L’aedo e il guerriero son pronti a cominciare il racconto del ritorno di Ulisse
Solo due righe per ringraziare i nostri fedeli e attenti ascoltatori piccini picciò! Stamattina, seppur con la concorrenza delle porte aperte all’ospedale della Beata Vergine abbiamo contato un numeroso pubblico ad ascoltare “Il Ritorno a Itaca di Ulisse”. E COMPLIMENTI alle ragazze e ai ragazzi presenti: ci hanno aiutato a fare un piccolo “riassunto delle puntate precedenti” svolte in primavera e si ricordavano tutto: Circe e le sue magie, le sirene e la loro musica, Scilla e Cariddi, Polifemo e la sua famosa “Nessuno mi uccide!”, la guerra sanguinosa e il cavallo di legno, Nausicaa (con due aa alla fine, perchè quando passava tutti dicevano: aaaaaa che bella!) e Alcinoo (con due oo alla fine perché, essendo il padre di Nausiacaa, quando passava tutti dicevano: ooo che bello pure lui!). E poi via… con il ritorno sull’isola tanto amata, Eumeo guardiano di porci, Telemaco e i suoi viaggi, Penelope e la sua tela, il mendicante e il cane Argo, la gara con l’arco… Grazie alla Libreria al Ponte per l’accoglienza e arrivederci a gennaio 2014 con ERCOLE, L’UOMO PIÙ FORTE DEL MONDO!
Ulisse tende l’arco davanti ai meravigliati e tracotanti Proci!
Ho finito tutti e tre i volumi di Hunger Games. La lettura è appassionante e scorre rapida da un colpo di scena all’altro. Però però… la freschezza della novità del primo volume è scomparsa, i collegamenti e i richiami agli archetipi della mitologia, si diluiscono e spariscono nel corso della lettura. Il secondo e soprattutto il terzo capitolo della saga di Katniss divengono libri (e film… sembrano scritti proprio per essere trasferiti sul grande schermo) avventurosi che devono portare a compimento il ciclo narrativo. Ogni quesito riceverà una risposta, ogni arcano sarà svelato, ogni matassa verrà dipanata. Il lettore è soddisfatto, meno l’amante della mitologia: quella capacità di lasciare molti dettagli all’immaginazione e al potere amplificatorio del lettore scompare e ci lascia in mano solo fatti certi e poco spazio per far risuonare l’esperienza della vergine cacciatrice nella nostra vita quotidiana. Katniss, nel corso del secondo e terzo volume, diviene più una supereroina con i noti patemi d’animo dei supereroi torturati a cui ci ha abituato la produzione fumettistica americana… sensi di colpa per l’impossibilità di salvare il mondo, dolore fisico a coprire presupposti dolori psicologici profondi e antichi, solitudine cercata e/o provocata dall’altrui incomprensione…
Le Muse narrano di Ulisse e Nausicaa alla Libreria al Ponte
La scorsa primavera vi abbiamo narrato alcune tra le mille avventure di Ulisse in giro per mari e isole. A conclusione di questo ciclo di incontri eccoci di nuovo qua a raccontarvi come termina il viaggio di Ulisse.
Sabato 23 novembre 2013 alle ore 10.30 “Ulisse torna a Itaca”
…dove si narra di come Ulisse, persi tutti i suoi compagni, riesca a tornare a casa, alla sua amata isola di Itaca.
…di come la sua casa sia invasa dai Proci, i pretendenti che vorrebbero sposare sua moglie pensando che Ulisse sia morto.
…di come Ulisse debba superare difficili prove e subire svariate umiliazioni prima di essere riconosciuto dalla moglie, dal figlio e dai sudditi.
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA CHIAMANDO LA LIBRERIA ALLO 091 646 74 37!
LIBRERIA AL PONTE, VIA LUIGI LAVIZZARI 25, 6850 MENDRISIO
In questo post volevo approfondire l’atroce e crudele concomitanza di due emozioni che attanagliano i partecipanti al reality Hunger Games. I tributi dei dodici distretti sono obbligati a combattere l’uno contro l’altro nell’arena, fino a quando non ne rimarrà vivo uno solo. Inoltre ogni distretto manda due “vittime”, che si conoscono e sanno che solo una di loro potrà (in caso di successo nel gioco) tornare a casa viva. Provengono dallo stesso distretto, ma potenzialmente si devono uccidere tra loro, per avere una qualche speranza. Lo dice anche il malvagio presidente Snow, nel film: “Un po’ di speranza va bene, tanta è pericolosa…” Per cui va bene il sentimento di vicinanza, di fratellanza tra vittime dello stesso distretto, ma non troppo. Il pensiero dietro gli HG è “divide et impera” come dicevano gli antichi: tieni separati i distretti, mettili in concorrenza uno con l’altro, schiacciali con la paura e con l’arroganza del potere che chiede vittime di sangue, e comandali ricordando loro che potresti annientarli ma non lo fai perché sei buono. “Capitol City ha riportato la pace nel paese, dopo il periodo buio della rivolta,” recita il filmato prima della mietitura. Una logica basata sulla paura, sulla possibilità di farla franca (“due vittime all’anno… magari non tocca a me”), sull’accettazione della forza spropositata della Capitale che punisce senza pietà ogni tentativo di ribellione, sul senso di colpa per aver causato dolore a tutta la nazione con la ribellione di tre quarti di secolo prima. Divide et impera, quindi. Ogni distretto è solo, isolato, non sa nulla di cosa capita negli altri distretti. E questo permette alla capitale di controllarli meglio. Ma è interessante notare che i ragazzi partecipanti agli Hunger Games ne subiscono il fascino. Cresciuti guardando la programmazione televisiva obbligatoria di Capitol City, conoscono i “giochi” e sanno del successo e del prestigio di cui godono i vincitori. Per cui quando vengono intervistati prima dell’entrata nell’arena, si confrontano con la pressione della notorietà, con la possibilità di sedurre sponsor e pubblico. È forse la metafora più crudele del nostro mondo: adolescenti (i partecipanti agli HG hanno tra 12 e 18 anni) con un ricco potere mediatico e finanziario che fanno sognare i ricchi di Capitol City e anche in parte i poveri dei distretti (il reality è uno strumento di morte e punizione, ma di fatto l’unica remota possibilità di migliorare finanziariamente il proprio livello di vita). “Devi dare la vita, devi rischiare di morire per il potere, se vuoi che, dopo aver venduto l’anima al diavolo, dopo aver ucciso altri poveracci come te, noi ti riconosciamo come degno di farci sognare e ti riempiamo di oro e cibi buonissimi”. Per Capitol City, solo chi tradisce i propri simili, solo chi sopravvive per permettere al Potere di ricordare a tutti che chi sta alle regole dei giochi (=uccide in nome del potere) viene premiato. Terribile!
Le immagini del film sono molto azzeccate e vedere Katniss con il fatuo presentatore televisivo rende proprio l’idea dell’essere spaesati e bilanciati tra emozioni contrastanti: paura di morire e eccitazione per la notorietà, per il fatto di essere in grado di entusiasmare le folle con la propria storia. “Sii te stessa,” dice Cinna a Katniss prima che essa esca sul palco. La semplicità da “buoni selvaggi” dei tributi dei distretti agricoli o industriali piace molto a Capitol City. Anche Katniss, benché attenta e guardinga, viene in parte sedotta dal potere della notorietà. Che pero, come si apprende subito dopo, uccide. Nel film in modo letterale, nella nostra società la ricerca di un successo facile basato sulla presenza e freschezza della giovane età seduce e rovina in modi più sottili.
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