblioteca LaFilanda di Mendrisio, vi elenchiamo tutti i post che nel corso degli anni abbiamo pubblicato inerenti l’Eneide di Virgilio. Buona lettura! Vi aspettiamo in Biblioteca per la visione delle rimanenti puntate, commentate da Andreas Barella!
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