Ulisse tende l’arco davanti ai meravigliati e tracotanti Proci!
Buongiorno a voi, care amiche e cari amici. Una breve nota per segnalarvi che abbiamo aggiunto una pagina nuova al sito: si tratta della descrizione del nostro lavoro come narratori nelle librerie, negli oratori, nelle scuole e nei festival di narrazione. La trovate nel Menu – Cosa Offriamo.
Nella pagina abbiamo anche incluso il nostro repertorio e alcune locandine d’esempio con la descrizione del contenuto delle nostre narrazioni. Sappiate che a breve torneremo a narrare in giro per librerie!
E ATTENZIONE ATTENZIONE… ARRIVEREMO CON UNA NUOVA MUSA! A BREVE MAGGIORI NOVITÀ!
Qua nel MitoBlog abbiamo recensito alcuni libri scritti da Robert Graves. Ecco qualche notizia bio-bibliografica su questo prolifico scrittore inglese. La sua versione de “I Miti Greci” è l’edizione che le Muse utilizzano per preparare le storie che raccontano e con le quali lavoriamo nelle scuole. Potete cliccare sui titoli recensiti per andare alla nostra recensione. In basso anche il link a una breve descrizione della poetica di Robert Graves.
Robert Graves nacque a Londra nel 1895, figlio del poeta irlandese Alfred Percival Graves e di madre tedesca, nipote del famoso storico tedesco Leopold von Ranke. Dopo gli studi compiuti a Oxford, combatté in Francia durante la prima guerra mondiale; esperienza, questa, rievocata nelle prime raccolte di versi: Over the Brazier (1916) e Fairies and Fusiliers (1917). Finita la guerra, insegnò letteratura inglese a Oxford e, per breve tempo, in Egitto. Nel 1927 si trasferì a Maiorca, dove, salvo una breve parentesi, rimase sino alla morte nel 1985.
Scrittore molto prolifico e sostanzialmente estraneo ai movimenti letterari che caratterizzarono la cultura inglese del Novecento, pubblicò una quindicina di raccolte poetiche, numerosi romanzi e una mole notevole di saggi. La sua fama è legata soprattutto a importanti studi sulla mitologia: La dea bianca (1948), I miti greci (1955) e, in collaborazione con R. Patai, I miti ebraici (1963); e a una serie di romanzi storici dedicati alla classicità: Io, Claudio (1934), Il divo Claudio (1934), Belisario (1938), Il vello d’oro (1944), Io, Gesù (1946), Sette giorni fra mille anni (1949) e La figlia di Omero (1955).
Robert Graves ha approfondito, su temi di natura poetica, lo studio antropologico di James Frazer nel suo Il ramo d’oro. La teoria fondamentale è che sia esistito un continuum cultuale in tutti i popoli indoeuropei, le cui tracce si possono individuare dai Veda, alla Bibbia, ai miti gaelici.
La religione primitiva, secondo Graves, è legata essenzialmente all’agricoltura, e venera la Dea Madre Terra come divinità superiore. Da un iniziale “monoteismo”, sono poi scaturite le diverse divinità, secondo i tempi, i luoghi, le etnie, le guerre. Così ogni aspetto della Dea si è di volta in volta personificato, con nomi diversi, rimanendo facilmente individuabile nelle diverse culture. Graves, riprendendo Frazer, ipotizza che la ritualità nasca dalla necessità dell’uomo di essere padrone del ciclo della terra, così da non lasciarsi soggiogare dalla crudeltà della natura. Poiché le scelte su come, dove, quando e cosa coltivare erano in mano alle sacerdotesse della Dea, e non ai contadini, esse venivano conservate e tramandate per mezzo di cerimonie sacre segrete, i cosiddetti misteri.
La ricerca di Graves parte dallo studio dell’alfabeto irlandese. Valutando una nutrita vastità di dati e seguendo un personalissimo, e controverso, filo logico, Graves individua in realtà, nella successione alfabetica delle lettere, un indovinello che, ricomposto secondo l’ordine dei mesi dell’anno liturgico, nasconde il nome ineffabile di Dio, il Tetragrammon, o meglio le sue vocali che tutti cercano. Lo studio è descritto nei particolari ne La Dea Bianca.
Le invasioni di popoli pastori-guerrieri provenienti dall’est hanno pian piano usurpato la religione dei contadini e imposto i propri dèi maschili: i miti che raccontano stupri da parte di divinità maschili (basti ricordare Zeus) sarebbero il retaggio mitologico di tali eventi antropici. Come accade spesso nelle migrazioni, però, è la cultura invasa a essere quella più forte, che comunque sopravvive e ingloba la cultura sopravveniente. Si impongono quindi i nomi dei nuovi dèi del pantheon degli invasori, ma la struttura cultuale rimane quella preesistente. Fino a quando il dio maschile del Tetragrammon, il Dio degli Eserciti (Sabaoth) non ne esce vittorioso.
JHWH è un dio maschile, che ha spezzato la ciclicità della storia imposta dalla Dea: un tempo, per rendere fertili i campi, il compagno della Dea veniva sacrificato ogni anno per un novello sposo, come raccontano numerosi miti in altrettante numerose varianti. JHWH, quindi, si impone come unico e onnipotente Dio: un dio geloso, sottolinea la Bibbia. Graves, in particolare, individua nel profeta ebreo Ezechiele il fautore principale di questa rivoluzione religiosa, che non si limita al solo popolo ebraico, ma si diffonde, sempre seguendo la linea temporale delle migrazioni, fino all’occidente celtico.
“Ma ricordati, Anceo, niente menzogne. I morti possono dire soltanto la verità, anche se torna a loro discredito.” Termina così l’invocazione di Robert Graves all’inizio del romanzo Il vello d’oro (Graves, Robert, Il Vello d’oro, Longanesi, ripubblicato nel 2016, 536 pagine, 22 Euro). È Anceo il Lelego, Anceo il Piccolo che narra la storia del Viaggio di Giasone e di tutta la combriccola di eroi greci che partono alla conquista del Vello d’oro nascosto in fondo alla Colchide. Il libro si apre con la narrazione della morte di Anceo, abbandonato sull’isola di Maiorca, dove vige il matriarcato sacro della Ninfa e della Grande Sacerdotessa sua madre. Anceo, ormai vecchio e stanco viene esiliato ai confini del mondo greco proprio per la sua fedeltà alla Grande Dea matriarcale: è ormai l’ultimo superstite della missione capitanata da Giasone. E a Maiorca viene seppellito: Graves che a Maiorca ha vissuto buona parte della sua vita, lo interroga sulle vicende di cui è stato protagonista.
Graves, come già ha fatto nelle note del suo volume I Miti greci, non si limita a romanzare le Argonautiche di Apollonio Rodio, ma amplia e corrobora la sua narrazione con supposizioni sulla nascita del Pantheon greco e del passaggio sofferto e combattuto dal Matriarcato della Dea Bianca al Patriarcato degli dèi olimpici. Il Vello d’oro assume quindi una valenza di rivalsa della Dea su quello che viene descritto come un usurpatore (Zeus) e tutto il viaggio di Giasone assume delle connotazioni religiose e divine. La navigazione dell’Argo passa attraverso molte terre e popoli e di ognuno narra episodi e mostra culti, tradizioni ed eroi. Si tratta di un’odissea affascinante e ricca di dettagli e magia. Anche gli argonauti, vale a dire gli eroi imbarcati sulla nave con Giasone vengono pennellati con originalità e ricchezza: Ercole il fortissimo eroe, Orfeo il musico che smuove le piante e i sassi con la sua lira, sono tra i miei preferiti, ma anche l’allevatore di api, Castore e Polluce e molti altri rimangono nella memoria.
Si tratta di un romanzo che definirei enciclopedico: miti e leggende vengono riassunti e interpretati liberamente da Graves spesso tramite la voce di Orfeo che diletta i compagni con i suoi canti. Medea, la Sacerdotessa maga che aiuta Giasone nell’impresa di sottrarre il Vello d’oro è un po’ negletta e al personaggio viene data meno importanza di quanta ne meriti la tragica figura della donna che per amore tradisce tutte le cose più care. La ricchezza del romanzo è garantita dal suo intrecciare leggende pelasgiche, cretesi, tracie, e di molte altre regioni del mappamondo antico: Colchide, Tauride, Albania, le Amazzoni, i trogloditi… tradizioni di fertilità, matrimoniali, sepolture, nascite, presenze spirituali, sacrifici sacri, cerimonie quotidiane e riti segrete, cacce di animali sacri, rituali di coltivazione, tecniche navali e di navigazione, esempi di diplomazia antica, incontri di boxe sulla spiaggia, tradimenti spaventosi. Insomma nelle 500 e passa pagine del romanzo non c’è modo di annoiarsi.
Da notare che Graves scrive il romanzo dal punto di vista di un greco antico (è la voce di Anceo che narra), per cui molti accadimenti vengono descritti come dati di fatto. Per esempio è normale capire il linguaggio degli uccelli per un auguro, oppure Ercole è davvero invincibile e la sua forza non ha pari. Insomma, una bella immersione in un mondo magico e antico. Lettura consigliata!
Buongiorno a tutte e tutti i nostri amici. Dopo un certo periodo di silenzio vi preannunciamo che La Voce delle Muse si prepara a tornare ad allietare grandi e piccini! Intanto abbiamo scelto, a grande richiesta, di abbandonare i soliti caldi lidi greci e di spostarci a nord, nelle brumose terre degli dèi nordici; andremo a esplorare i luoghi di Odino, Thor, e del malvagio Loki.
Or ora ci stiamo preparando e stiamo leggendo miti e leggende, fiabe e tradizioni locali. A primavera saremo pronti e con nuove forze ci presenteremo ai nostri piccoli ascoltatori nelle librerie della Svizzera italiana! A presto, piccoli eroi!
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